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Un buon prodotto di genere, discretamente interpretato. La riflessione sull'(in)utilità della pena di morte è sempre la stessa, cambia solo il punto di vista, che questa volta è del carceriere, ed è l'unica novità degna di nota. Pochi ma indovinati gli inserti comici, che smorzano un'atmosfera altrimenti troppo opprimente.
Questo è davvero un bel film: tanto affascinante/inquietante, quanto pressochè sconosciuto (nemmeno l'infallibile Mereghetti ne riporta l'esistenza)... l'atmosfera è quella tipica dei cineasti inglesi à la Basil Dearden, ma Dreyfuss nella sua requisitoria immette un tipico gusto macabro che sembra uscito da certi telefilm di Orson Welles... i protagonisti, sconosciuti ai più, sono davvero bravi e lontanissimi dai clichè di rozzi e agghiaccianti orchi come nel tipico luogo comune della figura moderna o antica dei "boia": più che altro, sembrano giovani compressi e schiavi del ruolo tragico ed esecrabile che rivestono. C'è una scena, secondo me bellissima, nel film dove la "valigia" si apre tra la folla e i giovani sono costretti a scappare inseguiti dalla folla che li hanno scoperti, dalla società che li condanna (?) e che vorrebbe linciarli. Una requisitoria insolita e tutt'altro che banale sulla pena di morte, priva di morbosità e senza alcuna demagogia pretestuosa. Da riscoprire