luci d'inverno regia di Ingmar Bergman Svezia 1963
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luci d'inverno (1963)

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locandina del film LUCI D'INVERNO

Titolo Originale: NATTVARDSGÄSTERNA

RegiaIngmar Bergman

InterpretiGunnar Björnstrand, Ingrid Thulin, Gunnel Lindblom, Max von Sydow, Allan Edwall, Kolbjörn Knudsen, Olof Thunberg, Elsa Ebbesen-Thornblad, Tor Borong, Bertha Sånnell, Helena Palmgren, Eddie Axberg, Lars-Owe Carlberg, Ingmari Hjort, Stefan Larsson, Johan Olafs, Lars-Olof Andersson, Christer Öhman

Durata: h 1.21
NazionalitàSvezia 1963
Generedrammatico
Al cinema nell'Agosto 1963

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Trama del film Luci d'inverno

Tomas Ericsson, un pastore protestante, dopo la morte della moglie si accorge non solo di aver perso la fede, ma, forse, di non averla mai avuta. In piena crisi non riesce più a dare conforto ai suoi parrocchiani uno dei quali si ucciderà. È una delle vette della produzione bergmaniana: girato in un glaciale bianco e nero tenuto sulle tonalità grige come quelle delle vite dei personaggi.

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Voto Visitatori:   7,92 / 10 (30 voti)7,92Grafico
Voto Recensore:   9,00 / 10  9,00
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Voti e commenti su Luci d'inverno, 30 opinioni inserite

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Crimson  @  01/09/2005 10:44:15
   10 / 10
"Luci d'inverno" fà parte della famosa trilogia Bergmaniana insieme a "Come in uno specchio" e "Il silenzio". Riguardo tale trilogia ho letto solo che è stata oggetto di critiche da parte della Chiesa, ma niente di più; perciò, come per gli altri due film, anche per questo vale lo stesso discorso: la mia interpretazione è personale e in quanto tale confutabilissima, per cui accolgo volentieri opinioni diverse in proposito.
Passo subito al film: per me, un Capolavoro! innanzitutto è un film davvero inquietante. Infatti già l'ambientazione da sola rende il clima freddissimo; il film si svolge quasi per intero all'interno di una chiesa, sempre semideserta. Ho notato, come del resto in molti film del regista, che le scene tra di loro sono nettamente staccate, e ci sono diversi momenti di silenzio, in cui a regnare sono i primi piani su volti sofferenti (una caratteristica anche questa). Ciò amplifica ulteriormente l'atmosfera di angoscia. Ma non basta, perchè (come al solito) sono i dialoghi a definire più di qualsiasi altra cosa tale atmosfera e ad assumere il ruolo principale nello sviluppo di tutta la storia. Il film inizia e finisce con la celebrazione di una messa, in due modi completamente differenti l'uno dall'altro a causa di tutti gli avvenimenti che intercorrono nel mezzo: la prima scena infatti è lunghissima, intrisa di senso di partecipazione e di sacralità; mentre l'ultima è immersa nel silenzio, e non dà affatto l'impressione di sacralità ne dì partecipazione (qualcuno poco prima esclama "al suono delle campane accorreranno tutti i fedeli"..poi vedrete cosa succederà). Tomas stesso (l'immancabile Gunnar Björnstrand) appare cambiato tra le due sequenze. Si rende conto che ha dato la propria vita solo ed esclusivamente al servizio della defunta moglie e non a Dio, nè a nessun altro. L'aspetto peggiore secondo me è che si rende conto soprattutto che è stato un pessimo pastore, dal momento che non ha mai avuto fede. I suoi sermoni, i suoi consigli, sono stati e sono assolutamente vuoti, privi di senso. Davanti a Max von Sydow sembra quasi chiedersi "ma che sto dicendo?" e si rassegna al fatto che è meglio tacere, dal momento che non serba affatto l'amore e la parola di Dio. Egli stesso riferisce "mio padre ha voluto che diventassi pastore", e ciò rende l'idea che ha dedicato la propria vita ad un ruolo che si realizza nel servizio di Dio e nell'infusione della sua parola nel prossimo. Ruolo quindi che egli ha ricoperto malissimo, perchè oltre a non avere fede è fortemente egoista (forse le due cose sono collegate in questo caso) avendo "speso" la propria vita solo per una persona e non per gli altri. Di conseguenza, e come se non bastasse, la relazione di natura sentimentale intrapresa alla morte della moglie con un'altra donna (Ingrid Thulin, qui occhialuta e abbruttita - ma sempre strabrava) è fasulla. Egli stesso chiarisce che non ha mai amato la Thulin (di cui non ricordo il nome nel film, come al solito) dopo che lei al contrario gli rinfaccia il suo distacco e in una lettera gli confessa di amarlo. Ora, secondo me la Thulin è un pò il riflesso della devozione cieca e egoista di Tomas per la moglie, per cui riesce a salvarsi in tempo dal pericolo di "gettare al vento" tutta la propria vita. Tomas invece è in uno stadio ormai quasi irreparabile. Nel corso del film, poveraccio, gli capita un'altra sconvolgente esperienza: non riesce a confortare un pover'uomo (Max von Sydow appunto, descritto come "depresso maniacale" dall'ispettore di polizia, ma potrebbe essere uno schizofrenico in realtà) che ha un delirio di riferimento in cui ritiene che i cinesi vogliano lanciare la bomba atomica su di loro, e si spara alla testa. Per cui il pastore si sente anche responsabile di questo suicidio. Scrivevo prima, "stadio quasi irreparabile"..quel "quasi" perchè dalle parole della Thulin "tu finirai per odiare gli altri come odi te stesso!" ho letto una flebile speranza affinchè l'amore per gli altri possa ancora emergere in Tomas. Eppure è chiaro a tutti che tale amore si stabilisce solo quando una persona è in pace con la propria coscienza e impara ad amare sè stesso configurandosi in una logica di sè stesso/mondo come un legame indissociabile di interscambio tramite cui realizzarsi. Ma se Thomas riuscirà a fare questo passo, non è dato sapere. Nel corso del film ho sempre avvertito la sua come una figura verso la quale provare un senso di pietà e non di condanna. Egli ad un certo punto del film esclama "Dio perchè mi hai abbandonato?" e più in là nel film c'è un bellissimo dialogo col sagrestano che gli esprime il proprio parere riguardo la sofferenza di Cristo, che secondo lui ha raggiunto l'apice quando in punto di morte ha esclamato proprio "Dio perchè mi hai abbandonato". Che parallelo strano. Io questo non sò proprio spiegarmelo. Come ne "La Fontana della Vergine" credo che Bergman si sia divertito a focalizzare l'attenzione su due piani diversi: quello delle vicende terrene e quello del soprannaturale. E così Dio c'è? chi può dirlo con certezza e chi può negarlo con evidenza. Bergman ovviamente lascia allo spettatore le proprie riflessioni, e lo fà presentandogli un piatto di una complessità mostruosa, proprio come questo primordiale interrogativo umano. Termino con le parole di Tomas, che ad un certo punto del film esclama una frase simile "Se veramente Dio non esistesse, nulla avrebbe più importanza. La vita avrebbe una spiegazione, sarebbe un sollievo; la crudeltà della gente, la sua solitudine, i suoi timori, tutto sarebbe chiaro come la luce del giorno; la sofferenza non andrebbe più spiegata; non esisterebbe un creatore nè un tutore; niente pensieri".

2 risposte al commento
Ultima risposta 09/09/2005 09.39.47
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