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Hayao Miyazaki è un genio! Sicuramente iniziare una recensione in questo modo non è il modo migliore ma, se avete la pazienza di visionare la sua filmografia completa, capirete sicuramente il perché!
Il genio dell’animazione giapponese o, se preferite, lo Stanley Kubrick del Sol Levante, questa volta ci regala un’ennesima perla: "La Città incantata" (“Spirited Away” in originale). È incredibile come questo autore, nonostante l’età ed innumerevoli capolavori alle sue spalle, riesca sempre a stupirci con le sue creazioni, delle vere e proprie opere d’arte cinematografica (a chi sostiene che l'animazione giapponese non è cinema, consiglio particolarmente la visione). Le sue storie originali, incentrate sui temi a lui cari e rappresentanti i problemi della civiltà moderna, sono fonte di riflessione: il rapporto tra adulti e adolescenti, l’amore per la natura ed il suo rapporto travagliato con l’uomo, l’amicizia e la solidarietà, la solitudine che da la ricchezza e l’ingordigia sono sempre argomenti di grande attualità, che il regista sviluppa tramite le sue sceneggiature di tipo fantasy.
Ma veniamo al film. La trama iniziale è senza dubbio molto semplice: una bambina goffa e buffa durante un viaggio di trasloco perde i genitori all’interno di un mondo stile “Alice nel paese delle meraviglie”; viene fatta schiava da una strega/governante proprietaria di un bagno pubblico che le cambia il nome da Chihiro a Sen; intraprende un’esperienza iniziatica per riavere la sua identità e la sua famiglia, venendo a contatto con strane creature che sembrano uscite da un incubo piuttosto che da un sogno multicolore. Chihiro/Sen dovrà affrontare diverse prove per spezzare l’incantesimo che ha trasformato i suoi genitori in maiali, utilizzando la sua bontà di cuore, la sua volontà, il suo giudizio ed aiutando a sua volta i fantastici personaggi di questo mondo, creature indefinite che stanno in bilico tra il bene ed il male, il bello e l’orrido, dove niente è quello che sembra. Tutto questo soltanto guardando dentro di sé, affrontando le sue paure ed arrivando ad una maturità che la porterà a crescere interiormente.
C’è davvero tutto in un film di Miyazaki! Il regista fa tesoro dei suoi precedenti capolavori (per citarne alcuni “Porco rosso”, “Princess Mononoke”, “Lupin III”, “Conan”, “Nausicaa della valle del vento”, etc.) e costruisce una pellicola sempre più matura, data la sua capacità di fondere tutti gli elementi che caratterizzano l’animazione orientale: i fumetti, le storie di fantasmi (di cui il popolo del Sol Levante ha una solida tradizione), la spiritualità, miti e credenze giapponesi, la scenografia che richiama il suo Paese. Se poi uniamo questi al nostro “Pinocchio” e alla già citata favola di Carroll, otterremo “La città incantata”.
Non è un caso che il film abbia ricevuto grandi riconoscenze in tutto il mondo: Orso d'Oro al Festival di Berlino e Oscar come miglior film di animazione nel 2002.
La regia è come sempre senza sbavature; difficilmente, visto il suo stile narrativo, ci ricorderemo il fatto di trovarci davanti a personaggi animati durante la visione. Le animazioni sono perfette, i disegni sono molto semplici e colorati ed eccezionalmente rifiniti in puro stile Miyazaki e si discostano molto dalle nuove frontiere supertecnologiche che caratterizzano la nuova ondata di anime giapponesi.
Vorrei concludere affermando che le favole dei giorni nostri sono queste (un calcio morale alla Disney ed alla Dreamworks!) e che Miyazaki ne è l’autore per eccellenza. Difficilmente da bambino sono stato così conquistato da un semplice racconto fantasy.
Aspettiamo il nuovo lavoro del maestro, ok?
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Recensione a cura di Mr Black - aggiornata al 20/09/2005
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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