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Kaylie e Tim hanno una promessa da mantenere. Una promessa fatta da piccoli. Distruggere quello specchio che, 10 anni prima, è stato la causa della follia dei loro genitori. La notte in cui i coniugi Russell morirono segnò infatti la vita dei due fratelli, in particolar modo del più piccolo, Tim, che si ritrovò la mano armata della pistola del padre. Da quella tragedia, per 10 anni, il ragazzo rimase in cura dallo psicologo del carcere ed ora i suoi fantasmi sono spariti, lasciando posto alla certezza di essere stato lui, di suo pugno, ad uccidere il genitore, senza alcun intervento di forze maligne.
Kaylie, durante i 10 anni di detenzione del fratello, ha cercato di non perdere mai di vista lo specchio, fino a poterlo riavere tra le mani per mantenere la promessa. Ma convincere Tim che ormai ha una visione estremamente concreta di quella notte, non è semplice.
I due ragazzi, nella vecchia casa dei genitori e davanti al misterioso oggetto, iniziano ad avere prove tangibili della versione di Kaylie dopo ore di registrazioni con telecamere e computer collegati in rete. Piante appassite di colpo, luci fulminate e soprattutto l'incredibile filmato di loro due che, in stato di totale incoscienza, muovono oggetti a difesa dello specchio.
Il piano di Kaylie che già ne conosce i trucchi è comunque studiato nei minimi particolari: una sorta di àncora appesa al soffitto, azionata da un timer, allo scadere del tempo previsto lo frantumerà in mille pezzi. Tim inoltre non può più negare l'evidenza, inizia a ricordare e rivivere in maniera anche fisica la notte di 10 anni prima, e si convince ad aiutare la sorella a distruggere lo specchio.
Ma ormai, forse, è già tardi.
"Oculus" non verrà ricordato per una sceneggiatura originale, o per effetti da leccarsi i baffi, e nemmeno per la recitazione, la fotografia, o la regia. Ad essere onesti forse in pochi ricorderanno questa pellicola, in generale. Eppure chiunque la vedrà non potrà trovarla noiosa, o scontata, o banale. E questo per merito di una narrazione pulita, senza voglia di stupire, con inquadrature mai ricercate ma funzionali alla storia e a quello che va via via raccontando.
Nato come cortometraggio dalla mente di Mike Flanagan ("Absentia"), che ne è anche co-sceneggiatore, "Oculus" era ambientato in un'unica stanza bianca con un solo personaggio. Nel film i personaggi salgono a quattro più alcune comparse, ma fondamentalmente la storia si sviluppa sulla pelle della famiglia Russell. Rory Cochrane ("Argo" e "A scanner darkly") è Alan, il padre, quello che porta lo specchio in casa, Katee Sackhoff ("Battlestar Galactica" e "Riddick") è Marie, la madre, la prima a subire in modo evidente una sorta di possessione che la porterà a tentare di uccidere i figli. Garrett Ryan ("Insidious 2") e Annalise Basso ("True blood") sono i figli da piccoli, mentre Brenton Thwaites ("Laguna blu: il risveglio") e la bravissima Karen Gillan ("Guardians of the Galaxy") interpretano Tim e Kaylie 10 anni dopo.
La Gillan è una delle più amate protagoniste della serie cult "Doctor Who" (vestiva i panni di Amy Pond), e proprio grazie alla sua passione per la fantascienza, Flanagan l'ha conosciuta e scelta. Il suo viso espressivo, bello ma combattivo allo stesso tempo, rende credibile e interessante la scena in cui Kaylie mostra il frutto delle sue ricerche a Tim: una lunga sequenza di morti tutte legate allo specchio. E ancora più brava si dimostra nello spiegare minuziosamente le precauzioni prese e il piano per distruggerlo, esaltando quello che è un momento solitamente considerato noioso negli horror. Con quel viso da ragazza bella (molto!!!) e brava, ma che già al primo sguardo si capisce che è meglio non toccarle gli affetti onde evitare spiacevoli conseguenze, riesce a trasmettere la serietà necessaria ad un copione che può altrimenti risultare risibile giunti a quel punto. E invece è la giusta anticamera per ciò che avverrà. Scomodando un paragone importante è come la lunga sequenza di esami clinici prima di entrare nella stanza di Reagan.
Bellissima e tecnicamente non semplice è la lunga notte dei fratelli Russell, in cui si mischiano presente e passato, l'adulta Kaylie si gira e guarda il giovane Tim e viceversa, Alan e Marie tornano come presenze fisiche e come ricordi, ed è proprio nei gesti più semplici che spesso il buon Flanagan riserva le sorprese più sgradevoli per i due protagonisti. Lo spettatore viene trascinato nella storia con l'uso sapiente delle quinte, dubita della verità come Tim e Kaylie: hanno veramente detto quella frase, compiuto quei passi, mangiato quella mela? O era l'influsso della forza crescente dello specchio che si nutre della linfa vitale di piante, animali e persone che si trovano nel suo raggio d'azione?
Forse un horror in cui le persone tardano a morire può non essere ben accetto da tutti, ma la forza della struttura creata da Flanagan sta nella crescente curiosità instillata nello spettatore di sapere cosa è accaduto e cosa accadrà, cosa è reale e cosa non lo è. Molti, in verità, potranno immaginare chi sarà a vincere tra Kaylie e lo specchio (basterebbe leggere chi sono i produttori), ma questo nulla potrà togliere ad un meccanismo che funziona benissimo in ogni sua parte.
Complimenti, si attende fiduciosi l'uscita di "Somnia".
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Recensione a cura di marcoscafu - aggiornata al 14/04/2014 11.43.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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