Recensione blue valentine regia di Derek Cianfrance USA 2010
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Recensione blue valentine (2010)

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locandina del film BLUE VALENTINE

Immagine tratta dal film BLUE VALENTINE

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Riesumato miracolosamente dal probabile oblio cui strane strategie di distribuzione l'avevano destinato, dopo tre anni dalla realizzazione arriva nelle nostre sale, con colpevole ritardo, il film "Blue Valentine", l'opera quasi prima di Derek Cianfrance, presentato in gara al "Sundace Film Festival 2010" e nella sezione "Un Certain Regard" del 63° Festival di Cannes.

"Blue Valentine" è un film drammatico, impietoso, fortissimamente coinvolgente, che racconta un pezzo di storia di ciascuno di noi, quando un grande amore si logora nel trascorrere del tempo. L'inizio e la fine della parabola amorosa di Cindy e Dean, una coppia sposata che non riesce più ad amarsi, senza neppure sapere bene il perché.
Si erano conosciuti per caso, quando erano giovani e belli. Lei, reduce da una storia sbagliata con Bobby, un vecchio compagno di liceo da cui sta aspettando un bambino, studiava al college per diventare ostetrica, mentre si prendeva cura della nonna ricoverata in una casa di cura in Pennsylvania; lui, dopo aver lasciato la scuola, lavorava per una ditta di traslochi a New York.
Ed è proprio mentre sta aiutando un anziano a traslocare nella stessa casa di riposo della nonna di lei, che Dean e Cindy si erano incontrati e in un momento di esaltazione amorosa era scoccato il colpo di fulmine. E allora, accecato dalla passione per quella bellissima ragazza che ha fatto braccia nel suo cuore, Dean la cerca, la corteggia, la fa innamorare e la sposa, pronto ad occuparsi della bambina che lei sta aspettando.

Anni dopo, i due sono una coppia sposata e hanno una figlia, Frankie, ma non sono chiaramente felici come una volta, Dean ama la bambina come fosse sua, ma si sente lontano da sua moglie, perché la loro vita di coppia lentamente si sta trasformando, usurata da un'abitudinarietà che si nutre dell'insofferenza di promesse non mantenute e di aspettative non soddisfatte.
Tra i due Dean è quello più provato esteriormente: è stempiato, trasandato, completamente diverso dallo splendido e affascinante ragazzo di un tempo. Adesso fa l'imbianchino, ha preso a bere e non riesce a trovare un lavoro stabile, passa il tempo a giocare con la bambina ("Non voglio avere due bambini", dice a un certo punto Cindy al marito), è incapace di crescere fino in fondo e di essere quel buon padre di famiglia che ha sempre detto e cercato di voler essere.

Cindy, invece, è più pratica, forse più cinica, si è laureata in ginecologia e sta cercando di affermarsi nel suo lavoro in ospedale. Rigida e irremovibile, è insoddisfatta del marito e della famiglia che insieme hanno creato (e che tanto somiglia alla sua di origine). Così ha accettato la fine del suo percorso sentimentale, ma è incapace di capire di non essere più la ragazza di cui Dean si era innamorato.
Il loro è stato un amore inusuale e travolgente, nato nel segno della passione, del romanticismo e della voglia vera di stare insieme per tutta la vita. Una storia come tante dunque, che poco ha a che fare con le commedie zuccherose di Hollywood, un amore reale che nasce, cresce e poi, come spesso succede, si muta in abitudine e fatalmente muore.
Una storia vista tante volta al cinema, ma tanto diversa, perché ci racconta la genesi di un amore nel momento in cui si sta morendo. Un sentimento cercato, voluto, cullato e sfiorito nell'insoddisfazione della vita, in cui si mescolano lacrime di gioia e lacrime di rancore.

Bastano piccoli avvenimenti, come l'incontro casuale al supermercato di Cindy con Bobby, il suo vecchio fidanzato, o la scomparsa del cane di famiglia, per innescare incomprensioni, litigi, scoppi di gelosia, e una gran voglia di fuggire.
Prima che le loro strade si separino definitivamente, Dean, nel disperato tentativo di recuperare i pezzi di un matrimonio sempre più frantumato, organizza una notte a base di sesso e alcol, nella "camera del futuro" di uno squallido motel per amanti di periferia, in cui però, insieme ai ricordi dei momenti felici che hanno vissuto, finiti ora nel più totale disincanto, affiorano tutti i problemi e le liti furiose che hanno caratterizzato la loro storia, nell'accecante consapevolezza che oramai tra loro è tutto finito.
Cercando di superare i contrasti, proveranno a recuperare quello spirito e quella vitalità che li aveva fatti innamorare, in un parallelo di ricordi tra passato e presente, mostrati in una serie di flashback, che ci fanno rivivere tutta la loro storia, fino all’inaspettata conclusione.
Proprio in questa storia che si srotola in due diversi piani temporali, "Blue Valentine" trova la sua forza, descrivendo con una sincerità dolorosissima e spesso disarmante: la nascita e la fine di un rapporto.

Derek Cianfrance, al suo esordio cinematografico, dopo essersi dedicato per anni alla produzione di cortometraggi e opere televisive, ha il coraggio di mettere in scena la vicenda drammatica di un amore che si avvolge su se stessa, in un crescendo di emozioni e sensazioni dai quali è quasi impossibile non lasciarsi coinvolgere e soprattutto liberarsi, a causa dell'estrema verosimiglianza degli avvenimenti rappresentati, in cui si rincorrono il dolore del presente e la gioia del passato.
E le emozioni che tutti abbiamo provato almeno una volta nel corso della vita, cioè svegliarsi una mattina e prendere coscienza che la persona che ci sta accanto non è più quella con cui si era creduto di poter trascorrere il resto della propria vita.
Succede così che diventa difficile ammettere che tutto quello che si è dato in tutti quegli anni sia andato sprecato, e di tutto l'amore iniziale non resta altro che la convinzione di dover fuggire via, ad ogni costo, pur sapendo che per far ciò bisogna far soffrire l'altro.

Il merito principale del film risiede nella scelta stilistica del regista di muoversi, a partire da un certo punto, (l'incontro al supermercato fra Cindy e il suo vecchio fidanzato, probabile padre della sua bambina) su due differenti piani temporali: presente e passato (il primo girato in digitale, il secondo in 16 mm) che si alternano e procedono per assonanza, con l'occhio della macchina da presa che si insinua con pudore in ogni recondito anfratto della relazione tra i due protagonisti.
Questa scelta gli ha permesso di regalarci frammenti di vita di coppia, in un'alternanza di dolcezza e di sottile rancore, che fa emergere il meglio e il peggio di sé a cui ciascuno può giungere.
Una situazione in cui facilmente molti si riconosceranno e molti altri, come i due protagonisti all'inizio della loro storia d'amore, penseranno di non dover affrontare mai.
Derek Cianfrance è bravissimo nel raccontare esclusivamente i fatti senza giudicare mai i suoi personaggi così tremendamente veri, così tremendamente autentici, nel loro essere prigionieri di un menage sempre più ridotto a brandelli. Non c'è colpa e non c'è tradimento, solo la caducità amara dei sentimenti umani e la precarietà dei rapporti con l'altro e con la stessa vita.

Film sui sentimenti, dunque, "Blue Valentine", pieno d'amore e di odio, che si avvicendano in un'opera di straziante bellezza e che culmina in un finale tra i più dolorosamente poetici mai visti al cinema.
Il film è arricchito da una colonna sonora eccezionalmente bella, e spesso anche narrativamente utile, firmata prevalentemente dai Grizly Bear, che si imprime nelle immagini e nei colori per ricreare l'atmosfera adatta di un film dal retrogusto amaro, proprio come il malinconico "blue" del titolo.

"Blue Valentine" si avvale delle magistrali interpretazioni di due attori considerati dalla critica tra i migliori della loro generazioni, Ryan Gosling e Michelle Williams.
Interpretazioni che hanno consentito alla Williams di ricevere la candidatura ai premi Oscar come miglior interprete femminile e a Ryan Gosling di esprimere, a detta di molti, la migliore performance della sua carriera, anche per la scioccante trasformazione fisica compiuta nel corso del film.
Ottimo anche, nella sua prestanza e sfrontatezza rimasta immutata proprio come ai tempi del college, il Bobby di Mike Vogel, visto in "Le morti di Ian Stone".

Derek Cianfrance usa frequentemente la tecnica di primi piani, con cui riesce a cogliere ogni più piccolo dettaglio dei volti e ogni più piccola sfumatura dei gesti dei protagonisti, rendendo così estremamente vera la loro sofferenza amorosa.
La sua macchina da presa sta loro sempre addosso, non li molla mai, e il pubblico si trova quasi costretto a immedesimarsi nella labilità del loro rapporto, come avvertisse sulla pelle la loro gioia, il loro dolore e il loro piacere. Si ritrova immerso dentro la loro storia, li vede mangiare, ridere, fare l'amore, sente il loro desiderio trasformarsi in insoddisfazione e il loro amore in fastidio.
A volte si prova un malessere lancinante per non essere capaci di parteggiare per l'uno o per l'altra, per non riuscire a percepire chi tra loro è la vittima e chi il colpevole.
L'equilibrio del film è mirabile e particolare la sua struttura, perfetto per essere apprezzato nella sua complessità da un pubblico che ama il cinema per le emozioni che sa trasmettere e per le idee che sa muovere e sa rappresentare; certamente non da chi al cinema cerca solo evasione, divertimento e, perché no, disimpegno.

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Recensione a cura di luisa75 - aggiornata al 20/02/2013 17.09.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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