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Il film, uscito nel 1980, ebbe alterne vicissitudini: accusato di vilipendio alla religione, fu quasi immediatamente ritirato dalle sale e quando fu scagionato nel 1998 ebbe una scarsa visibilità a causa di un certo ostracismo ma anche per un notevole insuccesso al botteghino.
In seguito però divenne uno dei titoli di punta per i cultori del trash nazionale.
Raccontare la trama del film è quasi impossibile; si parte dalla proposta, all'epoca considerata fantascientifica ma di fatto azzeccata, di un centro televisivo vaticano. Gli artisti ingaggiati per lo spettacolo inaugurale appartengono tutti al gruppo di Arbore dell'epoca, lo zoccolo duro de "L'altra domenica" - un programma cult alternativo a "Domenica in"; si passa così dalle allora giovanissime Isabella Rossellini e Milly Carlucci alle alternative Sorelle Bandiera a Michel Pergolani al Roberto Benigni decisamente lontano anni luce da Dante e da "La vita è bella" ma molto più prosaicamente innamorato di Berlinguer, ultimo leader comunista, e Bobby Solo.
Papa Wojtyla, primo pontefice straniero dopo secoli, giovanile e aintante di aspetto, aveva colpito decisamente l'immaginario mediatico, e in quei primi anni di pontificato era stato oggetto di battute, barzellette, canzoni. Last but not least, Arbore con il suo omaggio bonario travisato dai cirtici dell'epoca forse un po' troppo bacchettoni.
Wojtyla è "interpretato" da un sosia tedesco, molto somigliante ma non altrettanto convincente come attore, nonostante sia proprio la sua goffaggine (spesso l'attore ride della sua inettitudine) a garantire l'effetto esilarante.
Il resto del film è confusionario e pasticciato, e non si capisce se la cosa sia voluta o del tutto gratuita; la pellicola scorre via senza che lo spettatore si renda conto di dove si voglia andare a parare.
Col senno di poi il marchio di fabbrica arboriano, quello che caratterizzerà i suoi programmi televisivi futuri da "Quelli della notte" a "Indietro tutta" al recente "Speciale per me - Meno siamo meglio stiamo" si nota fin troppo bene: cocktail di musica swing con un occhio di riguardo alla comicità di stampo partenopeo e una buona dose di nonsense ed autoironia. Ma il film è arrivato troppo presto e non è stato compreso, come può capitare a molti artisti poco allineati e decisamente avanguardisti.
Guardare "Il Pap'occhio" oggi dopo quasi trent'anni dalla sua prima e sfortunata uscita nelle sale fa tenerezza: si rivedono molti personaggi noti alle prime armi, giovani e quasi goffi; Benigni è poco riconoscibile dalla svolta che la sua carriera ha preso da alcuni anni a questa parte e persino De Crescenzo non ancora filosofo e ancora ingegnere appare lontano rispetto a come l'immaginario collettivo lo colloca oggi. Il consiglio quindi è di prendere il film come un prodotto di satira archeologica utile per comprendere come si è nel presente partendo dal recente passato.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 22/05/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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