Recensione solaris (1972) regia di Andrei Tarkovskij URSS 1972
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Recensione solaris (1972)

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locandina del film SOLARIS (1972)

Immagine tratta dal film SOLARIS (1972)

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Immagine tratta dal film SOLARIS (1972)

Immagine tratta dal film SOLARIS (1972)
 

"La risposta russa a 2001 Odissea nello spazio": è questo lo slogan, ingiusto e fuorviante, con cui la versione italiana di "Solaris" veniva presenta al grande pubblico.
Il grande maestro russo ci regala un'opera dall'altissimo valore allegorico, in cui l'elemento fantascientifico è davvero marginale rispetto alla profonda indagine introspettiva che coinvolge in prima battuta il protagonista e in seguito il pubblico... più che di fantascienza, Tarkovskij parlerebbe di fantacoscienza.
All'origine della sceneggiatura del film di Tarkovskij vi è l'omonimo romanzo dello scrittore polacco Stanislaw Lem, pubblicato alla fine degli anni sessanta con evidenti fini politici, anche se sotto forma di metafora.
Il tema centrale di Solaris è il problema etico e morale della conoscenza umana e dei limiti che l'uomo deve darle, che Tarkovskij incentra sull'incontro dell'uomo con l'ignoto, con una conoscenza del tutto estranea alle regole terrene, mettendo in evidenza come l'assoluta impreparazione psicologica porti l'uomo a demolire tutte le sue certezze e lo obblighi ad una profonda indagine introspettiva, le cui conseguenze potrebbero anche essere estreme.
Quale posto migliore per indagare il proprio Io, se non una sperduta stazione orbitante, lontana dalle regole terrestri, dove gli uomini sono obbligati a scoprire se stessi?

Lo splendido preludio corale di Bach ci introduce alle vicende del film.
Dopo strani fenomeni registrati nella stazione orbitante intorno al pianeta Solaris, lo psichiatra Kris Kelvin (Donatas Banionis) viene inviato dal governo sovietico per fare luce sugli strani comportamenti dell'equipaggio, che senza alcuna spiegazione plausibile ha interrotto i contatti con la Terra.
A convincere definitivamente Kris a partire è il messaggio di soccorso che gli arriva direttamente dal suo amico Gibarjan, comandante della spedizione esplorativa di Solaris.
Kris trascorre la sua ultima giornata terrestre nella abitazione paterna, dove comunica all'anziano genitore la sua imminente partenza verso la stazione orbitante illustrandone i motivi; il padre non sembra per niente convinto della missione e discute animatamente con il figlio, dando vita al dialogo che è poi la dichiarazione di intenti di Tarkovskij per tutto il film: per Kris Kelvin il fine della missione è dare limiti alla conoscenza umana, mentre il giudizioso genitore asserisce: "(...)la conoscenza è morale, ci riteniamo onnipotenti, ma a volte siamo incapaci di distinguere ciò che è morale da ciò che non lo è ".
La secca risposta di Kris è che: "(...) è l'uomo a rendere la conoscenza morale o meno"!

Nella medesima abitazione arriva l'ex cosmonauta Berton, giunto per svelare a Kris alcuni dettagli della sua esperienza su Solaris.
Molti anni prima Berton si era trovato nell'atmosfera di Solaris, inizialmente la fittissima nebbia davanti a lui gli impediva di intravedere alcunché ma, diradata la foschia, aveva visto (e non immaginato) qualcosa che non esisteva sulla terra: aveva visto materializzarsi davanti ai suoi occhi un mastodontico bimbo dallo sguardo vagamente maligno che lo fissava.
Questo inspiegabile evento era stato discusso dagli alti responsabili aerospaziali russi con lo stesso Berton che, raccontando ciò che ha osservato, ha provocato solo scetticismo misto a sospetto sulla sua salute mentale.
Dopo aver rivisto con estrema inquietudine il filmato di qualche anno prima con tutta la famiglia Kelvin riunita, Berton parla apertamente con Kris, raccontando che le figure che Solaris aveva materializzato davanti a lui erano il prodotto dell'inconscio degli astronauti che vi erano stati e invita il giovane psichiatra a non farsi suggestionare dalle "creature" che si presenteranno davanti a lui e soprattutto lo dissuade dall'eventualità di bombardare il plasma pensante di Solaris con i raggi X, visto che la reazione della psiche umana di fronte alle forme che eventualmente si materializzerebbero a seguito di queste radiazioni sarebbe imprevedibile.

Kris Kelvin, scettico, chiarisce che la sua missione è mettere fine a queste "pericolose ossessioni".
Berton, irritato dalla sufficienza del suo interlocutore, interrompe bruscamente la discussione.
Kris, prima di abbandonare definitivamente la casa del padre, improvvisa davanti ad essa un falò di vecchie carte che risalgono agli anni in cui frequentava l'università; tra gli appunti, le riviste e fogli vari compare la foto di una misteriosa donna, che Kris deciderà di salvare dalle fiamme e portare con se.
Giunto nella stazione orbitante, con estremo stupore non vi trova nessuno.
Solo una pallina da gioco che rotola fino ai suoi piedi (immagine che verrà riproposta da Kubrick in "Shining") tradisce la presenza a bordo del dottor Snaut (Jurij Jarvet) da cui apprende che l'amico Gibarjan si è suicidato e viene avvertito di non dare eccessiva importanza alle eventuali visioni di cui potrebbe essere vittima.
Recatosi nella stanza che ospitò Gibarjan, Kris Kelvin trova un registrazione fatta dall'amico poco prima di uccidersi che lo avverte di non pensare di essere pazzo se dovesse trovarsi di fronte a inspiegabili fenomeni e avvertire oscure presenze; queste, secondo Gibarjan, erano dovute al magma di Solaris.

Subito dopo incontra l'altro scienziato a bordo, Sartorius (Anatolij Solonicyn), che in maniera alquanto brusca lo allontana dalla sua stanza (ricacciandovi dentro un minuscolo uomo che cercava di uscirne) ribadendogli di non farsi impressionare da ciò che vedrà.
Anche quando era stato da Snaut, aveva notato che lo studioso nascondeva "qualcuno" nella sua stanza... ma come era possibile - si chiede Kris - se nella stazione orbitante dovevano essere solo in tre: Snaut, Sartorius e il suicida Gibarjan?
Le misteriose presenze che si aggirano intorno ad essi sono la risposta di Solaris alla radiazione di raggi X a cui è stato sottoposto; il plasma pensante ha sondato la psiche degli astronauti dando forma ai desideri inconsci, paure, ossessioni, feticismi, ricordi...
Solaris ha il potere di materializzare i fantasmi che abitano nella loro coscienza.... questa è la conclusione a cui perviene lo psicologo quando al suo risveglio trova davanti ai suoi occhi una giovane donna, che è essenzialmente la copia di sua moglie Khari (Natalja Bondarcuk), morta suicida dieci anni prima.
Intimorito dallo spettro della moglie defunta, cerca di sbarazzarsene mandandola in orbita all'interno di una navicella spaziale... rimanendo però ustionato dalle fiamme sprigionate dal razzo durante la partenza.

Medicato da Snaut, finalmente apprende dallo scienziato che le presenze nella stazione orbitante non sono altro che 'replicanti', figure generate dall'oceano pensante di Solaris che da forma alle immagini che abitano l'inconscio degli uomini estrapolate durante il sonno... ma non sono corpi in carne ed ossa, composti da atomi, bensì da neutrini (ovvero di antimateria) e resi stabili solo dalla vicinanza dal campo magnetico di Solaris.
Inizialmente Kelvin è incredulo, ma deve ricredersi quando Khari ricompare nuovamente nella sua camera e feritasi con la porta metallica del vano, vede le sue lacerazioni cicatrizzarsi miracolosamente.
Tarkovskij introduce a questo punto un'indagine filosofica ed esistenziale che riguarda i due scienziati: Snaut e Sartorius e lo scettico psicologo Kelvin; il confronto è vivace, a tratti ruvido.
Per Sartorius la "verità" scientifica costituisce un valore assoluto, un "imperativo categorico" indipendente dall'uomo stesso.
Per Snaut è doveroso riconoscere la necessità dell'indagine scientifica soltanto in relazione ai doveri che la scienza ha verso l'uomo.
Di tutto altro avviso è Kelvin, critico verso la scienza, che si domanda: "Ma perché andiamo a frugare nell'universo quando non sappiamo niente di noi stessi?"

A conclusione di questa disputa, Snaut e Sartorius decidono che vi sono solo due soluzioni per mettere fine alle apparizioni dei replicanti: la prima è quella di trasmettere al plasma di Solaris le radiazioni dell'encefalogramma di Kelvin durante il suo stato di veglia, visto che i replicanti appaiono quando gli scienziati dormono.
La seconda, la soluzione estrema, è quella di usare l'annichilatore, strumento capace di dissolvere la strutture del plasma di Solaris e dei replicanti presenti nella stazione orbitante.
Kelvin, pur consapevole che la figura femminile che lo accompagna non è realmente sua moglie, sente riaffiorare verso quella creatura quei sentimenti da tempo assopiti e decide di accantonare la sua missione per continuare a vivere con lei nella nave spaziale.
Khari infatti incomincia a comportarsi esattamente come un essere umano: prova emozioni e sentimenti, essendo essa stessa un prodotto della coscienza di Kris ma si rende conto di essere vista da Sartorius e Snaut come un'estranea, quasi un essere ostile da eliminare, sente ormai di essere un peso per l'uomo che un tempo fu suo marito.

L'amore che la replicante prova per Kris la porta a tentare, invano, il suicidio.
L'encefalogramma di Kris viene trasmesso al plasma di Solaris facendolo cadere in uno stato di incoscienza in cui sogna di riabbracciare la madre.
Al suo risveglio scopre che Khari ha deciso di scomparire sottoponendosi all'annichilatore creato da Sartorius e con lei sono spariti tutti i replicanti, ma al contempo sono comparse alcune isole nell'oceano di Solaris.
Il finale che Tarkovskij ci regala è a dir poco sorprendente, suggestivo e poetico allo stesso tempo.
Vediamo Kris imboccare il viale che lo conduce alla casa paterna; scorge l'anziano genitore nell'uscio e giuntogli dinanzi, si inginocchia in lacrime ai suoi piedi quasi a riprendere l'immagine biblica del figliol prodigo.
L'immagine si allarga, e man mano che la cinepresa si allontana e la nebbia che avvolge la casa si dirada, scopriamo che la scena si svolge in un'isola...un'isola immersa in un oceano.

Il finale risulta ancora più emblematico in quanto non vuole darci alcuna certezza sul luogo del suo svolgimento, quanto sulla struggente ansia del ritorno del figliol prodigo, che avverte l'insostenibile senso di colpa di colui che trasgredisce la norma, mettendo in discussione le sue convinzioni e dovendo poi ricredersi.
Il plasma dell'oceano di Solaris ha reso consapevole Kelvin delle infinite forme che l'uomo può incontrare nell'universo, ma che per sua natura non può comprendere; l'uomo non è maturo per staccarsi dalla abituale esistenza e avventurarsi nello spazio.
Per Tarkovskij l'uomo vive sotto un'Autorità (in questo caso il padre di Kris) che si prende cura di lui, lo avvisa dei pericoli che corre e ad Essa l'uomo deve rendere conto.
Per Kris l'unico modo per ottenere la redenzione dalla sue colpe è ottenere il perdono del padre (l'Autorità) che lo aveva dissuaso dai suoi intenti... tra le braccia dell'anziano genitore riconosce di aver sbagliato e supplica il perdono.

Insomma, è improponibile qualsiasi accostamento di "Solaris" a "2001: Odissea nello spazio", opera con cui Kubrick ci infonde una smisurata fiducia nell'esperienza cosmica dell'uomo; il monolito di 2001 eleva l'uomo primitivo fino alla conquista dello spazio, fino a farlo rinascere come "feto astrale" con un'infinità di mondi in cui potrà continuare la sua esistenza.
Per Tarkovskij invece l'uomo è un essere imperfetto, deve essere consapevole del suo stato e non pensare che tutto possa essere esplorato e conosciuto.
Solo quando l'uomo prende coscienza dei propri limiti può pensare di superarli.
Piuttosto che alla conoscenza scientifica a tutti i costi, fatta di certezze incontrovertibili e del rifiuto dell'ignoto, Tarkovskij preferisce la conoscenza irrazionale data all'uomo dall'ARTE, da sempre strumento principe della conoscenza umana.
"La scoperta artistica si presenta come una rivelazione, come un desiderio appassionato e improvviso di afferrare intuitivamente tutte in una volta le leggi del mondo - la sua bellezza e il suo orrore, la sua umanità e la sua ferocia, la sua infinità e la sua limitatezza. L'artista le esprime creando l'immagine artistica che è uno strumento sui generis per cogliere l'assoluto. Per mezzo dell'immagine si mantiene la percezione dell'infinito dove esso viene espresso attraverso le limitazioni: lo spirituale attraverso il materiale, lo sconfinato grazie ai confini". (A.Tarkovskij)

Durante tutta la pellicola si nota come Tarkovskij citi opere del pittore concettualmente a lui più affini, Pieter Bruegel, con alcune delle sue opere più significative che si rinnovano a distanza di secoli in alcune scene allegoriche di "Solaris"; tra le più efficaci abbiamo: La torre di Babele, Il paesaggio con la caduta di Icaro, Il trionfo della morte, Cacciatori nella neve... opere che rivivono in "Solaris" senza perdere la forza evocativa del loro originale su tela.
Particolarmente emblematica è proprio l'ultima opera citata, i Cacciatori nella neve, resa da Tarkovskij nella scena in cui il bambino accende un fuoco nella neve nel filmato che Kris mostra a Khari; Bruegel rappresenta un gruppo di cacciatori che si aggirano alla ricerca della selvaggina in un paesaggio completamente innevato; nella sua scena, Tarkovskij sembra piuttosto alludere alla ricerca spirituale... in cui la ragione (il fuoco che il bimbo cerca di accendere in mezzo alla neve) a stento riesce a innescarsi nel ghiaccio dell'irrazionale.
Insomma, "Solaris" potrebbe essere un quadro, un'opera lirica, una poesia, un saggio di filosofia... ma più semplicemente è una pellicola complessa, ricca di spunti di riflessione che mostra per l'ennesima volta tutta la poesia e la maestria del grande regista russo.

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Recensione a cura di Antonio Cocco - aggiornata al 06/03/2006

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