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Il ritratto del volto truce del comunismo nell'Etiopia di Mengistu.
Un uomo con i suoi fantasmi lungo trent'anni di storia dell'Etiopia è ciò che racconta "Teza" ("Rugiada"), il film di Haile Gerima vincitore del premio speciale della giuria alla 65a Mostra del cinema di Venezia nel 2008. E sono fantasmi che si chiamano ideali, socialismo, rivoluzione, ma che tradotti in vita vera suonano come terrore e morte, fame, violenza e disperazione.
Tutto era iniziato attorno al 1974 con la caduta di Haile Selassie deposto dalla giunta militare di Mengistu Haile Mariam e la successiva instaurazione del regime comunista. Già da qualche anno Anberber e l'amico Tesfaye vivevano da fuoriusciti in Germania alimentando speranze in un futuro migliore per il loro Paese.
Con una scansione diacronica degli avvenimenti, partendo dal presente e inseguendo lo svolgersi dell'azione attraverso incursioni apparentemente confuse nel passato, mescolando avvenimenti di ieri con quelli dell'altro ieri e del giorno prima ancora senza un ordine cronologico preciso, la narrazione conduce passo dopo passo dentro al dramma vissuto dall'Etiopia nell'arco temporale di quel trentennio cruciale per la sua vita all'affacciarsi del nuovo millennio.
Piano piano vediamo diluirsi il ruolo da protagonista di Anberber che, seppure presente come voce narrante e attore principale negli avvenimenti che racconta, in realtà è soltanto il mezzo per avvicinare lo spettatore alla tragedia del suo popolo. Le scene sono cruente, il sangue è vero; la vita nei villaggi è un inferno. Tra superstizione e povertà la gente subisce i soprusi del potere che lascia spazio ad avventurieri e violenti i quali poco o nulla hanno a che vedere con l'ideologia marxista, cercando bensì spesso soltanto soddisfazione alle loro vendette personali, secondo l'atavico principio tribale dell'«occhio per occhio, dente per dente».
E mentre la nave affonda (l'Etiopia, metaforicamente) i nostri eroi continuano a nutrirsi di sogni e speranze di redenzione nella lontana Germania. Sarà Tesfaye a rompere gli indugi e a fare il primo passo di avvicinamento, rientrando in patria alimentato dall'idealistica illusione di aiutare la sua gente a progredire, lui che aspira a salvare milioni di vite con la sua ricerca in campo biomedico. Ed è oggetto invece di critiche e di rampogne per avere scelto di abbandonare la donna (tedesca e bianca) che gli ha dato un figlio. Ma il richiamo della madrepatria e quello delle sirene del socialismo sono più forti di ogni vincolo di sangue. Eccolo ad Addis Abeba pronto a offrire tutto se stesso in nome della causa.
Anberber non tarderà a seguire l'amico sebbene con altro scopo in mente. Per lui è fondamentale il legame con la terra, con il suo villaggio, la sua famiglia. Eppure per quanto provi sembra non riuscire mai a raggiungerla, impedito nel suo cammino dalle feroci critiche rivolte al regime, critiche che gli verrà imposto di abiurare a prezzo della sopravvivenza. Non vi è più scampo: alla morte di Tesfaye, assassinato da un gruppo di fanatici guidati da un rivale che disprezza il suo ruolo di intellettuale, Anberber prenderà il suo posto per una missione scientifica in Germania dell'Est. Siamo ormai negli anni ottanta.
Il ritorno in Germania gli è fatale: un gruppo di bianchi xenofobi e razzisti dopo averlo picchiato lo scaraventa da una finestra procurandogli fratture multiple e l'amputazione di un arto.
L'avvenimento segna la rottura definitiva di Anberber con l'Occidente, riportandolo verso l'Etiopia dove si troverà a convivere con i suoi mostri e i suoi fantasmi. Sarà un approccio lento e doloroso che lo avvicina alla riscoperta dei valori della sua gente oltre che della vita stessa. Abbandonate le speranze in un mondo nuovo più giusto e più equo, potrà finalmente dedicarsi alle persone che gli sono accanto: l'anziana madre e la giovane Azanu che affianca la donna nelle faccende domestiche e dalla quale Anberber avrà un figlio.
Su queste note il film si chiude mostrando un Anberber che, preso il posto del maestro – come svanito nel nulla – insegna a leggere e a scrivere ai bambini nella scuola del villaggio, mettendo finalmente a frutto per uno scopo utile il suo sapere.
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Recensione a cura di Severino Faccin - aggiornata al 17/03/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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