Recensione i predatori dell'arca perduta regia di Steven Spielberg USA 1981
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Recensione i predatori dell'arca perduta (1981)

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locandina del film I PREDATORI DELL'ARCA PERDUTA

Immagine tratta dal film I PREDATORI DELL'ARCA PERDUTA

Immagine tratta dal film I PREDATORI DELL'ARCA PERDUTA

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1936: Il professor Henry Jones Jr. (Harrison Ford), detto Indiana, alterna la vita accademica ad avventurose spedizioni alla ricerca di preziosi reperti archeologici. Venuto a conoscenza delle sue imprese, il governo americano gli chiede aiuto: una spedizione archeologica guidata dai Nazisti è vicina a scoprire l'ubicazione dell'Arca dell'Alleanza, che conferirebbe al Reich poteri pressochè divini. La corsa contro il tempo per anticipare i Nazisti porta Indiana Jones attraverso diversi continenti e ad incrociare il proprio cammino con Marion Ravenwood (Karen Allen), un antico amore, e Belloq (Paul Freeman), il suo acerrimo rivale, che sta aiutando i tedeschi...

E' raro che il cinema americano mainstream produca un'idea originale. Più frequente è la rielaborazione di concetti già sfruttati, in una catena infinita di rimandi, citazioni, rielaborazioni e plagi. Non fa eccezione "I Predatori dell'Arca Perduta", che ha tanti padri putativi (basta confrontare il celeberrimo look di Indiana Jones con quello di Charlton Heston in "Il Segreto degli Inca") quanti figli più o meno legittimi (i suoi sequel innanzitutto). Rispetto al genere d'avventura, è però un momento decisivo della storia del cinema: innanzitutto, introduce uno dei personaggi di maggiore impatto mai creati, Indiana Jones, che diventerà l'unico punto di riferimento per tutti i film successivi del genere; in secondo luogo, segna l'inizio di una collaborazione - quella tra George Lucas e Steven Spielberg, all'epoca tra gli enfant prodige del cinema americano - destinata a durare decenni e a cambiare profondamente l'industria dell'entertainment.

Indiana Jones è un personaggio capace di sopravvivere all'invecchiamento delle sue molte anime (Lucas, Spielberg, Ford), ai sequel, alla tecnologia, ai suoi epigoni. Fa parte di quella incredibile schiera di icone prodotte dal cinema americano negli anni Ottanta (che, idealmente, la trilogia originale di Indiana Jones apre e chiude), un decennio che trovò proprio in Lucas e Spielberg i pionieri della controrivoluzione commerciale che rispose alla generazione di autori sbocciata negli anni settanta (Coppola, Scorsese, De Palma), della quale anche Lucas e Spielberg facevano parte, prima di intraprendere una strada professionale diversa. Se i maggiori capolavori degli anni Settanta si devono al talento di grandissimi giovani autori ed interpreti che affondavano nel realismo le loro storie, il successo dei film che hanno caratterizzato gli anni Ottanta è merito soprattutto dell'impatto che ebbero sul pubblico personaggi e concept quasi sempre di fantasia ("Ritorno Al Futuro", "Terminator", "Indiana Jones", "Ghostbusters", per citare i più noti, divennero immediatamente icone capaci di resistere al tempo ed allo sfruttamento selvaggio dei brand).
Steven Spielberg era l'elemento comune a queste due anime del cinema americano, capace di calare tematiche sentite ed umane in contesti fiabeschi ed escapistici, coniugando una personale visione a ritorni economici da record. Reduce dal controverso tentativo di commedia di "1941", ma con all'attivo film come "Lo Squalo" ed "Incontri Ravvicinati del Terzo Tipo", Spielberg si giocò la reputazione su un progetto obiettivamente rischioso (sebbene l'intuito di Lucas avesse già fatto centro con "Star Wars") che risultò ideale per le sue capacità tecniche e per la sua creatività, che trovò il modo di sfogare ideando alcune tra le più riuscite e memorabili sequenze e scene mai girate.

Un Inizio in Medias Res

E' difficile giudicare "I Predatori dell'Arca Perduta", oggi, senza considerare implicitamente anche i suoi sequel ed il loro contributo alla crescita del personaggio.
La quadrilogia di Indiana Jones è suddivisa in quattro capitoli indipendenti, quattro episodi diversi che hanno nel personaggio principale un unico, potente elemento di continuità. Tornando al primo episodio, però, si capisce che già dall'incipit Lucas e Spielberg volevano imprimere tutte le caratteristiche principali di Indiana Jones nella mente dello spettatore.

L'idea di Lucas era quella di girare un film che ricordasse esteticamente i serial televisivi (risalenti agli anni Trenta) che vedeva da ragazzo: l'eroe centrale doveva però avere qualche caratteristica innovativa, doveva essere tenace ma perdente, costantemente in mezzo a guai da cui si tira sempre fuori per un soffio. La sequenza iniziale segna immediatamente l'immaginario collettivo e riassume quello che si vedrà in seguito: Indiana Jones riesce ad evitare trabocchetti di ogni genere per recuperare un prezioso reperto, per poi vederselo sfilare dalle mani all'ultimo momento e doversi preoccupare piuttosto di salvare la pelle. Che sia intelligente e colto, ma non infallibile, fisicamente all'altezza, ma non indistruttibile, è ciò che ci conquista immediatamente.

L'inizio in "medias res" è rimasto una costante e, con l'eccezione dell'ultimo capitolo, l'avventura iniziale non ha nulla a che vedere con la ricerca principale del film e serve ad iniziare a ritmo serrato, introdurre il personaggio e conferire al film un tono da "serial", come fosse un rimando ad un episodio precedente concluso con un cliffhanger.

La fragilità fisica del protagonista e la sua fallacità sono l'imprinting che Lucas e Spielberg vollero dare e una delle chiavi del successo di Indiana Jones: Indiana Jones "sbaglia" nel calcolare il peso dell'idolo, "sbaglia" nel fidarsi delle sue guide e deve correre per salvarsi, prima di essere sconfitto anche sul piano strategico da Belloq. Lo stesso accadrà, con poche variazioni, nei successivi tre film. Lo stesso finale de "I Predatori dell'Arca Perduta" è segnato da una doppia bruciante sconfitta per Indiana Jones, che deve arrendersi alla propria natura messa a nudo dalle parole di Belloq, prima, e alla burocrazia americana, poi.

Il MacGuffin

Le avventure di Indiana Jones ruotano sempre intorno a quello che Alfred Hitchcock aveva definito "il MacGuffin": un oggetto, cioè, in grado di mettere in moto la storia, l'espediente narrativo che giustifica il film ed unisce e guida i personaggi, pur avendo, in fin dei conti, poca rilevanza. George Lucas la pensava in maniera leggermente diversa: i MacGuffin dovevano essere importanti, centrali, in grado di catturare l'immaginazione del pubblico: se avessero riguardato elementi radicati nella cultura (come l'arca dell'Alleanza o il Santo Graal - usato anche per Il Codice Da Vinci) l'impatto sul pubblico sarebbe stato decisamente maggiore (chi si ricorda i MacGuffin dei due "Tomb Raider"?). Non è certo un caso se i MacGuffin meno evocativi (le pietre di Sankara e il Teschio di Cristallo) abbiano portato ai due capitoli più controversi della saga.

L'idea dell'Arca dell'Alleanza come MacGuffin per il primo Indiana Jones fu di Philip Kaufman, che collaborò con Lucas alle prime stesure del soggetto. L'Arca Perduta è il MacGuffin ideale: il potere che la sceneggiatura attribuisce all'Arca mette in gioco una posta altissima, che trascende la mera ricerca archeologica. Nelle mani sbagliate, il l'Arca può influenzare il corso della storia ed il destino dell'umanità. L'amore di Indiana Jones per l'avventura è affiancato ad un'urgenza morale in cui possiamo immedesimarci: fermare i Nazisti dal possedere il potere dell'Arca dell'Alleanza. Il MacGuffin, inoltre, è un oggetto di cui alla fine ci si deve sbarazzare. La sete di conoscenza che guida Indiana Jones alla fine lo salva, mentre la sete di potere che guida i Nazisti li condanna tutti.

Altro fattore chiave è la credibilità dell'azione. La facilità con cui si cede alla sospensione dell'incredulità è determinante in un film come i "Predatori dell'Arca Perduta". Elementi storici e mitologia sono dosati in maniera pressoché perfetta, equilibrati nella figura di un personaggio centrale credibile quanto improbabile: un professore di archeologia che - né più né meno di Clark Kent - nasconde la sua vera natura dietro un paio di occhiali ed una vita apparentemente tranquilla. E proprio come Superman, sopravvive a sparatorie, lanci da aeroplani senza paracadute, animali velenosi, incendi, criminali di guerra (per tacere delle bombe atomiche).

La differenza - decisiva - con l'uomo di Krypton sta però nel fatto che Indy si fa male in continuazione, arriva sempre al limite della resistenza umana fisica e psicologica trovando la forza di procedere con rinnovata tenacia. E' in questo passaggio che -grazie ad un Harrison Ford che sembra nato per essere questo personaggio, anche più di Han Solo - Indiana Jones diviene l'archetipo dell'eroe, che rende credibile ogni impresa, che non invecchia (nonostante i chilometri), che risuona nella parte migliore di ognuno di noi.

Lavoro di squadra

L'intuito di Lucas, coniugato al talento registico di Spielberg e alla performance di Harrison Ford, senza dimenticare il contributo della sceneggiatura di Lawrence Kasdan e della colonna sonora di John Williams: "I Predatori dell'Arca Perduta" è il risultato di un eccellente lavoro di squadra, un film di serie B a basso budget realizzato da alcuni dei migliori talenti dell'epoca. Il lavoro di Spielberg, Lucas e Ford è sotto gli occhi di tutti, ma "I Predatori dell'Arca Perduta" vive anche grazie ad un eccellente cast di contorno, da Karen Allen a Paul Freeman (Belloq resta l'unico vero rivale di Indiana Jones finora), da John Rhys Davies a Denholm Elliott (le cui assenze si fanno terribilmente sentire negli episodi "pari" della saga). Lawrence Kasdan non conosceva i serial che avevano ispirato Lucas, ed infuse la sceneggiatura di rimandi a classici del passato (da Zorro a Casablanca a Il Tesoro della Sierra Madre), creando il giusto equilibrio tra le epiche sequenze d'azione che Lucas e Spielberg immaginavano e la trama.

La colonna sonora di John Williams è tra i temi più conosciuti della storia del cinema, è Indiana Jones tanto quanto Harrison Ford. Magniloquente e invadente, non accompagna il film, lo racconta in musica, lo doppia, conferendogli innanzitutto un'autoironia che smarca la saga di qualunque velleità autoriale. E' però proprio la musica l'elemento che più allontana "I Predatori dell'Arca Perduta" dall'idea originale di una trasposizione di un serial televisivo, rivelandone l'essenza squisitamente cinematografica.

Non sono gli anni, sono i chilometri

Se non è difficile individuare i punti di forza della saga di Indiana Jones, non è altrettanto facile riuscire a replicare la formula di un tale successo. In molti hanno provato, con alterne fortune, a raccogliere il testimone dell'uomo con la frusta e il cappello. A parte l'assenza di variabili non trascurabili quali Harrison Ford o Steven Spielberg, è evidente che a film come "Il Mistero dei Templari", "La Mummia" o "Tomb Raider" manchi innanzitutto lo spirito: riporre la fiducia sulla spettacolarità degli effetti speciali è un chiaro malinteso, è guardare il dito che indica la Luna. Il film diverte, ma non appassiona, intrattiene, ma non rimane. Ognuno dei protagonisti degli emuli di Indiana Jones ha alcune delle sue caratteristiche, di certo nessuno di essi le possiede tutte. La trama connette insieme spettacolari scene d'azione, invece di concentrarsi sui personaggi e sul MacGuffin. La differenza è molto sottile, ma un'analisi attenta serve in realtà solo a definire esattamente quel che uno spettatore percepisce istintivamente durante la visione.

"I Predatori dell'Arca Perduta" potrebbe non essere nemmeno l'avventura migliore vissuta da Indiana Jones ("l'Ultima Crociata" probabilmente è un film più divertente e profondo), ma resta una pietra miliare per la sua importanza.
Le regole e i topos dei film d'avventura sono state riscritte da questo film per i nostri tempi e ancora oggi nessuno è stato in grado di rinnovarli o soppiantare le immagini iconiche del Fedora o della cartina con il percorso dell'aereo che si muove su essa. A trent'anni di distanza, Indiana Jones aspetta un'ultima avventura all'altezza della sua importanza, un'Ultima Crociata cinematografica che riporti nuovamente in vita il cinema di intrattenimento che continua ad imitarlo senza catturarne l'essenza. Se non ce la fa Indiana Jones, non ce la fa nessuno.

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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 11/01/2012 16.00.00

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