la passione di giovanna d'arco regia di Carl Theodor Dreyer Francia 1928
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la passione di giovanna d'arco (1928)

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locandina del film LA PASSIONE DI GIOVANNA D'ARCO

Titolo Originale: LA PASSION DE JEANNE D'ARC

RegiaCarl Theodor Dreyer

InterpretiRenée Falconetti, Eugène Sylvain, Antonin Artaud, Michel Simon

Durata: h 1.24
NazionalitàFrancia 1928
Generedrammatico
Al cinema nel Giugno 1928

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Trama del film La passione di giovanna d'arco

Accusata di eresia Giovanna d'Arco compare davanti al tribunale ecclesiastico. Al termine di interrogatori estenuanti, torture, pressioni psicologiche, Giovanna cede e firma l'abiura. Poi però ritratta e viene perciò condannata a morte. I suoi capelli vengono tagliati, il rogo l'attende, ma quando le fiamme si alzano la folla insorge.

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Voto Visitatori:   9,54 / 10 (41 voti)9,54Grafico
Voto Recensore:   10,00 / 10  10,00
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Voti e commenti su La passione di giovanna d'arco, 41 opinioni inserite

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stratoZ  @  13/07/2024 16:00:27
   10 / 10
ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

Intanto è mio dovere ringraziare il cinema La Compagnia a Firenze per aver organizzato la proiezione in sala di questo capolavoro immortale, tra l’altro anche su pellicola gentilmente concessa dalla Cineteca nazionale, vivere un’esperienza come la visione di questo film in sala è qualcosa di unico, siamo di fronte ad un monumento del cinema mondiale, uno dei film più significativi di sempre e tra i più grandi esempi di cinema autoriale che esplode in tutta la sua espressività con una potenza inaudita, la quintessenza del potere dell’immagine nel narrare e conferire significati, ma anche un’icona del cinema di Dreyer che qui già getta i prodromi per la sua opera futura.

E infatti con la narrazione della passione di Giovanna D’Arco, storia già ben nota a tutti, Dreyer tratta in maniera espressiva la sua opera, con un linguaggio che trova il perfetto compromesso tra l’avanguardia e la narrazione più classica, questo piccolo capitolo della vita di Giovanna D’Arco, anche se il più famoso, raccolto in un lasso di tempo abbastanza breve, si occupa di far emergere, tutta la critica dell’autore verso le istituzioni religiose e iniziare a porre le domande che in futuro approfondirà in altre opere straordinarie come “Dies Irae” e “Ordet”, prima di tutto parliamo del messia, non inteso come il vero e proprio Gesù, ma come una persona provvidenziale, che è stata incaricata da D.io, che ha avuto un contatto divino, tornerà? Come facciamo a sapere effettivamente quando potrebbe tornare? Noi stessi, come il clero, siamo certi di credergli o lo scambieremmo solo per un pazzo? E soprattutto, ma o noi o le istituzioni vigenti, abbiamo la reale capacità di scindere le due cose? Riuscire a riconoscere un vero messia da un folle? La storia, almeno dal punto di vista cristiano, insegna che ai tempi del vero messia in pochi ci siano riusciti, e quei pochi contavano abbastanza poco a livello istituzionale, per cui sappiamo la fine che ha fatto chi si professava figlio di D.io.

Benissimo, fatta questa premessa, Dreyer ci invita a riflettere su quanto effettivamente i giudici, il clero o comunque chi di dovere, potesse avere le competenze per giudicare Giovanna D’Arco una santa o un’eretica, la risposta in realtà non c’è, o meglio, dalla narrazione sembra trasparire una critica verso il bigottismo e la chiusura mentale di uomini che accettano dei dogmi indipendentemente da ciò che si trovano davanti, la storia è già stata scritta, non si può cambiare, il processo non è mai stato equo, i giudici si sono messi in testa che Giovanna D’Arco è un’eretica e hanno costantemente cercato di provare che avevano ragione, divagando un po’ in significati antropologici, Dreyer vuole pure fare una scansione della coscienza umana, una riflessione sul potere, uomini di fede che dovrebbero essere i primi a cercare un dialogo e non professare violenza fanno tutto l’opposto, ormai nelle loro posizioni di potere sono mangiati da un ego insostenibile che li porta ad autoconsiderarsi inconfutabili, infallibili, è così che vengono descritti questi giudici della santa inquisizione, ed è splendido il confronto con Giovanna D’Arco, che nelle sue poche parole dimostra una fede incondizionata, un grande attaccamento a D.io, paradossalmente, l’eretica è quella che mostra i valori che dovrebbero avere gli uomini di fede e gli uomini di fede sono quelli che mostrano valori opposti a quello che predicano, il quadro che ne esce è quello di un’istituzione che ha già perso da tempo i valori che professa e ha attuato una politica basata sulla propaganda del terrore, allo scopo di mantenere il potere, da un punto di vista storico, Giovanna D’Arco potrebbe essere stata un personaggio scomodo, capace di catalizzare i riflettori del popolo, rubando un po’ troppo la scena ad un’istituzione che appunto ha sempre vissuto di propaganda, lo si vede benissimo nella splendida scena finale della rivolta.

Questa è la mia personale visione, ma siamo di fronte ad un film dalle innumerevoli interpretazioni, poi ci sarebbe da parlare della messa in scena, sulla quale è difficile esprimersi a parole, Dreyer impone una visione solenne, un film fatto di sofferenza e primi piani, con una Falconetti stratosferica col suo volto costantemente piangente e martoriato, un’eroina che ha vinto guerre privata di tutta la sua carica eroica, spogliata del suo orgoglio e rimasta soltanto un viso pieno di lacrime, rivelando tutta la sua umanità più intima, mostrata anche dal fatto di abiurare in un primo momento, sotto le pressioni di tutto il clero e allo stesso tempo della popolazione, per poi ripensarci poco dopo, l’errore, in quanto essere umano, fa parte di lei.
Dreyer crea una lezione di cinema, ogni dettaglio è semplicemente perfetto, dagli stessi campi controcampi, efficacissimo il suo alternare i primissimi piani di una Giovanna D’Arco in estrema sofferenza agli imponenti mezzi busti dei clericali, spesso anche inquadrandoli dal basso per metterne in risalto la soffocante stazza, o ancora, le splendide carrellate che ci regala sui primi piani dei giurati mentre è in atto il processo, un po’ davanti, un po’ dietro, o la scena nella stanza della tortura, che tramite un montaggio sincopato riesce a dare un ritmo indiavolato alla pellicola, accrescendo enormemente la tensione, alternando il totale della ruota chiodata con i dettagli della stessa e i primi piani sofferenti di Giovanna D’Arco, ma insomma ogni primo piano è qualcosa di sublime, trasmette tutta la sofferenza e la più profonda spiritualità della protagonista, un volto pulito e uno sguardo allucinato, perso nel vuoto, come non stesse credendo a ciò che accade, un’anima tramortita dalla sofferenza che affida le sue ultime speranze alla fede.

Capolavoro assoluto e uno dei film più belli di sempre, l’essenza dell’immagine e della sua espressività, nonché di un’autorialità scomoda perché troppo avanti per la mentalità del tempo, non è un caso che poi si siano avuti grossi problemi di distribuzione con la pellicola che è stata anche bruciata, ma questo ennesimo episodio non fa altro che dare ragione a Dreyer, per fortuna poi un atto divino - io lo considero un colpo di cul0 -, ha fatto rinvenire la pellicola negli anni 80’, ironia della sorte.

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