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Voto Recensore: | 6,50 / 10 | ||
Il regista giamaicano Stephen Hopkins, dopo aver spaziato fra vari generi cinematografici, dal thriller di forte impatto drammatico quali "Blown Away - Follia Esplosiva" (1994) e "Spiriti nelle Tenebre" (1996), passando dall'azione fantascientifica di "Lost in Space" (1998) al dramma giudiziario di "Under Suspicion" (2000), fino alla biografia drammatica di Peter Sellers "Tu Chiamami Peter" (2004), ritorna a quello che era stato il suo genere d'esordio: l'horror. Egli infatti non solo ha diretto il quinto episodio cinematografico della serie di "A Nightmare on Elm Street" e "Predator 2", ma ha girato anche vari episodi di serie televisive horror quali i "Racconti della Cripta" e "Vault of Horror".
"I Segni del Male" è la sua decima regia cinematografica (se si include anche "Dangerous Games" di cui è co-regista insieme con David Lewis) e il suo primo horror svincolato da saghe già affermate.
Il titolo italiano è capzioso e fuorviante, mirato ad una facile presa sul pubblico. Si deve tuttavia ammettere che una traduzione letterale del titolo originale sarebbe piuttosto cacofonica, anche se assai più attinente alla storia narrata. "The Reaping" infatti significa "La Mietitura", ma da intendersi una mietitura operata con la falce. E allora, direte voi, perché non tradurlo con falciatura? La distinzione è semplice e sottile: con falciatura s'intende l'atto del falciare, del tagliare con la falce (fra cui anche il mietere); con mietitura ci si riferisce tanto all'atto del mietere, ossia del tagliare i cereali giunti al momento della maturazione, quanto alla stagione in cui si miete. Quest'ultima accezione sembrerebbe essere quella più confacente al titolo di questo film.
"Sappiate che la Morte vi sorveglia, gioir nei prati o fra i muri di calce, come crescere il grano guarda il villano finché non sia maturo per la falce".
Parole di Fabrizio de André, perfettamente consone all'argomento.
"The Reaping" è, a sua volta, un titolo sottilmente ambiguo. Infatti fin dalle prime immagini del film, dove padre Costigan (Stephen Rea) affianca tutte le fotografie di Katherine Winter (Hilary Swank), il cui volto è stato arso da un fuoco misterioso, compare il simbolo di una falce che accompagnerà lo spettatore durante lo svolgimento della storia.
"I Segni del Male" è la settima produzione e la meno convincente della Dark Castel Entertainment, fondata nel 1999 da Joel Silver e Robert Zemeckis in omaggio al regista di pellicole horror William Castel. L'intento di Robert Zemeckis era quello di riportare sul grande schermo i film horror vecchio stile, generalmente poveri di effetti speciali, ma pregni di tensione e pervasi da un clima lugubre e malato, arricchendoli di qualità e d'impatto visivo grazie all'ausilio delle nuove tecnologie e senza denaturarli delle loro atmosfere originali. I primi due film prodotti, "Il Mistero della Casa sulla Collina" (1999) e "I Tredici Spettri" (2001) sono remake di due celebri pellicole dirette da William Castel. Hanno fatto seguito "Ghost Ship" (2002) che solo apparentemente richiama il film di Mark Robson del 1943 e non ne costituisce un remake, "Gothika" (2003), esordio americano del regista francese Mathieu Kassovitz, e infine "La Maschera di Cera" ("House of Wax", 2005), remake dell'omonimo film del 1953 interpretato da Vincent Price.
"I Segni del Male" racconta una storia costruita a ritmo di cliché assai noti e frequentemente utilizzati nei film del genere. Abbiamo come protagonista una professoressa, ex missionaria ed ex ministro di una non meglio identificata Chiesa Cristiana Protestante, che dopo essersi scontrata col fanatismo religioso ed aver subito un grave lutto a causa della superstizione, ha perduto la fede ed ha abbracciato la Ragione e la Scienza, specializzandosi nello smascherare tutti quei fenomeni che spesso sono con eccessiva facilità additati come miracoli.
La professoressa Winter viene contattata da Doug, un collega che insegna ad Haven, una piccola cittadina della Louisiana, dove l'acqua di un fiume è divenuta di colore rosso sangue. Lo strano fenomeno, che ricorda la prima delle dieci piaghe bibliche che afflissero il regno d'Egitto ai tempi di Mosè, si è verificato dopo che una ragazzina dodicenne di nome Loren (AnnaSophia Robb, già vista in "Charlie e la fabbrica di cioccolato" ed attualmente in sala anche col fantasy "Un Ponte per Terabithia") ha rinvenuto il cadavere di suo fratello nelle acque del fiume. Poiché Katherine appare riluttante, Doug per convincerla a recarsi ad Haven le spiega che la popolazione del villaggio incolpa la bambina dell'omicidio del fratello e dell'avvelenamento del fiume (il sangue avrebbe cominciato a colare dalle sue gambe e poi avrebbe contaminato l'acqua) e sostiene che lei sia figlia del Demonio. Dopo quanto è accaduto, Loren si sta nascondendo nei boschi, mentre al villaggio qualcuno già parla di stanarla e di ucciderla. Il pericolo del linciaggio convince la professoressa a raccogliere i propri strumenti e a recarsi in Louisiana col proprio assistente (Idris Elba) per smascherare l'imbroglio e per salvare la piccola. Ma appena arrivati sul posto le cose si complicano poiché le altre nove piaghe bibliche cominciano ad abbattersi su Haven a ritmo sempre più vertiginoso e con un tripudio di effetti speciali digitali. Le sicurezze scientifiche di Katherine iniziano a vacillare.
Autori della sceneggiatura, adattando un soggetto dell'autore esordiente Brian Rousso, sono Carey e Chad Hayes, già colpevoli della sceneggiatura del sopraccitato "La Maschera di Cera". Il loro lavoro si dimostra piuttosto fragile e mal scritto. La sua più grave pecca si concretizza nell'incapacità di un qualsiasi approfondimento psicologico dei personaggi. La stessa protagonista, sulle cui reazioni psicologiche verte tutta la vicenda, rimane un personaggio senza troppo spessore.
La regia di Stephen Hopkins non risulta particolarmente gradevole. È vero che egli ha voluto ricorrere all'uso della macchina da presa a spalla e ad un immagine leggermente sgranata, cercando di dare l'impressione di assistere ad un'inchiesta giornalistica, ma questa sua scelta, alla fine, non si dimostra particolarmente felice poiché spesso le inquadrature eccessivamente mosse ed instabili risultano disturbanti. Migliore invece la decisione di risolvere le azioni, svolte negli interni, con un susseguirsi di brevi piani sequenza, circoscrivendo spesso l'inquadratura al volto intenso e comunicativo dell'attrice protagonista.
"I Segni del Male" è stato accolto piuttosto freddamente sia dalla critica, sia dal pubblico, che gli hanno rimproverato sopratutto la scarsissima originalità dei contenuti e l'apparente desiderio di salvare una pellicola scadente col ricorso agli effetti speciali. Questo giudizio, benché largamente diffuso e non privo di fondamento, non sembra del tutto condivisibile.
Il film è complessivamente onesto e mantiene quanto promesso nella campagna pubblicitaria, né più né meno. Si deve tuttavia constatare che il dramma psicologico ed interiore, così mal approfondito dalla sceneggiatura dei fratelli Hayes, teoricamente dovrebbe prevalere sui contenuti orrifici, ma purtroppo esso non riesce a prendere il sopravvento. Il risultato è che lo spettatore si trova di fronte ad un film dell'orrore che non spaventa e che è incapace di renderlo partecipe del dramma della protagonista.
Il ritmo della narrazione è piuttosto veloce e compatto, privo di qualsiasi pausa di riflessione e, come accennato, di qualsiasi autentico approfondimento psicologico. Le atmosfere sono convincenti e coadiuvate dalla forza di una discreta colonna sonora composta da John Frizzell, che aveva già lavorato per la Dark Castel ne "I Tredici Spettri" e "Ghost Ship" e che qui ha sostituito il pur bravo Philp Glass.
Si tratta di una pellicola horror di media fattura, che, erroneamente e senza che lo pretendesse, è stata accostata a film cosiddetti demoniaci come "L'Esorcista" e "Rosemary's Baby", che sono su tutt'altro livello.
È anche assai convincente l'ambientazione nella piccola provincia del sud degli Stati Uniti. Aver scelto la Louisiana, lo stato che per eccellenza è patria del voodoo e della Chiesa Battista, risulta efficace. Così come è interessante la visione della vita provinciale con tutte le sue ambiguità e con la sua presunta coesistenza pacifica e tranquilla. "Haven", il nome della cittadina flagellata dalle dieci piaghe, è sottilmente ambiguo. Esso significa letteralmente "Rifugio" o "Porto Sicuro"; con l'aggiunta di una sola lettera, la "E" si trasforma in "Heaven" ossia "Paradiso".
Inoltre la storia presenta un apprezzabilissimo ribaltamento dei ruoli, degno del romanzo di Richard Matheson "Io Sono Leggenda". Esso viene preparato con cura e presentato in modo onesto e credibile, anziché come un imprevedibile quanto inutile colpo di scena.
A questo deve aggiungersi che forse è la prima volta in tutta la storia del cinema, che la Divinità Cristiana viene presentata in senso "interventista". Infatti, generalmente, nei film horror in cui si assiste all'eterna battaglia fra bene e male, fra Dio e Satana, i seguaci di Cristo vengono sempre rappresentati come dei piccoli uomini fragili ed indifesi, in balia delle oscure forze del male. Nei casi (generalmente rari) in cui questi riescono ad aver la meglio sugli adoratori del Demonio, lo spettatore assiste sovente a qualche assurda forzatura narrativa, come la manifesta imbecillità dei satanisti che, nonostante l'enormità dei loro poteri e delle forze soprannaturali dalla loro parte, compiono una serie di sciocchezze facendosi così sconfiggere dagli avversari.
Forse la produzione avrebbe fatto meglio a tagliare la sequenza finale del dialogo in macchina, perché abbassa e non di poco la qualità del film, ricadendo ancora una volta nel più banale dei cliché.
Sono piuttosto apprezzabili tutti i contenuti e gli spunti di riflessione offerti da questa pellicola, anche se spesso sono toccati solo a volo radente. Troviamo la percezione della diversità come mostruosità nel personaggio di Loren; le insidie del fanatismo religioso tanto nel passato della protagonista, quanto nel presente che viene narrato; l'incolmabile dicotomia fra apparenza e realtà e fra i ruoli di vittima e carnefice; l'eterno conflitto fra scienza e religione fino al paradosso di trasformare anche la scienza in religione.
Sono risibili, invece, tutte quelle argomentazioni critiche che hanno forzatamente voluto conferire a questo film significati politici e politologici.
La pellicola è anche valorizzata dalle buone interpretazioni dell'intero cast. Nessun attore è mai sopra le righe né fuori contesto.
Complessivamente possiamo dire che i difetti più gravi de "I Segni del Male" scaturiscono quasi esclusivamente dalla sua mediocre sceneggiatura, ma anche da una regia non troppo convincente. Ciononostante si reputa che il prodotto finale sia più che dignitoso ed onesto e che offra una serata d'intrattenimento spicciolo con qualche argomento di riflessione.
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Recensione a cura di Carlo Baldacci Carli - aggiornata al 16/04/2007
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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