Ormai nell'occhio di un agente dell'Interpol, un trafficante di armi comincia a fare i conti con la sua coscienza e con i rimorsi legati al suo lavoro..
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Al contrario delle poco lucide letture che ne hanno accusato un'assente "glorificazione della guerra", Lord of War è invece ottimo per comprendere la nascita del nuovo capitalismo bellico, a cavallo tra la fine dell'Unione Sovietica e gli spargimenti di sangue africani di fine millennio. L'ottimo Cage si fa antieroico portabandiera di scellerata transizione, accorto trafficante di morte con uno spiccato senso del sarcasmo, e ci regala uno dei ruoli della sua vita. Come in tutto il precedente cinema di Niccol, l'identità di facciata è il punto nodale dell'analisi, qui usata come maschera dai veri burattinai dei conflitti. Pur dotato di un'ironia pungente (encomiabili i dialoghi) e di avvolgenti movimenti di macchina, il film fa leva su un tono distaccato, in stile documentaristico, enfatizzato da una voce narrante che suona da mai retorico monito anti-militarista. E anche quando sembra farsi strada la coscienza, l'amarezza del finale riporta lo spettatore coi piedi per terra, a valutare sulle piaghe che infettano la nostra contemporaneità. Esattamente come il ferino Ethan Hawke nella scena simbolo di tutta l'opera.