Recensione fuori menu' regia di Nacho García Veilla Spagna 2008
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Recensione fuori menu' (2008)

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locandina del film FUORI MENU'

Immagine tratta dal film FUORI MENU'

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Una battuta su tutte: "Sapete perchè l'infermiere della Banca del Seme è stato licenziato?"- "Perchè beveva sul lavoro".

Cosa bevesse quell'infermiere sul lavoro si capisce subito, quando si scoprono le inclinazioni sessuali dei protagonisti di questa frizzante e dissacrante commedia spagnola del regista Nacho Garcia Velilla (premiata come miglior film al Festival di Malaga 2008), che sdogana il cinema queer, rendendolo fruibile ad una platea più vasta e variegata di quella che solitamente frequenta il genere.

Colorato e verbalmente scorretto, "Fuori menù" si propone di celebrare una Spagna libera e libertaria, un Paese e una società in rapida evoluzione dei costumi, che Zapatero ha portato ad essere con orgoglio pioniere nel campo delle battaglie garantiste per i diritti civili che riguardano gay, lesbiche e coppie di fatto.
Un Paese in cui coloro che ne hanno voglia possono andare in giro tenendosi per mano, senza paura che polizia o chicchessia possa intervenire per porre fine allo "scandalo".
Un Paese tollerante e progressista, in cui la liberazione dei costumi è realmente sorprendente, se si pensa che solo trent'anni fa, sotto il franchismo, si finiva in carcere anche solo se si era sospettati di omosessualità.
Certo, non tutto gira ancora per il verso giusto, perché questo veloce cambiamento, come ha dichiarato il regista in conferenza stampa, ha generato molta confusione nella popolazione, che ancora non ha assimilato del tutto questa improvvisa aria liberale e progressista - che si respira anche nel film - perché, nonostante tutto, quella spagnola resta ancora una società sostanzialmente maschilista e confessionale.

Il film, opera prima per il grande schermo di Nacho Garcia Velilla, con un passato di successo come autore di parecchie serie tv realizzate per la televisione spagnola, mostra una Madrid splendida e vitale ed un quartiere, La Chueca, ad un passo della Gran Via, specchio dell'anino e dello spirito homo-oriented madrileno.

In quest'angolo sorprendente di Spagna e paradiso gay vive e lavora Maxi, uno chef alla moda che vive la sua omosessualità in modo orgogliosamente fiero e senza far nulla per nasconderla.
L'unico suo ossessionante desiderio è quello di riuscire a conquistare la segnalazione sulla guida stellata Michelin per il suo locale e per la sua cucina creativa (a base di metaforici asparagi, finocchi e ossibuchi), paragonata al sesso sfrenato, che gli permetterebbe di risollevare il suo Xantarella dai non facili problemi economici e gestionali che l'assillano.
Nevrotico quanto basta per essere soprannominato "isterica malscopata" dai suoi dipendenti, che sono anche la sua famiglia e la sua spina nel fianco (in particolare la bella e sensuale Alex, maitre del ristorante e sua migliore amica, e l'irriverente e folle aiutante Ramiro), Maxi non sa che la sua vita da lì a poco subirà una svolta imprevista e inaspettata, un "fuori menù" inatteso e poco appetitoso, anzi decisamente indigesto.
Da giovane, infatti, per coprire le sue tendenze sessuali e prima di fare il suo coming out, Maxi ha contratto un matrimonio di facciata con una ragazza del suo piccolo paese natale. Da quell'errore di gioventù, in due successivi incidenti di percorso, sono nati due figli che però ha abbandonato quasi subito, assieme alla madre, per fuggire lontano in seguito allo scandalo per essere stato scoperto e poter vivere liberamente la sua sessualità senza dover sottostare al severo giudizio dei suoi bigotti compaesani.

Un giorno però la sua vita viene scombussolata dal materializzarsi dei suoi due figli (frutto di quel suo matrimonio di facciata) che per lui sono quasi degli estranei e che non ha mai amato ("Non ho goduto per niente nel procrearli, come posso amarli?", confessa agli amici), che gli vengono affidati a causa dell'improvvisa morte della madre e che, irrompendo nella sua quotidianità, la incasinano ancora di più, costringendolo a gravarsi di inattese e rassegnate responsabilità.
Come se non bastasse, a complicare ancora di più il quadro del suo precario equilibrio esistenziale, ci si mette anche un nuovo vicino di casa molto sexy, Horacio Perretti, un affascinante ed attraente ex calciatore argentino che ha abbandonato i campi di calcio e ora fa l'opinionista sportivo in TV.

Considerato un vero macho, Horacio attira subito l'attenzione di Maxi ma anche quella di Alex, la sua maitre, sempre in cerca del grande amore e dell'uomo giusto che possa appagare le sue tempeste ormonali, che la portano a sbagliare spesso l'oggetto del suo desiderio e a soffrire per amore.
In verità, Maxi fa di tutto per facilitare le cose ad Alex e farli mettere insieme; quello che entrambi ignorano è che il fascinoso Horacio ha altri gusti e all'amore di Alex preferisce quello di Maxi.
Quando Horacio finalmente confessa il suo amore per Maxi, comincia da parte di quest'ultimo tutta una serie di sotterfugi per mantenere segreta la sua relazione sentimentale con il calciatore (un po' per non far soffrire la sua miglior amica e neppure i suoi due figli, specialmente il ragazzo che non accetta l'omosessualità del padre; ma soprattutto per non nuocere ad Horacio che, essendo un calciatore, "non può essere gay"), che non sortiscono però l'effetto desiderato, perché ben presto Alex scopre la verità e saranno, allora, scintille e fuochi d'artificio.

Ma, come in tutte le commedie che si rispettano, tutto è bene quel che finisce bene: Maxi si riconcilia con i suoi figli, il calciatore fa un esilarante coming out in tv e Alex continuerà a cercare indefessamente l'uomo della sua vita.
Ed anche se il ristorante sarà costretto a chiudere per debiti, tutti insieme ricominceranno daccapo in una modesta trattoria di periferia, che va bene e li rende felici.

Uno dei pregi di questa gustosissima commedia, in bilico tra il dissacratorio melò da soap-opera di gusto almodovariano prima maniera e la leggerezza delle commedie sentimentali francesi anni '70, è il mix tra il sensuale, lo scanzonato e il piccante.
La sua visione riesce a trasmettere al pubblico alcune tematiche molto importanti, come l'amicizia, la sessualità, la paternità, l'amore; con dei personaggi fieramente fuori dagli schemi e alcuni momenti veramente irresistibili, che, sfruttando gli stereotipi e i luoghi comuni dell'universo gay, tra mossette, isterie e un linguaggio decisamente sboccato, rovescia ogni tabù sessuale e scava nella psicologia di tutti i personaggi, rendendoli eccezionalmente veri a dispetto del loro vissuto, a volte anche drammatico.
E così si riesce a riflettere sui rapporti padre-figlio, sul mondo del calcio, dove è impensabile qualsiasi orientamento sessuale fuori dal sistema, di orgoglio gay scevro da qualsiasi ostentazione, di nuovi modelli familiari e impegni lavorativi che costringono a sacrificare la propria libertà e a sottostare ad una costante tensione emotiva.

Certo si ride, e in alcuni momenti anche di gusto, per le grevi battute, pesanti e fortemente allusive, ma il messaggio antiomofobico che lancia, rappresenta il valore aggiunto di questa commedia, che riesce a trattare le sue tematiche senza mai cadere in facili luoghi comuni, che renderebbero inconsistente il suo discorso e meno godibile la visione.

I personaggi sono tutti ben delineati: oltre a Maxi, lo chef gay, c'è Ramirez, l'aiutante di cucina; Alex, la maitre assatanata di Maxi; Horacio, il calciatore gay; poi ci sono loro, i due figli di Maxi.
A dare loro volto e carnalità troviamo il bravissimo Javier Càmara, (Maxi), interprete prediletto di Almodovar, premiato come miglior attore al Festival di Malaga; Lola Dueñas (altra bravissima e affascinante icona almodovariana) che interpreta la scoppiettante Alex; Horacio Peretti, il calciatore gay, ha invece il volto beffardo dell'affascinante attore cileno, molto attivo in Spagna, Benjamìn Vicuña; mentre l'aiutante di cucina è Fernando Tejero (attore molto noto nel proprio Paese molto più che da noi).
E poi ci sono loro, i genitori di Maxi, la madre, apprensiva, che teme che il figlio vada a letto con il nipote - cioè con il proprio figlio - e il padre paraplegico e fortemente omofobico, che spara battute a raffica contro i gay, a cui si deve quella più politicamente scorretta dell'inizio sull'infermiere checca licenziato dalla banca del seme.

Esilarante e sfizioso da morire: provare per credere.

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Recensione a cura di Mimmot - aggiornata al 14/05/2009

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