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George Clooney, alla sua terza regia, abbandona i film sperimentali su personaggi realmente esistiti e si dedica a uno tra gli schemi più classici del cinema americano: la commedia d'amore in ambito sportivo.
L'attore/regista del Kentucky ha dato più volte prova di essere uno dei migliori talenti della sua generazione e, quando ha deciso di passare dietro la macchina da presa, momento ambito ma anche temuto da molti attori, si è dimostrato capace di imbastire storie originali dirette con grandissima tecnica e conoscenza del mezzo, dimostrando di aver compiuto il salto non solo per ostentare le proprie capacità in più ambiti ma anche per vero interesse.
Questo "In amore niente regole" - il titolo italiano purtroppo dirotta la mente dello spettatore sempre verso altri lidi - è quel tipo di film di ambientazione sportiva (siamo dalle parti del football americano) condito con tanti altri elementi presi in prestito da vari generi, che spaziano dalla commedia sentimentale al film di ricostruzione d'epoca.
Siamo nel 1925, quattro anni prima che Wall Strett sconvolga il mondo, e lo sport è ancora primordiale, senza regole precise e dunque condito da toni da leggenda, in un'epoca così lontana da essere mitizzata, dove le avventure e i topoi classici dell'America pre-crisi sono ancora effettivamente realizzabili.
Quindi si conceda qualche licenza, perché si tratta di una commedia di altri tempi, dove il personaggio principale maschile e quello femminile sono in perenne contrasto e si scambiano battute al vetriolo ben studiate e dove le scazzottate, non importa che siano nei saloon o al limite di una ferrovia, accompagnate dalle melodie di un vecchio pianista e con tanto di bottiglie di whisky spaccate in testa senza un filo di sangue, sono possibili e anche divertenti.
Clooney è colto, preparato, conosce il linguaggio del cinema americano e le sue (sacre) icone, e, strizzando l'occhio del citazionista al pubblico complice, presenta un film che fa della non-originalità il suo punto forte: rispettare le regole di un certo genere e seguirne alla lettera i dettami è un regalo che si fa, da vero ladro gentiluomo, anche agli spettatori disincantati e troppo esigenti. E' un gioco rischioso, che a molti potrebbe non riuscire, ma sulle qualità di Clooney abbiamo già dato uno sguardo e quindi ecco una pellicola dalla confezione sontuosa ma leggera, non da manuale, fotografata stupendamente con i colori caldi della primavera da Newton Thomas Sigel e recitata bene da tutte quelle facce che sembrano esistere solo oltreoceano. Clooney si concede solo un altro nome conosciuto, il grande e sottovalutato Jonathan Pryce, attore feticcio di Terry Gilliam, un po' troppo invecchiato ma comunque sempre pungente.
Bisogna aggiungere, inoltre, che se la rappresentazione dello sport sul grande schermo è quasi un tabù in Europa, perché ritenuta, e non a torto, un tema poco accattivante, negli Stati Uniti gli sceneggiatori e le produzioni riescono non solo a rendere avvincenti le vicende di uno sport praticato solo da loro, ma anche, tranne rari casi, a farne il proprio cavallo di battaglia della stagione. "In amore niente regole" si avvale, rispetto agli altri, di attori stimati e di una squadra di alto livello per quanto riguarda le scelte tecniche; in più il sapiente Clooney, nell'intenzione di riproporre il clima e le atmosfere dei "ruggenti" anni '20, imbastisce il tutto con una colonna sonora che pesca brani di repertorio come "Tiger Rag" e "Toot Toot Tootsie Good-bye", pezzo cantato da Al Jolson ed ovviamente amato da Woody Allen, e le musiche dell'eclettico cantautore Randy Newman, compositore pluripremiato che riesce a spaziare dalla canzone autoriale al jazz, e può vantare collaborazioni con artisti del calibro di Ray Charles, Peggy Lee e Wilson Pickett.
Non ci si aspetti una pellicola originale, perché andrà tutto come previsto, ma il canovaccio è riproposto con un gusto da cineasta che non è da tutti.
E, forse, non è poco.
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Recensione a cura di matteoscarface - aggiornata al 09/04/2008
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