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Non sempre la nostra immaginazione ha la capacità di intuire pienamente di cosa può essere capace l'uomo, quando regredisce allo stato primordiale per difendere la propria agiatezza e il proprio benessere.
Basta guardare questo film per capire che la realtà, spesso, va ben al di là dell'immaginazione e che la paura crea un muro tra chi ha tutto e il "diverso" che non ha nulla; per capire come il desiderio di sicurezza si trasformi in ossessione, come la differenza di classe possa diventare odio di classe, come cittadini modello possano trasformarsi in giustizieri.
Tutto ciò ci viene mostrato in questo piccolo, importante film, che tutti dovremmo vedere e rivedere, soprattutto i "giustizialisti" di casa nostra, che vedono "il muro" come la sola panacea contro tutti i mali del nuovo millennio.
Vincitore del premio "Opera Prima - Luigi De Laurentiis" alla Mostra di Venezia 2007, dove è stato presentato alle Giornate degli autori, e vincitore dal "Premio internazionale della critica" al Festival di Toronto, "La Zona" è il film d'esordio del trentenne regista Rodrigo Plà.
Uruguayano d'origine, Plà vive e lavora a Città del Messico, una delle città più popolose del pianeta, dove una moltitudine disperatamente povera si confronta quotidianamente con una minoranza di sfacciatamente ricchi che, per paura e per isteria collettiva, si rinchiudono in prigioni dorate, in cui le autorità sono corrotte e la legalità si fa latitante e, invece di cercare di cambiare la società, si costruiscono una sorta di spazio autarchico che gli permetta di evitare di entrare in contatto con le masse disperate che vivono appena al di là del muro, la cui unica alternativa sono il furto e la violenza.
E' questo un film necessario, che tocca corde emozionali molto forti e ci invita a riflettere sull'aberrate principio per cui ognuno è leggittimato a farsi giustizia da sè, quando sente minacciato il suo mondo, la sua sicurezza, il suo benessere.
La Zona è un esclusivo quartiere di ricchi di un'imprecisata città messicana (Città del Messico?), costituito da un'insieme di villette ordinate ed eleganti, una vera e propria isola felice, un'enlave nel cuore della città, in cui gli abitanti hanno costituito una società perfetta e vivono una vita ovattata e protetta, lontani dal caos, dalla povertà, dal fango, dal sudicio, dalla violenza del mondo esterno.
Circondato da un alto muro di cinta, che lo separa dalle favelas circostanti, La Zona e i suoi abitanti sono protetti da un esercito di guardie private e sorvegliati da numerosissime telecamere a circuito chiuso.
Uno scenario tipicamente da terzo mondo, ma a cui tante città dell'agiato occidente stanno finendo per assomigliare, circondate come sono da campi rom e baraccopoli abusive.
Grossi e costosissimi SUV varcano ogni giorno i portoni d'ingresso, con dentro i ricchi proprietari che si recano al lavoro e che non vedono l'ora di far ritorno a casa, alla fine della giornata, per rinchiudersi nella sicurezza della loro indifferente autosufficienza.
Quando una notte un violento temporale abbatte un palo della luce e provoca un black-out che mette fuori uso le telecamere di sorveglianza, tre giovani delinquentelli delle favelas decidono di approfittarne per scalare il muro di cinta e penetrare all'interno della "fortezza", con l'intenzione di introdursi in una delle villette per rubare un po' di soldi o qualche oggetto prezioso.
Ma qualcosa va storto e i tre diseredati uccidono un'anziana signora che, svegliandosi, ha mandato a monte il loro piano: da ladri ad assassini, dunque.
E tutto diventa lecito per i residenti, il cui panico iniziale si trasforma, ben presto, in caccia all'uomo.
Due dei "corpi estranei" vengono subito uccisi dagli abitanti, sotto gli occhi dei ragazzi e di Alejandro (un sedicenne abitante con i ricchi genitori all'interno de La Zona), che assiste allibito all'efferatezza poliziesca del padre; il terzo, Miguel, riesce a scappare ma rimane intrappolato nel quartiere e cerca rifugio nella cantina della villa dei genitori di Alejandro.
Inizia allora una spietata caccia all'uomo per eliminare l'unico testimone, con gli abitanti che si riuniscono in assemblea e decidono di mettere tutto a tacere e, per non perdere i privilegi acquisiti dallo Stato, di occultare i cadaveri e occuparsi personalmente del fuggiasco.
Non tutti, naturalmente, sono d'accordo, ma i dissidenti vengono subito zittiti e tacciati, dalla maggioranza dei residenti, capeggiata dal padre di Alejandro, di incapacità a badare ai propri stessi interessi e di non capire la gravità della situazione.
L'impreparazione degli improvvidi pistoleros è subito evidente: per imperizia rischiano di sparare addosso ai loro stessi figli e umiliano la già corrotta polizia offrendo loro mazzette di pesos in cambio di complicità e tacita licenza di uccidere nell'impunità garantita.
Il giorno del suo sedicesimo compleanno, Alejandro scopre nella sua cantina il fuggiasco, ma ne scopre anche il terrore, che lo rende un essere umano come lui. Scopre anche di avere dei valori etici da difendere, anche a costo di compiere un atto di disubbidienza contro la legge di suo padre, e al costo di inimicarsi gli improvvisati "giustizieri della notte", che si sono dati regole ferree alle quali non è consentito derogare.
Il terribile finale, specchio e matafora della realtà orwelliana che stiamo vivendo, diventa il simbolo emblematico di una politica planetaria della paura, che leggittima il giustizialismo e pratica l'aggressione preventiva, rivolgendo la violenza che teme verso il più debole e il più indifeso.
Costruito come un film poliziesco, "La Zona" è in realtà un horror metropolitano che, seppur estremizzando, circoscrive un mix esplosivo fatto di due mondi che si odiano a vicenda, e fa emergere la speranza che tanti alejandri riescano ad abbattere tutti i muri, simboli di illegalità e di ingiustizie, e per scongiurare un mondo intriso di paura e di paranoia, un mondo in cui si riuscirà infine ritrovare l'uomo.
Il film è interpretato magistralmente da due giovani attori semiesordienti: Daniel Tovar (Alejandro) e Alan Chávez (Miguel), a cui si affiancano Daniel Gímenez Cacho (il prete di "La mala educacion") e la spagnola Maribel Verdú ("Y tu mama también"), che interpretano i genitori di Alejandro.
Notevole la presenza di Carlos Bardem, fratello di Javier, nel ruolo del più spietato abitante de La Zona.
Distribuito in Italia dalla Sacher di Nanni Moretti, "La Zona" conferma la vitalità della cinematografia messicana, una cinematografia poco conosciuta, ma che ha saputo esprimere i talenti di Iñárritu, Cuarón, Del Toro ed ora anche di questo Rodrigo Plà, a cui molti critici predigono un futuro di successi, e lancia un accorato appello ad una società priva di emozione, affinchè sappia ritrovare sè stessa e la capacità di saper abbattere quei "muri" tra le classi sociali, che generano disuguaglianze e favoriscono l'odio e la violenza tra simili.
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Recensione a cura di Mimmot - aggiornata al 11/04/2008
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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