l'arpa birmana regia di Kon Ichikawa Giappone 1956
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l'arpa birmana (1956)

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locandina del film L'ARPA BIRMANA

Titolo Originale: BIRUMA NO TATEGOTO

RegiaKon Ichikawa

InterpretiShoji Yasui, Rentaro Mikuni, Jun Hamamura, Tatsuya Mihashi

Durata: h 1.56
NazionalitàGiappone 1956
Generedrammatico
Al cinema nell'Aprile 1956

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Trama del film L'arpa birmana

Alla fine della Seconda guerra mondiale, il soldato giapponese Mizushima decide di non rimpatriare per dedicarsi al culto dei morti nella giungla birmana. Diventa bonzo e ricorda la pagina più sanguinaria della sua esperienza in guerra, quando il suo superiore sterminò tutta la sua truppa pur di non consegnarla viva al nemico.

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Voto Visitatori:   8,89 / 10 (9 voti)8,89Grafico
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Voti e commenti su L'arpa birmana, 9 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Ciumi  @  03/10/2009 18:51:01
   9 / 10
“Alle fronde dei salici, per voto,
anche le nostre cetre erano appese,
oscillavano lievi al triste vento”

Io invece non mi fermai.
Restai in quei luoghi atri, arsi dalla guerra, rinunciando di votarmi al Silenzio.
E mi fabbricai un’arpa, e presi con me un pappagallo che mostrava tutti i colori della pace.
E persuasi i miei compagni a rinunciare a combattere, accettando così d’essere scambiato da loro per codardo.
Intonai, per tutti, un canto d’amore.
Per i compagni e i nemici, per chi è sopravvissuto e per chi invece fu caduto, ugualmente.
M’assunsi, come l’uomo che piantava gli alberi, il compito di commiserare e sotterrare i nostri morti insepolti.
E là ritrovai il mio Dio, Buddha, la luce.

E’ il messaggio di pace di Ichikawa, lento e soave come una nenia spirituale, commentato da una galleria d’immagini pregne di realtà e allo stesso tempo illuminate da un chiarore mistico e umano.
E’ inutile chiedersi le cause di tanti orrori della guerra. Adesso, soltanto, dobbiamo aiutarci a non dimenticare.

1 risposta al commento
Ultima risposta 03/10/2009 20.50.28
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Gruppo REDAZIONE amterme63  @  10/01/2008 23:36:03
   9 / 10
E’ veramente molto difficile tradurre in parole l’incanto che si crea guardando questo film. Prima di tutto è un opera che si rivolge proprio al sentimento più che alla ragione. Cerca di risvegliare nell’animo dello spettatore la commozione, la nostalgia, il senso di appartenenza, la solidarietà, la fratellanza, l’amore. Ichikawa fa affidamento su una fotografia eccezionale, degli attori bravissimi, un ritmo lento e meditativo, per poter portare chi guarda a entrare e vivere una storia dove si respira quasi l’atmosfera incantata delle fiabe. E’ chiaro che nel proprio animo ci deve essere la serratura giusta in cui questa chiave si possa infilare. Altrimenti il film non può che apparire lento, melenso, noioso, assurdo e irrealistico. Questo affidarsi al sentimento, alla sensazione pura ha però un suo scopo: quello di insegnare a non ripetere assurdi errori, ad abbandonare i freddi idealismi e le ideologie astratte per abbandonarsi alla semplicità e alla genuinità del vivere, anche e soprattutto in funzione degli altri.
Il protagonista del film è un plotone di soldati giapponesi, in cui spiccano le figure del capitano e del giovane Mizushima che è un po’ il beniamino di tutto il gruppo. Sono tutti molto uniti e molto umani. Fanno la guerra ma non si scordano di aiutarsi a vicenda, rispettare gli indigeni e anche i propri nemici, riconoscendo la loro vittoria. Il loro animo è nobilitato dall’arte: infatti cantano spessissimo. In tutto il film sembra che la cattiveria, l’egoismo e l’odio razziale siano stati banditi; o meglio, si vuole dimostrare che nelle singole persone non albergano certo questi sentimenti. Si tratta dello stesso idealismo un po’ utopico che animava “La grande illusione” di Renoir. Solo in una scena c’è un’aperta contrapposizione, quando Mizushima cerca di convincere un gruppo di soldati giapponesi ad arrendersi. Quegli esaltati e fanatici non vogliono cedere e finiranno tutti inutilmente morti, nonostante il loro “eroismo”.
Mizushima ha proprio il dono spontaneo dell’arte. Infatti impara infatti da sé a suonare benissimo l’arpa birmana. Lui rappresenta il lato spirituale puro dell’animo umano. E’ sopraffatto dalla visione dei tanti soldati morti abbandonati e insepolti. In lui la pietà ha il sopravvento su tutto, sulla nostalgia, sul richiamo della patria e dei propri affetti privati. Si dona tutto a questo servizio che per lui è un voler tramandare il ricordo e i valori che servano a non ripetere più quegli orrori. Questa sua scelta radicale rimane forse un po’ oscura o forse la nostra cultura non è in grado di capirla completamente.
L’altro grande personaggio è il capitano. Da alcune inquadrature e dal suo comportamento si capisce che si è innamorato di Mizushima. Un amore purissimo e bellissimo: una grande stima e ammirazione accompagnata dalla voglia di avere questa persona accanto, per avere la sua bellezza interiore, per poter affrontare meglio le difficoltà della vita. Ma non è facile descrivere, va visto per capire.
Si può accusare tranquillamente questo film di idealismo, sentimentalismo e retorica, ma è un rischio che Ichikawa ha corso volutamente. Si è imposto di credere nelle illusioni e nella fondamentale bontà dell’animo della singola persona; speranza che forse noi oggi abbiamo un po’ perso.

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5 risposte al commento
Ultima risposta 04/10/2009 23.07.09
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