Nanni Moretti nasce il 19 Agosto 1953 a Brunico (Bolzano), durante una vacanza dei genitori in Alto Adige. Vive a Roma fin da adolescente. Nella capitale nasce presto la sua passione per il cinema contemporaneamente a quella politica, che lo vede impegnato, negli anni giovanili, nella sinistra extraparlamentare.
Terminato il liceo classico, gira nel '73 due cortometraggi con attori improvvisati: "La sconfitta", che è la storia di un militante politico in crisi e "Patè de bourgeois", che è un intrecciarsi di problematiche esistenziali e introspettive di una coppia; il film affronta anche il disagio di un gruppo di amici delusi.
Nel 1976 in super 8 (poi portato a 16mm con un processo di stampa) gira il suo primo lungometraggio: "Io sono un antartico". Un film che inventa la satira all'italiana, una modalità narrativa che si oppone decisamente alla classica commedia all'italiana (vedi la critica di Moretti ad Alberto Sordi). La pellicola viene apprezzata dalla critica sia per l'originalità dello stile, sia per i contenuti intelligenti e ben lavorati, tra questi ultimi spicca il dispositivo tecnico del cabaret esistenziale, che consente di valorizzare del film sia aspetti di intrattenimento che verità profonde, veicolate attraverso l'arte degli sberleffi e dei sarcasmi.
Con questa opera un po' sperimentale Moretti si impone subito come regista di talento. Il film è il ritratto di Michele Alpicella, interpretato da Nanni Moretti, che insieme ad amici non attori vuole allestire una compagnia teatrale satirica; durante lo svolgersi del lavoro si intrecciano amori, confessioni esistenziali, tirannie del capo verso gli amici attori dilettanti, cattiverie di ogni genere funzionali al copione e ben strutturate nelle loro finalità culturali.
La pellicola fu proiettata al suo esordio in un cineclub di Roma frequentato anche da Aldo Moro, Moravia e illustri politici. Sia Moravia che altri diversi artisti e intellettuali diventeranno spesso oggetto della satira tagliente del regista.
La recitazione di Moretti appare subito molto diversa da quella dei suoi contemporanei, caratterizzata da uno stile particolare, sobrio e un po' caricaturale, ma mai ieratico. Uno stile che lo porta ad essere più presente nella narrazione e nella partecipazione del film. Moretti si identifica mirabilmente nella recitazione satirica, riuscendo a dare il massimo di se stesso come attore. Crea e interpreta personaggi che, oltre a non assolvere nessuno, invitano, tra le righe, chi è oggetto di sberleffi e sarcasmi a interrogarsi, a non accettarsi fino in fondo per quello che è.
A differenza della commedia all'italiana che finisce sempre per assolvere tutti (Sordi, Gassman...), i film del regista romano non riescono a perdonare la natura e la condizione sociale dell'uomo.
Essi, animati da una forte spinta moralistica non riconoscono l'essenziale che caratterizza il condizionamento del vivere civile; non vedono la forza della normalità come una occorrenza del vivere umano, una ineludibile e a volte saggia forma di convivenza. I film si calano impietosamente nelle pieghe del vivere quotidiano per gettare luce nei paradossi malati del comportamento. Per individuare quelle responsabilità tangibili e a volte facilmente identificabili che la furbizia e il narcisismo umano occultano.
"IO SONO UN AUTARCHICO" è una pellicola che ha pochi movimenti di macchina e il suo linguaggio visivo vive soprattutto in una dimensione teatrale.
Il secondo lungometraggio è "ECCE BOMBO", 1978. Con questo film Moretti si inserisce autorevolmente nel mondo del cinema professionale, conquistando anche un mercato di qualità. Nonostante il successo di questa pellicola, il regista conserverà un'indipendenza produttiva ed esecutiva invidiabile che lo porterà in seguito ad essere sempre assoluto padrone delle proprie idee filmiche (anche se il suo lavoro cinematografico è improntato alla collegialità e alla collaborazione). In "ECCE BOMBO" consolida uno stile proprio che resterà sempre inconfondibile.
Seguono i film: "SOGNI D'ORO", 1981, Leone d'Argento a Venezia; "BIANCA", 1983; "La messa è finita", 1985 Orso d'Argento a Berlino; "PALOMBELLA ROSSA", 1989; "CARO DIARIO", 1993, premio per la miglior regia a Cannes; "APRILE", 1998, sempre in concorso a Cannes. Ha inoltre recitato in "PADRE PADRONE", 1977, dei fratelli Taviani; in "Domani Accadrò", 1988 di Daniele Luchetti; "IL PORTABORSE" ancora di Luchetti; "LA SECONDA VOLTA", 1995 di Mimmo Calopresti.
Moretti è un personaggio atipico del mondo del cinema, non si considera un vero regista di professione, tantomeno un bravo attore.
Per lui il cinema è un mezzo di espressione con caratteristiche visive di forte valenza comunicativa. Una scrittura, quella filmica, che secondo il famoso regista italiano può dare anche soddisfazioni artistiche e intellettuali: se possibilmente riesce a mantenersi ai bordi esterni dell'industria cinematografica.
Per Moretti il cinema è un mezzo mediatico di comunicazione potente e pericoloso, paradossalmente anziché trasmettere conoscenze esso può dare messaggi criptati che nel mentre soddisfano esigenze da intrattenimento alterano i dati e i valori della realtà culturale in cui ci muoviamo: per fini a noi sconosciuti che si rivelano poi spesso criminosi. Proprio perciò, secondo il regista, occorre utilizzare questo strumento solo quando il cineasta e l'attore hanno effettivamente qualcosa da dire, al di là quindi di ogni logica che porti a fotocopiare il primo film di successo per comporne una serie che soddisfi fino in fondo le esigenze di botteghino.
Moretti rifiuta la costruzione commerciale e definitiva del film, quella di solito usata dall'industria del cinema in funzione della soddisfazione delle attese più sperimentate o prevedibili dell'inconscio dello spettatore: noto amante dello spettacolo.
Moretti è un buon moralista, colto e intelligente, vuol esprimere attraverso la satira la sua condanna civile e etica delle ipocrisie che si annidano in alcune parti del mondo politico e istituzionale o nelle ideologie più reazionarie; senza risparmiare neanche una critica ai narcisismi degli artisti, letterati, intellettuali di ogni generazione.
Moretti porta in primo piano anche la dimensione interiore del personaggio, quell'alter ego che agisce subdolo ma arguto,portando se stesso e quelli con cui viene a contatto, ad accettare un gioco fatto insieme di egoismi esasperati e ambigue generosità. Generosità colpose che svelano i propri veri intenti etici solo lungo un'articolazione delle relazioni, spesso lungo autoritarismi, vessamenti, umiliazioni, inganni. Moretti prende di mira anche le gioie e le passioni nascoste o ostentate. Ma spesso esse, sotto l'egida celebrata delle buone intenzioni mediatiche, mantengono una struttura di pensieri viziosa e paradossale.
Come attore Moretti ha caratteristiche recitative lontane da ogni scuola neoclassica o postmoderna. La sua non riesce mai ad essere una vera e propria finzione. Il ruolo di attore è messo continuamente in discussione sotto i colpi dei sentimenti veristi che lo caratterizzano.
Recita spesso lo stesso personaggio (Michele Alpicella) proprio a vantaggio di una espressività sempre più vicina al quotidiano del vivere, qualcosa che porti a dissolvere sempre più i confini tra attore, personaggio, spettatore, regista, autore.
Moretti si preoccupa soprattutto di dare un messaggio chiaro e autentico, filtrando tutto ciò che tende a presentarsi in scena come: finzione, eccessiva ieraticità, enigma espressivo indecifrabile, ambivalenze significanti del viso in primo piano.
La recitazione per Moretti deve in un certo senso annullarsi, per lasciare spazio e tempo al personaggio vero che ci anima tra le pieghe del comportamento. In questo il regista trova validi supporti anche nell'umorismo e nella parodia.
Per Moretti l'attore è vero quando ciò che recita coincide con l'autobiografia, e ciò accade favorevolmente quando si ha qualcosa da dire, quando la spontaneità si muove al di là del copione favorendo una autenticità espressiva senza remore da fiction; il film è solo un veicolo tecnico, un linguaggio appena trascritto che non vuole assolutamente sedurre perché sarebbe costretto in tal caso a proporre intrecci affabulanti e finti, Moretti vuole imporre attraverso una scena altra un'attenzione verso ciò che già esiste nella realtà e che non si vuol vedere per quello che è, qualcosa che riguarda le ambigue relazioni affettive nelle amicizie segnate dai disagi, le logiche inconsce negli amori, i narcisismi nelle passioni politiche, artistiche e intellettuali. E' tutto ciò che vuole essere rappresentato lungo un filo etico conduttore sempre ben in evidenza e ritenuto ovvio perché firmato in un certo senso dal buon senso comune.
Moretti propone un attore immaginario ma rivoluzionario: qualcosa che pone l'accento sull'importanza di superare la finzione per giungere a un cabaret esistenziale. Qualcosa che, paradossalmente, è già presente nel mondo reale del quotidiano.
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Biografia a cura di Giordano Biagio - ultimo aggiornamento 11/07/2007
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