the assassination regia di Niels Mueller USA, Messico 2004
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the assassination (2004)

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locandina del film THE ASSASSINATION

Titolo Originale: THE ASSASSINATION OF RICHARD NIXON

RegiaNiels Mueller

InterpretiSean Penn, Naomi Watts, Don Cheadle, Jack Thompson, Brad Henke

Durata: h 1.43
NazionalitàUSA, Messico 2004
Generedrammatico
Al cinema nel Febbraio 2005

•  Altri film di Niels Mueller

•  Link al sito di THE ASSASSINATION

Trama del film The assassination

La storia vera di Sam Bicke, un commerciante di mobili che nel 1974 pianificò l'assassinio del Presidente Richard Nixon.

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Voto Visitatori:   6,13 / 10 (51 voti)6,13Grafico
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Voti e commenti su The assassination, 51 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR rain  @  03/02/2011 14:37:31
   3½ / 10
Penn fornisce un'ottima interpretazione, ma il film è estremamente noioso (ma davvero tanto).

1 risposta al commento
Ultima risposta 24/03/2020 21.12.54
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marie  @  20/03/2005 20:01:32
   4 / 10
Un film che ho guardato con tutta la pazienza e l’attenzione, influenzata senza dubbio dalla presenza di Sean Penn, ma è impossibile salvarlo. Inutile perdersi in banali analisi psicologiche è semplicemente inconsistente e noioso da sentirsi male. Una persona disperata e che entra nel pericoloso circolo della paranoia e ossessione, ma non credo sia necessario sprecare parole, troppo deprimente e angosciante non regala neanche un attimo di emozione.
Sean Penn è comunque un attore incredibile e lo dimostra ancora una volta


8 risposte al commento
Ultima risposta 04/04/2005 14.45.32
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ellida  @  09/03/2005 16:36:20
   8 / 10
Eccezionale Sean Penn, che rappresenta l'altro lato della medaglia del "sogno americano".
Semplice, insicuro, fragile psicologicamente, non riesce ad inserirsi nel mondo degli uomini d'affari-pescecani a causa della sua onestà ed integrità.
Vittima in tutti i sensi: non è in grado di ottenere il lavoro sperato e per mesi deve subire le angherie del suo datore di lavoro prima di licenziarsi e quindi finire in ristrettezze economiche; abbandonato dalla moglie che lui non aveva mai smesso di amare e che ha preferito un nuovo compagno; quasi del tutto privo di amici e per di più rinnegato dal fratello, che lui aveva cercato di ingannare.
La sua morte viene colta nell'indifferenza più totale da parte di quelle persone che lo conoscevano.
E' un film che ti spinge a riflettere.

2 risposte al commento
Ultima risposta 10/03/2005 16.27.29
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  06/03/2005 01:20:51
   7 / 10
Siccome io "vivo i film senza vederli" devo ammettere che l'unico sollecito a vedere questo film era la presenza di Sean Penn. Detto questo, temevo questo film come la peste: proprio mi indisponeva l'idea di trovarmi davanti i vari "tutti gli uomini del presidente" o "salvate la tigre", film solidi cui pero' il mio stato d'animo opponeva un netto rifiuto. Beh in parte mi sbagliavo. Superato il timore di ritrovarsi alle soglie dei misteri delle tre carte, un vago ricordo del "giorno dello sciacallo" mi riporta in binari più consoni.
Mi sembra interessante quanto il cinema recentemente faccia del verbo e della parola una metaforica riconoscibilità (dai tempi di Welles ai giorni nostri, "il prezzo del futuro" vs. Hughes-Di Caprio in "The aviator") e il Sam Bickle di Penn, uno tra i 211 milioni di granelli di sabbia degli Stati Uniti d'America, lo conferma continuando a percepire la dimensione sociale con quel senso di vuoto in cui integrarsi o denunciare un netto rifiuto, ripetendo continuamente "io io avrei un'obiezione da fare". Il condizionale è d'obbligo: nel momento in cui sopraggiunge l'obiezione, la mente di quest'uomo vacilla e quasi "pretende" di proteggere il sistema. Sam Bickle è un medio(cre) che sta esattamente a metà tra le due mete prefisse: si cruccia di non poter essere come quel mostruoso capo e il suo squallido figlio, fiuto degli affari e orribile vocazione sorniona a stritolare l'ultimo perdente nella propria morsa E si lascia ferire, mortificare, colpire. Ma al tempo stesso non ha abbastanza fegato per reagire, se non attraverso un'interiorità che lo porta via via verso la follia, vomitando letteralmente tutto il dissenso che da pasionaria rivendicazione dei diritti civili e umani diventa febbre distruttiva e apoteosi di (carente) onnipotenza: il delirio ("un uomo viene ricordato solo per quello che ha fatto" ) si sviluppa gradatamente, con una staticità a volte inesorabile (decisamente tediosa per chi non si è preparato in tempo) ma trova proprio nella prima parte scampoli di altissima abilità a connettersi tra desiderato e possibile, l'ambivalenza di un'uomo che impara inutilmente "il potere è uno stato della mente" - tipicamente reader's digest - con colui che "penetra" ed empatizza le rivendicazioni razziali della Pantere Nere o di altri più o meno evidenti Servi dell'Umanità. Torna alla mente Taxi Driver, quel Travis Bickle incapace di lasciarsi alle spalle i ricordi del Vietnam, ma Sam Bickle non solo VIVE la sua trincea senza essere stato al fronte, ma trova in Nixon - presidente della famosa "dirty war" - il più attendibile nemico su cui riversare tutto il senso dell'odio per l'ingiustizia e per la sua sofferenza. Emblema del fallimento che conia lo slogan pretestuoso dei "tanti poveri soldati morti per colpa sua" solo per il proprio ego(t)istico dissenso personale (certo non per solidarietà o indignazione concreta). Travis Bickle l'epuratore di New York è rimasto Icona assoluta, mentre Bickle ha la tumultuosa affettazione di un Timothy McVeigh, almeno nel finale. Scrive a Leonard Bernstein trovando un'insolita confessione col celebre autore di West Side Story, quasi cercasse un confronto filosofico o teologico con quello che è soltanto un grande musicista. Si capisce che sia farina del sacco (lo script) di Payne, evidenti certi insistiti parametri nel personaggio. Ma proprio come il cinema di Payne, a volte questa (interessante ma faticosa) radiografia unilaterale, questo bisogno di comprimere il personaggio per l'intera durata del film, calcando la mano sulla sua psiche instabile e rafforzando sempre più la sua follia, rischia di essere il suo grande limite: sembra interessare una sfera in cui l'apologia del contesto (tutto sommato comprensibile, eccessi e contraddizioni di Bickle a parte) originario sfuma nel bisogno omertoso e un po' vile di respingere la rabbia per incontrare la follia. Un'epilogo inquietante sì, ma tutto sommato costruito in modo da rassicurare lo spettatore che in fondo si tratta sempre di psicopatologia mentale, di dividere percio' lo spettatore dall'identificazione anche parziale col pur ambiguo personaggio (mai si solidarizza davvero con lui, mostra la corda molto presto, ma nel sentirsi "schiavi" e accettarlo un fondo di verità analogica esiste). Questi in fondo le lacune formali che non mi fanno gridare al capolavoro, ma indubbiamente un'esperienza tutt'altro che edulcorata che non ho evitato di fare. L'alienazione costerna, e mi costringe a viverla, per quanto odiosa sia. Di quanti film potrei dire lo stesso?

8 risposte al commento
Ultima risposta 22/03/2005 12.21.21
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andreapau  @  05/03/2005 14:37:29
   7 / 10
mi è piaciuto,perchè credo di aver raggiunto una maturità tale,da riuscire a giudicare una pellicola senza immedesimarmi.e vi assicuro,che è molto facile,cadere dentro questo film,per la interpretazione estremamente forzata di penn.è difficile non provare una innata simpatia per la sfortuna e la purezza autistica di questo antieroe,di questo sconfitto.ma come ho detto,ormai sono grande,e non credo piu' alle favole.quindi,questa è niente altro che la storia di un quasi psicopatico,che viene schiacciato dalla pressione alla quale TUTTI siamo sottoposti.non provo solidarietà per uno che in nome di pseudo-principi,sacrifica qualunque cosa,anche la sua famiglia..e non è certo un vile,chi cerca di essere un po' flessibile.questo è il personaggio e la sua utopia.attraverso questo antieroe,il lato buono della pellicola:un america che la smette con i lustrini e le parate cinematografiche autocelebrative,per "distrarsi"un attimo da se stessa,e immaginare,solo per un attimo,che forse la perfezione del suo sistema,fà acqua sotto diversi punti di vista.mi sembra un film rispettoso e mai ruffiano,spietato e non autoindulgente,che non classifica e non giudica,che rispetta molto la libertà dello spettatore

5 risposte al commento
Ultima risposta 22/03/2005 12.24.23
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SimmetriA  @  04/03/2005 18:03:50
   4 / 10
basta con questi film..."tratti da una storia vera".... mi sono stancato di veder romanzare storie, modificarle a piacimento...giocare su storie tristi...
la trama nn è un granchè ...non è originale...è una brutta copia dello splendido TAXI DRIVER.....che immagino nessuno di quelli che apprezza il film conosce minimamente...
bhe la verità è che mentre De niro era ingenuo impacciato ma sempre con stile, qui sean penn sembra un allucinato autistico...senza togliere nulla a sean penn che c ha regalato un ottimo mystic river....ma qui mi è parsa una recitazione forzata non coerente con grosse lacune...
la regia non è nulla di particolare...come anche la fotografia..

gli dò un 4 perchè a mio giudizio il film merita di meno di un 8 o un 9....essendo una farsa...o meglio una parodia di taxi driver....(che è da vedere)


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Ultima risposta 06/03/2005 00.32.54
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Viaggiatore  @  03/03/2005 09:16:21
   7 / 10
Il film è ispirato a una storia vera che io francamente non conoscevo.
E' la storia di un venditore frustrato e in parte psicolabile che matura piano piano la consapevolezza che il mondo è sbagliato, che ci sono quelli (pochi) che si arricchiscono e quelli (tanti) che navigano nelle mer.da e nelle difficoltà.

Direi una storia attualissima e non solo in America la terra del grande sogno, forse in passato....(ora ci vuole il passaporto elettronico solo per passarci....)
E S. Penn è un uomo solo contro il sistema, sistema sbagliato secondo lui, è un uomo con un lavoro in cui non crede, una moglie che l'ha mollato, amici zero, la solitudine nell'America di Nixon, di un presidente che ha rappresentato per anni l'avidità del potere, dei soldi e dei sotterfugi.

Penn è questo film, il resto è contorno, il suo stato d'animo viene disegnato molto bene, il crescendo di irrequietezza è reale, le sensazioni e le difficoltà che trasmette sono palpabili.

Gli altri personaggi sono marginali a parte forse il suo capo, insegnante delle basi di una PNL arcaica applicata all'azienda.... come diventare un uomo di successo e credere in sè stessi.... è il suo insegnante, ma forse anche la sua fine....

Il film scorre effettivamente un pò lento, ma è naturale visto che si gioca su un solo personaggio molto interiorizzato.
Se si segue la sua evoluzione risulta molto interessante, personalmente l'ho trovato così, se si aspetta l'azione si aspetta troppo.....

Ricorda per certi versi Taxi Driver, di cui riprende alcuni motivi: come la voce fuori campo dei pensieri, come il maturare delle scelte di T. Bickle
che qui sono quelle di Bicke (notare la somiglianza del cognome...), come la decisione di fare qualcosa di importante per farsi conoscere....

Alcune scene sono molto belle, su tutte quella nella sala d'aspetto dell'aeroporto.

E poi una menzione speciale all colonna sonora: il sottofondo del concerto n° 5 per piano "Imperatore" di Beethoven...tra le mie musiche preferite....
complimenti.

Da vedere non a cuor leggero.

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Ultima risposta 05/03/2005 14.40.58
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