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L'Uruguay viveva una fase molto difficile a cavallo degli anni settanta. Una crisi economica dilagante che aveva devastato molte fasce sociali della popolazione e di conseguenza il suo malcontento. Molto attivi in questa fase fu il movimento di guerriglia urbana dei Tupamaros, che proprio in quegli anni incrementarono le loro azioni, con rapine alle banche, rapimenti di esponenti politici ed imprenditoriali allo scopo di interrogarli. Un movimento che raggiunse ampio favore in molte fasce della popolazione e divenne una spina nel fianco del governo conservatore.
Tale governo iniziò a sua volta un'operazione massiccia volta alla dei suoi capi che andò in porto con la cattura di nove tra gli esponenti più in vista del movimento, tra cui i tre protagonisti di "La notte dei 12 anni": Josè "Pepe" Mujica, futuro presidente dell'Uruguay, lo scrittore Mauricio Rosencof ed Eleuterio Fernandez Huidobro.
Al momento del golpe militare del 27 giugno 1973 i tre erano imprigionati in carcere, ma in tempi rapidissimi, con una panoramica iniziale a 360 gradi dell'ingresso della sezione del carcere, prelevati a forza e portati presso una prigione militare, fuori dal contesto urbano, messi in una cella singola e costretti a rimanere in piedi, bendati e con la faccia al muro, con il divieto assoluto di parlare fra di loro e con i carcerieri.
Una cesura molto netta perché il golpe muta radicalmente lo status di queste tre persone: da prigionieri diventano ostaggi del governo. Un atteggiamento che mirava a prevenire e mettere sotto ricatto i membri ancora in libertà dei Tupamaros. Ogni atto terroristico che si fosse verificato nel paese, avrebbe avuto un riflesso in negativo sulla sorte di questi "ostaggi". In alcun modo sarebbero stati uccisi, ma questo nuovo e più duro, per non dire disumano, regime carcerario, mirava a farli impazzire del tutto. Soprattutto nella prima parte del film c'è come una discesa all'inferno dei tre. Il mutismo pressochè assoluto, celle anguste e strette per non dire delle vere e proprie buche. Isolarli fuori da ogni tipo di contesto, confinarli nel mondo ristretto della cella.
Da quest'ultimo aspetto l'arco del film possiede un procedimento simmetrico. Il peggioraramento delle condizioni carcerarie nella prima parte ed una lenta risalita dalla seconda parte del film, a sottolineare il deterioramente del regime militare e l'avvento verso la democrazia del paese.
L'approccio al film non è di tipo documentaristico, questo per una chiara scelta operata e mirata a non rendere piatto il prodotto e creare un certo distacco nei confronti della vicenda. Le soggettive iniziali indicano al contrario un percorso opposto, proprio con l'obiettivo di creare una più forte empatia con i tre personaggi. La telecamera viene bendata al pari degli occhi dei personaggi e di conseguenza di noi spettatori che veniamo catapultati nel cuore della vicenda.
Una perdita netta della propria sensorialità. I sensi, tutti i sensi, si devono abituare alle nuove condizioni, sempre più restrittive e la lotta in tal senso è quella di non perdere del tutto la sensorialità fisica e l'equilibrio mentale. La sopravvivenza della propria umanità in un contesto quasi totalmente disumano.
Aggrapparsi a qualsiasi cosa per riuscire ad andare avanti e non impazzire. Un'immagine, un ricordo, le rarissime visite dei familiari che in alcuni casi stentano persino a riconoscere i propri congiunti, persino una partita a scacchi giocata con l'immaginazione e con il codice morse battendo le nocche alle pareti. Essere comunque sempre vivi e vigili, approfittando delle altrettanto rare ore d'aria concesse.
Il regime militare ed i loro rappresentanti sono la quasi totalità delle persone che incontrano durante la lunga prigionia. Spietato e duro nell'applicare le regole e che vengano rispettate alla lettera me se intravede anche il lato grottesco e puerile come quando Huidobro viene condotto in bagno a defecare, ma la manetta legata ad una tubatura ne impedisce la corretta evacuazione. In poche parole è costretto a farla in piedi. Accortosi del problema vengono percorse tutte le gerarchie militari della caserma fino al comandante, per risolvere la situazione.
Ci sono anche momenti in cui il singolo carceriere decide in autonomia di allentare la presa sui prigionieri. Succede quando lo scrittore Rosencof suggerisce al capoposto cosa scrivere nella lettera indirizzata alla propria innamorata. Anni dopo, quando i tre percorrerano al contrario la stessa strada verso la libertà, lo scrittore incontrerà nel medesimo carcere lo stesso ufficiale ed alla domanda che fine avesse fatto quella donna, il soldato risponderà con un ampio sorriso che è sua moglie e madre dei suoi tre figli.
E' un film che entra nella mente e nel cuore di coloro che lo guardano. Si percepisce chiaramente la sofferenza fisica e mentale di queste tre persone che riescono a trovare qualsiasi espediente per non crollare totalmente sotto il peso della prigionia e del ricatto dei militari. Notevole soprattutto dal punto di vista fisico la prova dei tre attori protagonisti Antonio De La Torre, Chino Darin e Alfonso Tort, dimagriti vistosamente di circa venti chili per sostenere la parte. Molto bravo soprattutto De La Torre che al contrario degli altri due è il personaggio più marginalizzato rispetto agli altri due che avevano perlomeno modo di comunicare in morse grazie alla pareti delle celle in comune. Mujica è infatti, quello che più degli altri ha rischiato di finire invischiato nell'abbraccio della follia, causato dall'isolamento pressochè assoluto.
Un film che tocca in profondità la corda delle emozioni, tenendo la retorica ai minimi termini tollerabili, perchè in fondo anche quel minimo è perfettamente lecito di fronte alla storia raccontata e soprattutto apprezzata all'ultima edizione della mostra cinematografica di Venezia. E' stato in assoluto uno dei film più applauditi, sia dal pubblico che dalla critica. Peccato che la giuria di Orizzonti lo abbia completamente ignorato.
"L'uomo guardò il condannato e chiese all'ufficiale:
- Il prigioniero conosce la sentenza?-
- No - disse l'ufficiale - la sentirà sulla sua pelle."
Franz Kafka "Nella colonia penale"
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Recensione a cura di The Gaunt - aggiornata al 29/01/2019 15.13.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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