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Film del 2004, diretto da Joshua Marston, coproduzione USA-Colombia, ha sbaragliato opere con maggiore battage pubblicitario ed è stato premiato come migliore opera prima al festival di Berlino e al Sundance film festival.
La storia è cruda, dura: Maria, (Catalina Sandino Moreno) è una ragazza volitiva di diciassette anni. Fosse vissuta in Italia o negli Stati Uniti la sua vita non sarebbe stata molto dissimile da quella delle sue coetanee, divisa tra fidanzatini, feste e studi, ma invece vive nella realtà difficile della periferia di Bogotà, capitale di una nazione tristemente famosa per il suo narcotraffico ed ha una difficile realtà familiare. Così si trova nella condizione di diventare "mula", incensurata portatrice di droga. Maria e le sue compagne di sventura hanno dalla loro parte la gioventù, la bellezza, ma il peso della miseria disperata e disperante. Non vediamo mai sorridere nessuna delle giovani protagoniste del film.
Il loro sguardo tagliente ci accompagna fino alla conclusione della vicenda e ci ricorda l'amarezza delle loro giovani esistenze, ma anche la fierezza propria di un popolo misero, sconfitto ma mai veramente vinto.
Il taglio delle riprese con primi piani, uso della camera a mano, quasi con stile documentaristico, vogliono potenziare nello spettatore il realismo della vicenda anche se il regista americano Marston si concede di tanto in tanto delle ariose immagini di una luminosa e colorata Colombia.
I dialoghi sono scarni, forse questo è una limitazione, ma vogliono sottolineare la scarsa importanza della parola se invece è l'azione quella che potrebbe aiutare a risolvere le situazioni-limite dei protagonisti.
Estremamente realistiche le scene che spiegano allo spettatore in tutte le fasi il lavoro delle "mule" e a questo fa da contraltare lo sguardo da animale sacrificale di Maria, pronta ad immolarsi e a prendere su di sé il peso dei suoi problemi.
Il titolo, duplicemente allusivo, potrebbe suscitare qualche perplessità nei cattolici osservanti ed è per questo forse che i distributori italiani hanno voluto mantenerlo nella lingua originale, ma non vi è intento alcuno di blasfemia.
Un plauso a tutte le interpreti (ancora una volta le donne nella cinematografia di lingua spagnola hanno un ruolo-chiave mentre i protagonisti maschili sono sempre più deboli, nascosti dietro una maschera di finto perbenismo, di autoritarismo o di violenza arrogante e fine a sé stessa); una nota di merito particolare va senza dubbio alla protagonista principale, Catalina Sandino Moreno capace di coniugare nello suo sguardo tutte le sensazioni del suo imbarazzante personaggio.
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Recensione a cura di peucezia - aggiornata al 20/12/2005
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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