Dopo la fine della guerra di secessione americana le sorelle March dovranno affrontare problemi economici, sentimentali e sociali. Tra tutte spicca la figura di Jo, determinata a trovare la propria libertà e indipendenza, spronando anche le sorelle a dare spazio al proprio talento, nonostante le rigide imposizioni della società di quel periodo.
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Questo adattamento cinematografico è di molto inferiore a quello del 1994; i caratteri vengono parzialmente spersonalizzati, gli attori sono meno in parte, su tutti la Amy di una intollerabilmente bambina/adulta Florence Pugh, fra l'altro non particolarmente carina ed attraente, non certo il tipo di cui si sarebbe potuto innamorare l'impalpabile Laurie di Timothée Chalamet. Un po' se la cavano Emma Watson, anche lei chiaramente fuori parte nel ruolo di Meg, e Saoirse Ronan, che avevo già apprezzato in "Brooklyn" e "Lady Bird", qui nel ruolo di Jo espletato con la sua consueta perizia.
Ho notato che sia il film del 1994 che questo, è stato diretto da una donna. Le due versioni rappresentano un modo completamente diverso d'intendere il cinema e il rispetto verso una sorgente d'autore. Purtroppo questa seconda pellicola risente dell'ideologia personale della regista, che si spande in modo fastidioso coprendo in parte la storia della Alcott. Questo è particolarmente evidente nel finale, dove la Gerwig evita come la peste il sentimento d'amore tra Friedrich e Jo; secondo la sua visione, questo fatto indebolisce la vicenda e il senso di autonomia della intraprendente March ed è estraneo alla sua realizzazione. C'è però da dire che, se non altro, la regista è coerente, questa dell'emersione femminile sul maschile è una "battaglia" che conduce fin da Lady Bird (il film precedente ancora non l'ho visto).
Non si tratta di un brutto film, dunque, tuttavia, meglio virare su una resa assai più fedele e sincera, quella di Gillian Armstrong del 1994 e con un cast decisamente superiore ed appropriato rispetto a quello presente in questo film.