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Nel 1959, gli alunni di una scuola elementare sono invitati a descrivere come s'immaginano che sarà il mondo dopo 50 anni. Al contrario degli altri bambini, la piccola Lucinda Embry consegna all'insegnante un foglio fittamente ricoperto da una sequenza numerica. Gli elaborati vengono chiusi in un cilindro metallico, che viene cementato nel cortile della scuola. Nel 2009, nel corso di una cerimonia scolastica appositamente organizzata, il cilindro viene dissigillato e il foglio di Lucinda capita nelle mani di Caleb Koestler, figlio di John Koestler, professore di astrofisica al MIT. Quando il bambino si dimentica di restituirlo e torna a casa con il documento, John si rende conto che al suo interno si cela una terribile profezia.
Tessitore di elaborati incubi dark (Il Corvo, Dark City), in seguito riciclatosi come regista di impersonali blockbuster riusciti a metà (Io, Robot), Alex Proyas ritorna con Segnali dal futuro, convincente incursione nel genere apocalittico-catastrofico, anche se lontano dall'originalità degli esordi. Nonostante gli assunti di base della sceneggiatura di Ryne Douglas Person oscillino tra il mistico e il ratzingeriano, con risultati anche risibili, l'overdose veterotestamentaria (molto americana) suscita al più un malcelato sogghigno, senza compromettere la plumbea compattezza del film. Al massimo viene da chiedersi se non si tratti degli ultimi strascichi ideologici dell'ex amministrazione Bush, fortunatamente in via d'esaurimento.
Creazionismo o evoluzionismo? Rigido determinismo, che presuppone un disegno divino nell'universo, oppure indeterminismo e casualità? In sintesi, religione o scienza? L'astrofisico Nicholas Cage, depresso vedovo con figlio a carico, non ha dubbi: non esistono finalità superiori, semplicemente, e con una certa frequenza, "shit just happens". Ma quando il piccolo Caleb, bambino prodigio nonché vegetariano precoce, riceve la busta che contiene in forma cifrata le profezie, alquanto iettatorie, di Lucinda Embry, tutto cambia. Durante una notte insonne, Cage scopre che l'ininterrotta sequenza numerica profetizza una serie di incidenti e calamità naturali, tutti eventi che si sono effettivamente verificati durante gli ultimi 50 anni. Certo, il fatto che le prime cifre si riferiscano, guarda caso, proprio all'11 Settembre 2001 contribuisce a metterlo sull'avviso. Sconvolto, confida le sue inquietudini all'amico Phil, il quale gli consiglia di prendersi un periodo di riposo. Il problema è che sul foglio restano ancora tre date, molto vicine, che si riferiscono ad eventi che devono ancora verificarsi. Riuscirà Cage a scongiurare questi terribili incidenti? E chi sono gli uomini misteriosi che cercano di avvicinare suo figlio Caleb? Quello che è certo, è che la razionalità dell'astrofisico andrà in pezzi sotto l'incalzare degli avvenimenti, fino ad approdare ad una conclusione che manderà in brodo di giuggiole i credenti più oltranzisti.
Se il messaggio sottinteso, veicolato da Segnali dal futuro con la delicatezza di un minatore impazzito che sferri picconate a destra e a manca, fa rabbrividire, bisogna ammettere che Proyas riesce a rendere il film incalzante, appassionante e a suscitare più di un brivido gelido lungo la schiena. Il cinema ha sempre flirtato con l'Apocalisse, dal pionieristico Deluge (1933) fino al recente L'alba del giorno dopo, si direbbe anzi che uno dei fini non secondari dell'immagine in movimento sia quello di offrire un catartico esorcismo delle paure collettive che da secoli affliggono l'umanità. E questa volta il film possiede una sua coerenza, dato che il regista riesce a farsi prendere sul serio suonando su una nota sola, la più cupa possibile. Tra irrinunciabili lacerti biblici, materiale spurio necessario a fornire credibilità (si fa per dire) alla narrazione, e sequenze architettate con tutti i crismi del genere catastrofico, s'insinuano persino alcune deviazioni dalla norma, come la concitata sequenza dell'incidente aereo, tutta camera a mano e zoom improvvisi, o la decisione, non si sa se più kitsch o più azzeccata, di accompagnare la sequenza finale con la Sinfonia Numero 7 di Beethoven.
Segnali dal futuro, impreziosito dalla bella fotografia di Simon Duggan, tutta giocata su una tavolozza di colori autunnali e crepuscolari, e dallo score di Marco Beltrami, vede anche un Nicholas Cage meno atroce del consueto, che cerca di smorzare la sua recitazione costantemente sopra le righe, mentre assai più bravo appare il giovanissimo Chandler Canterbury, nel ruolo di Caleb.
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Recensione a cura di Nicola Picchi - aggiornata al 09/09/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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