un lac regia di Philippe Grandrieux Francia 2008
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un lac (2008)

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locandina del film UN LAC

Titolo Originale: UN LAC

RegiaPhilippe Grandrieux

InterpretiDmitry Kubasov, Natalie Rehorova, Alexey Solonchev, Simona Hülsemann, Vitaly Kishchenko, Arthur Semay

Durata: h 1.50
NazionalitàFrancia 2008
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 2007

•  Altri film di Philippe Grandrieux

Trama del film Un lac

Il giovane Alexi vive in una casa isolata sulle montagne innevate con la madre cieca, il piccolo fratellino e la sorella, per la quale ha un morboso affetto che quasi sconfina in incesto. Del padre non ci è dato sapere. Le giornate di Alexi scorrono via tutte uguali, tra il suo lavoro di taglialegna e le poche parole scambiate in famiglia, i pochi momenti di felicità sono quelli trascorsi insieme alla sorella. La quotidianità di Alexi viene turbata dagli attacchi sempre più frequenti della sua malattia, l’epilessia, che lo lasciano stremato ed ancora più isolato e lo spingono sempre più verso la sorella, a cercare in lei un pò di conforto. Un giorno, improvvisamente, arriva un giovane e affascinante taglialegna a dare una mano nel lavoro nei boschi: la vita del protagonista verrà sconvolta da questo arrivo, anche perché lo porta a perdere l’affetto e la presenza dell’amata sorella.

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Voto Visitatori:   6,88 / 10 (4 voti)6,88Grafico
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Voti e commenti su Un lac, 4 opinioni inserite

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Gruppo COLLABORATORI JUNIOR Invia una mail all'autore del commento tylerdurden73  @  20/02/2014 14:28:32
   4½ / 10
Zero emozioni nell'esasperante sperimentazione di Philippe Grandrieux. Il territorio perennemente innevato e privo di colore rispecchia in pieno la quotidianità ombrosa e immobile della famiglia che vi ci abita; ad accendere parzialmente la fiammella della passione c'è il rapporto ai limiti dell'incestuoso tra fratello e sorella. Il primo è affetto da attacchi di epilessia, e trova nella giovane quell'affetto che gli rende meno pesante sopportare la sua condizione.
Grandrieux mostra il mondo circostante attraverso gli occhi del ragazzo: la regia si fa tremolante e nervosa quando le crisi colpiscono, si regge invece su immagini indistinte e sfocate quando la sorella è in scena, come se la presenza di questa infodesse un'ebbrezza intorpidente.
L'oscurità ingoia tutto, non vi è utilizzo di luci artificiali tanto che alcune sequenze sono di faticosa decifrazione. L'instancabile routine che anestetizza i personaggi (tra cui un padre burbero comparso dal nulla, un fratellino minore e una madre non vedente) verrà spezzata dall'arrivo di un affascinante boscaiolo forestiero. Nulla di nuovo sotto il sole, però Grandrieux ci ricama una storia che impone allo spettatore uno sforzo immane nel seguire questo irreale relazionarsi, con dialoghi appena accennati e inquadrature claustrofobiche su volti e corpi con aperture concesse solo ai minacciosi scenari naturali.
Trattasi di cinema tattile più che visivo, dove gli stati d'animo vengono riferiti attraverso gesti e contatti fisici; idea interessante che purtroppo annega in una lentezza fin troppo ricercata, mentre i sentimenti restano paralizzati da una sgradevole autorialità snob, e per un film che di sentimenti si nutre -seppur filtrati attraverso un'ottica particolare- è un limite imperdonabile oltre che paradossale.
Progetto meritevole negli intenti, rovinato dall'attitudine spocchiosa sfociante in sgradevole pseudo-arte. Agonia senza fine per lo spettatore.

Badu D. Lynch  @  07/05/2013 15:32:47
   9½ / 10
Meravigliosa ed indecifrabile involuzione.

Un film che pretende di non pretendere. Un Lac è la purificazione di un sentimento trasversalmente esploso (inesploso?) ; è la mistificazione dell'amore e dell'emozione che legano l'oscurità alla luce, il cielo alla terra, che fonde un'anima all'altra, soprattutto quando i corpi non possono e non devono unirsi. Una pellicola suggestiva e straordinaria, che trema in continuazione : ha freddo e paura, è genuina e ingenua - l'artificiosità non esiste, si è estinta, ma è presente una naturalezza devastante e angosciosa, come lacrime che cadono sulla neve che avvolge, forse da sempre, questo microcosmo familiare, quest'umanità infelice e insoddisfatta. Un lungometraggio che non inizia e non finisce : è un incipit eterno, un excipit infinito ; una porta che non si aprirà e chiuderà mai - lo spettatore resta lì, per sempre, scaraventato nel bel mezzo del nulla irrazionale. Le parole perdono il loro significato di fronte a questa poesia incontaminata : Un Lac si immerge nelle sensazioni ed emozioni primordiali che da sempre caratterizzano l'essere umano ; è un intenso sospiro filmico che ansima dall'inizio alla fine o dalla fine all'inizio. E' un'opera fatta di silenzi, sguardi e gesti. Piangere e soffrire al di là di Hollywood - la scarnificazione esistenziale dei dogmi cinematografici.

Sokurov e Reygadas, con tanta ed azzeccata regressione.

gianfry  @  11/07/2012 15:27:44
   7½ / 10
Terzo lungometraggio di Philippe Grandrieux presentato nella sezione Orizzonti di Venezia 65, personalmente il migliore dei tre (Sombre, 1998 / La Vie Nouvelle, 2002). Lo stile sperimentale del regista è ormai inconfondibile: un film composto da lunghi e profondi silenzi, buio impenetrabile, immagini traballanti e primissimi piani realizzati con la tecnica dell'out of focus. L'incipt ha un impatto fortissimo: il silenzio del bosco rotto dal rumore dell'ascia che spezza gli alberi, la crisi epilettica in mezzo alla neve, la cinepresa che accompagna ritmicamente i sussulti del giovane, poi lo sfinimento, l'offuscamento della vista, il cavallo bianco che sembra osservare l'accaduto, l'occhio del cavallo, un sussurro nel suo orecchio....
Un Lac è cinema invisibile e sensoriale, la visione è negata a favore della percezione. In Un Lac tutto risulta cupo, ovattato e straniante, vissuto in uno stato di semicoscienza dove gli ambienti sono annebbiati, come la densa nebbia che avvolge il bosco al mattino, dove i personaggi appaiono immersi in un mondo distante e surreale. Eppure, nonostante ciò, il cinema di Grandrieux affonda nella realtà come non mai, le emozioni, le paure e i sentimenti che i protagonisti vivono sono realmente percepibili e palpabili: la neve che fiocca sul viso, Il respiro della fatica dopo aver abbattuto un albero, assaporare una bevanda calda per scaldarsi dal freddo. Tutto si può sentire e toccare, come le mani di Liv (la madre), che immersa nella sua oscurità tocca il volto di Jurgen e abbraccia la figlia Hege, in procinto di abbandonare quelle terre innevate. E il lago del titolo fa da tramite: è il mezzo che allontanerà Hege dal nucleo famigliare e soprattutto da Alexi, ma per quest'ultimo, potrebbe anche essere la via verso un futuro migliore.... Noi non lo sapremo mai, il finale resta aperto, con madre e figlio che ritornano verso casa, scomparendo nel buio del bosco.
Bellissimo ma per pochi eletti... e in questo caso veramente pochi!

Invia una mail all'autore del commento INAMOTO89  @  25/09/2011 19:31:50
   6 / 10
Come x ogni film di Grandrieux anche stavolta non è stato semplice dare un voto oggettivo : in questo terzo lungometraggio vengono miscelati i lunghi momenti di buio di Sombre con la splendida fotografia asettica e la quasi totale assenza di dialoghi de ''la vie nouvelle'' e il risultato non puo' che lasciare spiazziati.
La perfezione stilistica di grandrieux si sposa ottimamente con la sua concezione di cinema ''sensoriale''; dinanzi a una tale potenza di immagini (incredibile come il regista riesca a far emergere il lato inquietante di ogni singola cosa semplicemente indugiando con la mdp sul soggetto o tramite l'utilizzo di riprese ''rallentate'') la trama,la storia e gli stessi personaggi passano in secondo piano, ma forse il limite della pellicola è proprio questo, se non si è un purista del cinema è davvero difficile non annoiarsi davanti a 1 ora e 20 di niente....

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