Voto Visitatori: | 6,84 / 10 (171 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 5,50 / 10 | ||
Owen Wilson e Jennifer Aniston (rispettivamente John e Jenny nel film) emigrano in Florida, dove trovano modo di dar sfogo alla loro ambizione di lavorare come giornalisti, si sposano e hanno ben 3 figli e... un cane, Marley. Il labrador si rivela un animale vivace e avrà modo di dimostrare tutto il suo vigore ai freschi coniugi.
Tutto quello che ci si può immaginare dal filone cinematografico canino (carino?), accade; Marley non tarderà, infatti, a mettere a soqquadro la casa, a rincorrere gli uccellini sulla spiaggia distruggendo i castelli di sabbia, a scappare con l'intimo della padrona in bocca. L'incorreggibile bestiola mangerà il pavimento e il divano (quale novità, eh?), sguscerà fuori dal finestrino dell'auto in corsa, berrà dal water, cag***à in porzioni gigantesche, avrà paura dei temporali, insomma Marley romperà tutto, ...e quanto romperà!
Possibilmente è buona norma accompagnare queste imprese con una colonna sonora accattivante e ritmata e un montaggio un po' frenetico che dia l'impressione della pena che si prova a tenere e sopportare un cane così... L'impegno registico di David Frankel termina qua ed è un peccato perché aveva dato modo di esibire maggiore arditezza e virtuosismo nel precedente "Il diavolo veste Prada".
La commedia così rappresentata è edificante solo per se stessa, in quanto non rischia mai niente, si basa su solidi riferimenti narrativi e non aggiunge nulla di nuovo. Un altro punto a suo sfavore, poi, è la durata: in due ore di pellicola il racconto si inceppa spesso, si dilunga su aspetti futili, a volte ci dimentichiamo persino che Marley esista!
I momenti da ricordare sono proprio pochi, uno su tutti quello durante il quale fa la sua breve comparsa l'istruttrice interpretata da una grassoccia e spettinata Kathleen Turner. Marley non perderà l'occasione per "montare la gamba" della domatrice visto che gli ricorda un barboncino... Troppo in secondo piano la figura dell'amico di John, il giornalista-rimorchiatore con tanto di Marley al guinzaglio, e del direttore del giornale impersonato da Alan Arkin, entrambi avrebbero potuto essere fonte di spunti notevoli invece di essere relegati al ruolo di "consiglieri" di John.
Veramente poco credibile e anche un po' crudele è la fase durante la quale gli sposini lasciano il cane a casa da solo e fuggono in Irlanda per ritrovare l'armonia e concepire un altro figlio. Se da un lato questa è l'occasione per rinnovare le marachelle di Marley e farci fare un ripasso mentale sulle sue capacità di combinare guai, dall'altro è imbarazzante vedere come i coniugi scarichino il labrador alla prima dog-sitter improvvisata che passa di lì...
Ecco perché anche sul finale, quando la famiglia si trasferisce a Philadelphia per dare modo a John di lavorare con una testata giornalistica più prestigiosa e Marley è ormai fatalmente invecchiato, il ricatto emotivo non funziona. Mancano i presupposti per potersi lasciare andare completamente e avvalorare gli affetti mostrati dal cane nel corso della sua vita, per farci capire in che modo Marley sia stato davvero unico e straordinario (meglio ha fatto, al riguardo, una commedia tipo Turner e il casinaro). Fanno difetto pure i dovuti approfondimenti sul lavoro di lui a Philadelphia e sui rapporti con il nuovo capo redattore.
"Io & Marley" conferma, poi, la tendenza delle commedie americane a sorVOLARE sulle problematiche economiche: significative in tal senso sono le sequenze dove John, gratificato dal doppio stipendio guadagnato in redazione, si permette l'acquisto di una casa lussuosa con moglie e 3 figli a carico, senza batter ciglio. Nessuno pretende che sia una rappresentazione cinematografica leggera ad affrontare la questione, ma non vediamo nemmeno da altri generi giungere propositi sui "come e i perché" di una così grave recessione.
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Recensione a cura di pompiere - aggiornata al 09/04/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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