Recensione jumanji regia di Joe Johnston USA 1995
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Recensione jumanji (1995)

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locandina del film JUMANJI

Immagine tratta dal film JUMANJI

Immagine tratta dal film JUMANJI

Immagine tratta dal film JUMANJI

Immagine tratta dal film JUMANJI

Immagine tratta dal film JUMANJI
 

"Jumanji" rientra, senza alcun dubbio, tra le pellicole che sono riuscite a farsi largo negli anni '90, imprimendo in maniera indelebile i ricordi di migliaia di ragazzi che hanno vissuto infanzia (o pre-adolescenza) proprio in quel periodo.
Il film è tratto da un racconto dall'omonimo titolo e scritto da Chris Van Allsburg, e da questa fonte letteraria è stata anche sviluppata una serie animata statunitense di 40 episodi nella quale si ritrovano quasi tutti i personaggi presenti all'interno del film.
Lo scrittore scriverà successivamente "zathura": racconto simile come tema portante, ma trasposto direttamente nello spazio profondo.

CI SARANNO POSSIBILI SPOILER NEL PROSEGUO DELLA RECENSIONE.

Siamo nel 1969. Alan Parrish, un normalissimo dodicenne in fuga dai soliti bulli, ritrova sotto uno scavo edile uno stranissimo gioco da tavolo, intagliato in legno, con rifiniture molto raffinate  e con un potere che non tarderà a palesarsi.
Alan è figlio di Samuel Parrish, proprietario di una fabbrica di scarpe, e quindi molto conosciuto un tutto il paese. Tra Alan e suo padre non corre buon sangue: il genitore risulta essere molto autoritario e perfino eccessivamente intransigente nei confronti del figlio, portando il rapporto ad uno scontro verbale parecchio acceso.
Amareggiat, Alan rimane solo in casa e prova a consolarsi iniziando a studiare il nuovo gioco, a lui si aggiungerà Sarah Whittle, una sua cara amica.
Il regolamento di Jumanji risulta essere parecchio semplice; e viene riportato proprio su una delle due estremità del gioco: un gioco che sa trasportar, chi questo mondo vuol lasciar. Tira i dadi per muovere la pedina, i numeri doppi giocano due volte e il primo che arriva alla fine vince. Il gioco si basa sul lancio di dadi, ma ad ogni lancio al centro del gioco appare la scritta che prevede quello che Jumanji rilascerà nel mondo reale.
Purtroppo per Alan, il suo lancio di dadi risulterà essere l'ultimo per molto, moltissimo tempo. "Nella giungla dovrai stare, finché un 5 o un 8 non compare".
Alan viene letteralmente risucchiato all'interno del gioco e Sarah, terrorizzata dall'evento imprevisto, si mette in fuga, inseguita da minacciosi pipistrelli sbucati dal nulla.
Passano 25 anni ed il gioco viene ritrovato in soffitta nella medesima casa da due orfani: Judy e Peter. Il gioco, attraverso un rumore ripetuto, riesce a farsi trovare una seconda volta e "costringe" Judy e Peter a proseguire la partita iniziata 25 anni prima.
Peter ottiene 5 ed 8 dal suo lancio di dadi, riportando indietro Alan (che è dovuto sopravvivere per 25 lunghi anni nella giungla). Risolte alcune questioni spinose, come per esempio un leone che si aggira per casa, il trio comprende che per rimediare alle pericolose apparizioni, non resta che concludere la partita. Questa importante decisione implica il coinvolgimento della quarta persona che partecipò alla partita, e cioè Sarah Whittle. Dopo 25 anni Sarah abita da sola in una casa della città, e per tutto quel tempo ha cercato di dimenticare cosa successe quella notte.
Anche lei accetterà, con moltissime esitazioni, di chiudere la partita. Purtroppo per i quattro, Jumanji risulterà parecchio ostico da terminare...

Jhonston risulta essere un regista molto versatile; capace di riuscire ad intrattenere, utilizzando ogni volta differenti elementi. Ancora prima di " Jumanji", il regista aveva girato "Tesoro, mi si sono ristretti i ragazzi" e "Pagemaster l'avventura meravigliosa"; due pellicole che hanno come fulcro centrale proprio il tema del viaggio e dell'avventura. Ma mentre nella prima storia il gruppo di protagonisti si ritrova rimpicciolito (a causa di un macchinario) e disperso nel giardino di casa, nella seconda avventura viene impiegata l'animazione per far vivere ad un protagonista in carne ed ossa un'avventura cartoonesca, ricca di personaggi bizzarri e ambienti fantasiosi pieni di sorprese.
L'intrattenimento di "Jumanji" si basa tutto sull'imprevedibilità di quello che uscirà dal gioco e che metterà a dura prova il quartetto protagonista. Ogni "fuoriuscita" ha una fortissima attinenza con la giungla e lascerà lo spettatore sempre con il fiato sospeso. Baccelli gialli con dieta "carnivora", leoni affamati, scimmie iperattive, ragni giganti, sabbie mobili e molto altro...

Gli effetti speciali sono funzionali alla trama, e visti anche adesso non sfigurano nel complesso. Probabilmente soltanto le scimmie risultano essere fastidiosamente "finte" su contesto reale, ma il resto riesce a coinvolgere senza nessuna difficoltà.
Il film vincerà con pieno merito un Saturn Awards per i migliori effetti speciali dell'anno. Ottimo come al solito Robin WIlliams, mattatore della pellicola e reale trascinatore dell'intera storia. Degna di nota anche una giovanissima Kirsten Dunst nei panni di Judy Shepherd, e sempre in pieno controllo del suo personaggio. Infine merita un plauso anche la brava Bonnie Hunt, vincitrice anch'essa di un Saturn Award per "miglior attrice non protagonista" nei panni di Sarah Wittle.
Se dal punto di vista del cast e degli effetti speciali il film vanta ottimi risultati, lo stesso non si può dire della fotografia. Un film come "Jumanji" è ricchissimo di rimandi della giungla, di elementi che avrebbero potuto dire la loro dal punto di vista visivo. Purtroppo la fotografia si presenta come spenta, quasi un ossimoro se accostata ad una trama con un'azione effervescente e senza un attimo di tregua.
Osservando nel complesso la sceneggiatura, si osserva una trama che non si riesce a divincolare da una sensazione di ripetitività. L'effetto ripetizioni risulta essere allo stesso tempo croce e delizia di questo film: da un lato permette di mostrare le continue sorprese del gioco, dall'altro lega le mani alla vicenda. A causa di questo problema lo spettatore comprenderà quasi immediatamente che non ci sarà spazio per grossi colpi di scena.

La vicenda del film nasconde però alcune tematiche che vengono relegate in secondo piano, ma che meritano assolutamente un approfondimento.
Un elemento che risalta in maniera netta nella primissima parte di "Jumanji" è la grande difficoltà di Alan a rapportarsi con il padre. Il rapporto padre-figlio è un tema sicuramente presente in moltissime pellicole ("Un ponte per Terrabithia", "Stand by me", ad esempio), e jumanji si aggiunge a questo lungo elenco. Samuel Parrish si dimostra poco aperto al dialogo con il figlio, il quale non ha nessuna intenzione di riallacciare un rapporto alle volte logoro e mai realmente soddisfacente dal punto di vista affettivo. Poco prima che Alan scompaia all'interno del gioco, il ragazzo promette al padre che non gli avrebbe mai più rivolto la parola. Negare il dialogo significa negare un proprio percorso di maturazione, vuol dire rifiutare una via magari scomoda, ma obbligatoria per imparare a vivere: confrontarsi con il proprio contraddittorio e arricchirsi con il confronto.
"Jumanji" punisce l'estremo comportamento di Alan relegandolo per 25 lunghi anni a sopravvivere nella giungla con il continuo pensiero di aver lasciato delle cose in sospeso, di non aver mai realmente perdonato i suoi peccati di gioventù. Non è un caso che il cacciatore Van Pelt, altro grande pericolo rilasciato dal gioco da tavolo, sia interpretato dal medesimo attore del padre di Alan (un convincente Jonathan Hyde).
Per tutto il film ALan continuerà a scappare dalla sua nemesi, che nell'aggressività e nella convinzione ricorda moltissimo Samuel Parrish. Al termine della pellicola Alan dovrà affrontare Van Pelt, affrontare il suo passato e quindi confrontarsi contro tutto ciò da cui è scappato per ben 25 anni. Emblematica la frase che pronuncia Alan, e che gli pronunciò in altri frangenti il padre: " un avversario prima o poi va affrontato". Alan non si sposta da Van Pelt quando egli preme il grilletto, ma a quel punto la partita termina e la vita di tutti i protagonisti è salva.
"Jumanji" premia il coraggio di Alan e gli concede una seconda possibilità. ALan e Sarah ritornano al momento di quella sera in cui incominciarono la partita (Judy e Peter non erano ancora nati nel 1969). Quando i genitori di Alan tornano a casa, sarà Alan ad abbracciare il padre. Un gesto liberatorio, da persona matura, da uomo.

"Jumanji" risulta essere una pellicola non esente da difetti, schematica e ripetitiva nelle dinamiche di trama, ma assolutamente capace di intrattenere grazie ad ottimi effetti speciali e ad un cast particolarmente affiatato, nel quale spicca una spanna sopra tutti Williams.

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Recensione a cura di carsit - aggiornata al 06/03/2014 16.47.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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