Recensione superman regia di Richard Donner USA 1978
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Recensione superman (1978)

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locandina del film SUPERMAN

Immagine tratta dal film SUPERMAN

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Immagine tratta dal film SUPERMAN
 

Ideato sul finire degli anni '30 da due studenti nordamericani (uno statunitense e l'altro canadese), già sulle pagine dei fumetti della DC Comics, Superman incarnava un misto perfetto di ideali, forza e mistero, che in brevissimo tempo fece breccia nel cuore degli americani.
Produrre, scrivere e dirigere il film su un personaggio intoccabile, costituiva una vera sfida. Il precedente creato dalla serie televisiva, resa celeberrima dall'attore George Reeves che rappresentò per i giovani dell'epoca un vero e proprio idolo, costituiva un muro insormontabile. Il rischio di un flop di quelli che rovinano per sempre una casa cinematografica era reale e per molto tempo il progetto attese in un cassetto.

Come più volte accade, per demolire antiche paure, a volte, occorre un outsider: per Superman ve ne furono due, provenienti – per l'epoca – davvero da un altro mondo; Aleksander e Ilya Salkind erano padre e figlio russi (sebbene Ilya fosse nato nel Messico), e non possedevano tutto questo timore reverenziale verso il personaggio. Si rivolsero a Richard Donner, il quale, con carta bianca, diede un taglio personalissimo alla storia da trasferire sul grande schermo.

Il progetto era un doppio film concatenato al punto da non essere mai interrotto, un antenato del "Signore degli Anelli", ma alcune problematiche soprattutto di matrice economica determinarono un parziale sconvolgimento dei piani.

"Superman – The Movie" resta, in ogni caso, nella sua struttura originaria.

Il film si divide in tre fasi ben distinte. La prima è riservata all'origine: siamo su Krypton e ci viene fornita la rappresentazione di ciò che è Superman prima di giungere sulla Terra; quasi un prologo. La seconda parte è ambientata a Smalville, in casa Kent. Infine, con l'arrivo a Metropolis, il film "prende il volo" ed è il caso di dirlo.

"Superman – The movie" è ben più di un film di fantasy. "Questa non è una favola..." è la provocatoria frase di apertura che ascoltiamo al principio.

L'ambientazione a Krypton è un intervallo senza tempo, dove lo spazio è annullato dalla perfezione del bianco. Il pianeta è un coagulo di saggezza, sapienza, pazienza. Gli edifici sviluppano una struttura orientata al cielo, come in un continuo dialogo tra suolo e universo. Si potrebbe tranquillamente affermare che occupi un'altra dimensione, ultraterrena in tutti i sensi.

Un complesso armonico di virtù dove gli abitanti sono esseri austeri, dai nobili comportamenti e dai toni pacati. Parlano un linguaggio aulico, la loro pronuncia è enfatica. Da millenni devono aver sperimentato che i multipli affanni di una vita tradizionale non servono a nulla. Molto meglio coltivare il bene in tutti i suoi aspetti: educare secondo i più sani principi, sviluppare le conoscenze più complesse, resistere alle condizioni più avverse.

Il pianeta Krypton è – tuttavia – un pianeta difficile a causa della sua sfortunata posizione: il suo sole rosso ha permesso alla popolazione del pianeta di sopravvivere a tutte le avversità della sua atmosfera, ma è adesso pronto a riprendersi tutto. Sta per diventare una supernova e la fine è vicina. Jor-El, uno dei più sopraffini scienziati del pianeta, se n'è accorto, e ha maturato già la decisione di lasciare che almeno suo figlio sopravviva al disastro. Ha preparato una capsula speciale dove Kal-El potrà superare un viaggio di due anni come nell'interno di una incubatrice; in questo stupefacente mezzo di trasporto – nel tempo e nello spazio – il padre ha avuto la cura di depositare tutta la sua conoscenza, grazie alla tecnologia di cui vanno tanto fieri.
Marlon Brando e Susannah York, che prestano i loro volti a Jor-El e a Lara, offrono allo spettatore uno dei più bei ritratti che una coppia di genitori possano avere. Lara stringe il piccolo al petto e attende che tutto sia pronto. Ma intanto, espone tutti i suoi dubbi sulla scelta della Terra: sono arretrati, indietro di migliaia di anni, ma Jor-El ha calcolato tutto. L'atmosfera terrestre è più blanda di quella di Krypton, il vantaggio gli servirà.

Lara torna alla carica: "Sarà strano, diverso..." ma Jor-El è sicuro: "Sarà forte, praticamente invulnerabile". A tal punto, interviene il cuore di mamma: "Sarà isolato, e solo!" e Jor-El trasforma la sua certezza in roccia: "NO! Lui non sarà mai solo."
Questo alternarsi di dubbi e sicurezze, di fragilità e forza, è una complessa dicotomia che si trasfonde, simbolicamente, in tutto il genere umano. In quel momento il piccolo Kal-El sta ereditando tutto il patrimonio dei genitori: non solo quello genetico che già possiede, ma idealmente con il loro commiato, Lara e Jor-El gli mostrano la complessità e pertanto la infinita bellezza del loro essere. Al di là della potenzialità spettacolare del momento, mai nessun altro action-movie proveniente da fumetti avrà il medesimo spessore simbolico.

Jor-El completa l'allestimento del viaggio introducendo il "modulo di energia", un cristallo che si distingue su tutti per il suo colore verde, rispetto agli altri che brillano per la loro trasparenza.

Viene il momento di far partire la capsula, e Jor-El toglie il piccolo dalle braccia di Lara. Si avverte fisicamente e sentimentalmente il distacco, che razionalmente la madre ha già fatto proprio.
Nel sigillare la navicella, come ultimo commiato Jor-El dichiara, in un monologo intensissimo, il proprio testamento: il figlio diventa il padre e il Padre, il Figlio. La vita di Krypton non cesserà di esistere.

La navicella si allontana, il sole rosso esplode e del pianeta non resta che il ricordo, insieme a miliardi di particelle di kryptonite che si disperdono nell'infinito.
Il viaggio del piccolo Kal-El procede ininterrottamente con l'eco di Jor-El che non abbandona mai suo figlio. Una frase colpisce particolarmente: "Ti è proibito interferire con la storia degli Uomini".

Arriviamo sulla Terra, e alla seconda parte del film.

Se su Krypton avevamo vissuto brevemente una dimensione ultraterrena, oltre che extraterrestre, sulla Terra troviamo una coppia di adorabili personaggi: i coniugi Jonathan e Martha Kent.

Il tracciato seguito nella costruzione della vita a Smalville delinea quel limbo problematico che è sempre stata l'adolescenza. Per Clark c'è l'aggravante di essere davvero diverso, così come aveva profetizzato la madre. Ma qui l'amore paterno sopravviene a tutto: Jonathan (interpretato da un meraviglioso Glenn Ford) sostituisce a tante parole il suo braccio sulla spalla del figlio. Il papà terrestre offre quel pizzico di carnalità che non aveva goduto appieno il piccolo Kal-El. Non c'è bisogno di tante spiegazioni, i genitori adottivi hanno amato quel piccolo viaggiante su una meteora appena l'hanno visto. Costituiscono la trasposizione di Jor-El e Lara sulla Terra, con quel tocco di normalità che occorre per sentire il personaggio vicino a noi. Una cosa però è certa: quel meteorite è caduto qui "per qualche motivo". Piccole frasi, sguardi, gesti insignificanti, eppure restano come scritte nel marmo quando la persona che le dice, scompare.

Con la morte del papà terrestre, Clark lascia definitivamente la sua adolescenza: è una di quelle ferite del cuore che lasciano il segno e fanno crescere, seppure a caro prezzo. Teniamo presente questo momento, perché sarà richiamato alla fine.
Come un "richiamo della foresta", il modulo di energia che avevamo visto delicatamente passare dalle mani sapienti di Jor-El all'interno della capsula diffonde la sua carica vitale: Clark deve andare a Nord.

Attraverso un viaggio lungo e solitario con se stesso, giunge all'estremo Nord percorribile. Il cristallo verde è un segnale della eterna presenza del padre, delle sue origini: questo prodigioso oggetto riproduce una struttura simile a Krypton sulla Terra: la Fortezza della Solitudine.
Ancora una simbologia: il viaggio interiore/esteriore, la ricerca del proprio essere, la ricerca di risposte alle continue domande di chi ancora non si è affacciato del tutto alla vita. La risposta alla eterna domanda di ognuno: "Chi sono veramente?"

La Fortezza della Solitudine diventa una sorta di Tempio, il luogo di interposizione tra l'uomo e la divinità, il luogo dove due mondi paralleli possono incontrarsi, coesistere.
Le mura della Fortezza sono trasversali: anche questo non è un caso. Ogni cosa può assumere un diverso significato se visto da una angolazione alternativa. La struttura della Fortezza va dunque al di là delle apparenze, e "attraversa" le ordinarie dimensioni. Le travi si congiungono in una sorta di abbraccio: il senso di accoglienza e di rifugio va al di là del limite umano di percezione e lo supera. L'incrocio delle traverse infatti lascia spazio anche all'inesplorato: non formano un triangolo chiuso come nelle Piramidi, ma un'apertura all'ignoto, come gli assi cartesiani ortogonali con il limite posto all'infinito.

Gelide, asettiche, perfette, bianche e silenziose: le mura della Fortezza vanno oltre l'ordinario sentire, e all'interno celano il cuore pulsante del pianeta Krypton, il calore che Clark cercava.

Quel complesso di attribuzioni umane e divine che è Jor-El si materializza, come voce del passato eppure solido come carne viva. Tra Fede e mistero, tra amore infinito e scienza, le parole di Jor-El scrivono le formule mancanti per risolvere tutti gli enigmi di gioventù di Clark.
Conoscendo per la prima volta la propria natura, Clark lascia che il proprio ego terrestre rimanga come copertura del Kal-El che decide di offrire i propri poteri al servizio del bene che dovrà difendere. Assunte le fattezze di un uomo ormai adulto, Kal-El spicca per la prima volta il volo e guida il telespettatore alla terza parte del film.

L'ambientazione è a Metropolis, città simbolo che a tutti appare simile a New York. Qui si trasferisce Clark che ottiene un impiego come giornalista al Daily Planet.
Inizialmente orientato a vivere un'esistenza da terrestre, nell'eterna lotta tra il bene e il male, Kal-El, ribattezzato "Superman" dalla collega/amica/spasimante Lois Lane che lo trova "un uomo super" deve per forza fare i conti con entrambi i suoi lati: quello umano e quello di acciaio.
A complicare le cose è la sua debolezza per gli esseri umani meritevoli di protezione.

Sembrerebbe quasi che Donner abbia voluto tradurre in chiave fantasy la sostanza della differenza tra Antico e Nuovo Testamento. Da un lato conosciamo un Dio forte, rigoroso e che detta le Leggi. Dall'altro troviamo il rivoluzionario messaggio Evangelico che l'Amore smuove le montagne.

E con Superman l'amore che smuove le montagne lo troviamo davvero: nel corso delle sue avventure necessarie per dar corso all'action movie che tutti si aspettavano, l'uomo delle meraviglie si getta perfino nelle viscere della Terra per reggere la California che sta precipitando nella breccia della faglia di Sant'Andrea.
Una trasposizione del "reggere il peso del mondo" evangelico.

Il male sempre in agguato, rappresentato in un sapiente mix di malvagità e humor da Lex Luthor (splendidamente interpretato da Gene Hackman) sta quasi per ottenere il suo scopo, ma gli interventi dell'uomo di acciaio riescono a respingerli, anche se ad un caro prezzo.
In tutto il suo armeggiare tra disastri ed esplosioni, infatti proprio Lois resta all'interno di una crepa formatasi dal sisma californiano. Per lei non c'è più nulla da fare, eppure in un impeto di rabbia e frustrazione, ribellandosi alle cose accadute, Superman si oppone allo sfacelo che devasta il suo cuore. E lì torna a tuonare Jor-El: "Ti è proibito interferire con la storia degli uomini", generandogli disorientamento. Ma tornano in parallelo anche le parole di Papà Kent, che si erano scolpite nell'animo: "Se so una cosa di te, è che tu sei qui per qualche motivo". E riaffiorano le ferite del cuore che si erano aperte con la morte del padre: "Tutte le cose che so fare, tutti questi poteri, e non sono riuscito a salvarlo!".

Dunque la decisione è presa: in una sequenza che combatte con la logica e la scienza, Superman descrive un moto contrario a quello terrestre, tutto intorno al pianeta, costringendolo a tornare indietro fisicamente ed anche nel tempo. La spettacolarizzazione si impadronisce del nesso logico, ma il messaggio è chiaro: quando tutto sembra definitivo, quando niente sembra dare una soluzione, la riscrittura di regole, la messa in discussione delle certezze, il rivoluzionare ciò che appare solido, il non fermarsi alle apparenze, la visione da altre angolazioni genera un miracolo.
Superman riesce a far tornare indietro nel tempo tutto il mondo fino a salvare Lois da morte certa, rinunciando tuttavia all'amore personale in favore dell'amore totale, decidendo di mettere la propria vita definitivamente al servizio degli altri. Ecco il motivo per cui Kal-El è giunto sulla Terra, e la visione completa della sua missione viene chiarita non da Jor-El, ma dal padre terrestre, che così completa nel modo perfetto la sua esistenza.

In una progressione memorabile di voli nel cielo, con gesti quasi di abbraccio verso l'aria che lo sostiene e l'universo da cui proviene, il sorriso perfetto di Superman accompagna un ideale saluto e un arrivederci alla successiva pellicola. Le stesse sequenze chiuderanno tutti i film della serie, in un commiato ideale dagli spettatori proveniente dal cielo, così come i titoli di testa ci avevano sapientemente e letteralmente proiettati in un'altra dimensione.

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Recensione a cura di antoniuccio - aggiornata al 02/12/2011

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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