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Otello, generale Moro della Repubblica di Venezia, sposa in segreto Desdemona, figlia del senatore Barbanzio.
Una volta divenuto governatore dell'isola di Cipro, assediata dai Turchi, nomina come luogotenente il suo amico Cassio. Il suo alfiere Jago, geloso sia di Desdemonda che di Cassio, trama alle spalle dei tre e instilla in Otello il sospetto che Cassio e Desdemona conducano una relazione clandestina.
Otello, fattosi convincere dall'alfiere, toglie la vita a sua moglie Desdemona, ma quando scopre l'inganno, per il troppo dolore si toglie la vita egli stesso.
"Otello" uscì sugli schermi americani nel 1952. Non era la prima volta che l'immenso Orson Welles si cimentava con la trasposizione di un'opera di Shakespeare, visto che nel 1948 aveva già girato "Macbeth".
Con "Otello", storia di un amore talmente forte da sfociare in tragedia, Welles si prende qualche libertà narrativa rispetto al testo di Shakespeare e fa cominciare l'azione con il funerale dei due innamorati, caduti vittima di una tragedia causata dalla cupidigia e dall'invidia umana. Il funerale è girato e fotografato in maniera espressionista con uno straordinario gioco di ombre che si stagliano sullo sfondo, sotto i raggi del sole.
Ma è tutta la pellicola ad avere un'ispirazione chiaramente espressionista, dato che è un continuo alternarsi di luci e di ombre, il più delle volte proiettate sui muri dei sotterranei del castello di Otello. Con questo espediente Welles riesce a creare la giusta atmosfera di tensione e disagio nello spettatore. Indicativa a proposito la sequenza in cui il Moro sta per portare a termine il suo intento di uccidere la moglie. Qui vediamo la sua enorme ombra stagliarsi sulle pareti e alle spalle della povera donna, inconsapevole del suo destino e delle sue inesistenti colpe.
Il merito, oltre che al direttore della fotografia (l'italiano Anchise Brizzi), va anche al compositore della colonna sonora (il genovese Angelo Francesco Lavagnino), molto inquietante e coinvolgente. Comunque il merito maggiore va al regista, qui anche nel ruolo di attore protagonista. La sua è un'interpretazione da premio Oscar e ci restituisce tutto il carattere statuario e solenne del personaggio della tragedia, come pure quello personale di Orson Welles.
La sua carriera è stata purtroppo costellata da una miriade di ostacoli che ne hanno condizionato la forza creativa, oltre che la possibilità di ottenere i mezzi per mettere in pratica le sue idee geniali. Ecco perché Welles era costretto a produrre il più delle volte da sé le proprie pellicole, come ad esempio con "Othello". I tempi di produzione del girato inevitabilmente si dilatavano, cosa che rendeva il lavoro di montaggio davvero difficoltoso, visto che scene susseguenti potevano essere state girate magari in periodi molto lontani fra di loro.
Comunque l'enorme talento di Welles e la sua capacità di voltare a suo favore i disguidi, fece sì che, nonostante i problemi e le difficoltà, venisse fuori un film la cui caratteristica peculiare e fondamentale era proprio il montaggio. Il ritmo è infatti così frenetico e frammentato da riuscire a comunicare perfettamente lo stato di febbrile angoscia e gelosia che colpisce il Moro, fiducioso e aperto per natura, ma condotto verso la diffidenza dall'amico-traditore Jago. Questo personaggio è interpretata perfettamente da Micheál MacLiammóir, il quale riesce a dare a Jago il giusto carattere viscido e calcolatore.
Montaggio, fotografia, colonna sonora, recitazione, sono dunque le caratteristiche che caratterizzano positivamente la pellicola. All'inizio fu snobbata dal pubblico e dalla critica, ma poi col tempo è stata giustamente rivalutata come opera completa e interessante sotto molti punti di vista e non solo come semplice trasposizione di un'opera letteraria.
Non bisogna dimenticarsi, infatti, dell'impostazione della tecnica di ripresa, l'arma vincente del genio Welles, che anche in questo caso gioca con la profondità di campo, alternandola con primissimi piani presi da angolazioni particolari. Vedi ad esempio le inquadrature di Otello, sempre più catturato dalla spirale ossessiva nei confronti del presunto tradimento della moglie con l'amico Cassio e sempre più trascinato nel sospetto e nella diffidenza. Si assiste quindi ad un indebolirsi e incupirsi di un carattere originariamente forte e imponente, soprattutto gentile e amorevole nei confronti dell'adorata moglie, "caduta ai suoi piedi" proprio grazie alla grandezza e al coraggio di condottiero e combattente.
Girato tra l'Italia (a Roma e a Viterbo) e il Marocco, ebbe diverse traversie nella realizzazione, come ad esempio l'impossibilità di trovare i costumi per girare la scena del tentato omicidio ai danni di Cassio. A questo disguido Welles ovviò ambientando la scena in un bagno turco, luogo nel quale non c'era bisogno di alcun costume.
Anche gli attori diedero del filo da torcere al regista, perché quasi tutti erano impegnati in altre pellicole. D'altronde Welles stesso, per recuperare i fondi necessari alla produzione di "Otello", era costretto a interrompere le riprese e a prestare la sua opera di attore, come nel caso de "Il terzo uomo", film che il regista stava interpretando proprio in quei mesi.
Da non perdere, comunque, i piccoli camei di Joseph Cotten nel ruolo di un senatore e di Joan Fontaine nel ruolo di un paggetto.
In conclusione si può affermare che "Otello" possiede un elevato valore estetico, come pure una forza comunicativa non indifferente, grazie soprattutto alle giuste atmosfere create dal regista e dal resto del cast tecnico. Con grande perizia si è saputo circondare i protagonisti di questa storia con le giuste ambientazioni, dai sotterranei del castello agli esterni sullo sfondo di un mare perennemente agitato, la giusta metafora dell'agitazione di Otello, al tempo stesso vittima e carnefice.
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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 26/10/2010 11.02.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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