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"Homecoming", Candidato maledetto: forse un intruso in una serie tv horror, ma, stranamente, uno dei più apprezzabili. Un mediometraggio che vuole scagliarsi contro la guerra.
Siamo negli Stati Uniti, ove stanno per esserci le elezioni del Presidente della Repubblica. Un partito con i suoi esponenti ha già la vittoria in tasca.
La storia è narrata dal punto di vista di questi (maliziosi) individui, che farebbero di tutto pur di condurre il loro candidato alla vittoria, e in particolare da quello di David Murch (Jon Tenney), uno di loro, ma il più malleabile, il più "sensibile" di tutti.
Per caso, durante un'intervista, costui esprime il desiderio di far resuscitare i morti di una guerra che si stava svolgendo; i cadaveri di questi torneranno sotto forma di zombie, stavolta non per compiere stragi ma per chiedere di votare proprio contro il partito di David, e questo per vendicare le vittime delle guerre che proprio Murch e i suoi sostengono.
Con questa inconsueta trama "Homecoming" si lascia ben guardare, e se solo fosse stato un lungometraggio più pubblicizzato e con un linguaggio un po' più adeguato, sarebbe potuto arrivare al successo.
David è un personaggio che nel corso del film cambierà spesso idea, si lascerà influenzare facilmente sia dagli zombie che dai suoi compagni. Il suo partito è costituito da componenti ipocriti, che approfittano di qualsiasi occasione per coprirsi di gloria, capaci di sfruttare cose e persone per i loro loschi scopi.
Di questi il massimo esempio è un altro personaggio senza il quale (probabilmente) la vicenda potrebbe andare avanti, ma Jane (Thea Gill) costituisce il simbolo di questo gruppo di persone (proprio David è il suo "mentore": le insegna come si parla in pubblico), ed è quindi un personaggio non necessario ma senza alcun dubbio utile a inquadrare la situazione che il film presenta: una donna che fa di tutto (proprio di tutto) per arrivare al successo, e la sua maligna astuzia la porterà a manipolare David come vuole.
Gli zombie, invece, in questo film interpretano la parte dei "buoni", di quelli che sono oppressi proprio dalle persone come David che, non a caso, è una specie di caricatura di George Bush perché, è inutile nasconderlo, Homecoming, scagliandosi contro la guerra, fa soprattutto un'aperta critica all'ex Presidente USA.
Non uccidono nessuno in un'ora di film, a parte un caso in cui il malcapitato è uno dei colleghi del protagonista, vittima di un eccesso di violenza del morto vivente omicida, dopo che si cerca di manovrare quest'ultimo per dimostrare che i soldati resuscitati sono dalla parte del potente partito.
Un'altra cosa viene criticata nel film, e qui la vittima è il solito "Bush": si tratta dei brogli elettorali, per mezzo dei quali il partito vuole tentare di giungere alla vittoria.
Film pieno di colpi di scena, con un finale emblematico, realizzato bene dal "Master of Horror" Joe Dante, pratico sia con gli horror stessi (non crediamo ci sia bisogno di fare citazioni) che con le commedie (tanto per fare un esempio, aveva da poco terminato l'altro film, sicuramente più famoso, cocktail animazione-commedia "Looney Tunes: back in action").
Un mediometraggio che non contiene alcuna scena horror (è horror solo di nome, ma sicuramente non di fatto) o splatter. Viene anche chiamato "commedia", ma con questo film non c'è proprio niente da ridere, anzi, c'è da riflettere molto.
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Recensione a cura di Edgar Allan Poe - aggiornata al 10/02/2010
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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