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L'intensità della messa in scena ammalia lo sguardo. Col suo ultimo lavoro Brian De Palma si conferma un maestro nel portare sul grande schermo il noir d'autore... e che autore.
Addirittura James Ellroy, dal cui romanzo è stata trasportata abbastanza fedelmente la storia della Dalia Nera, The Black Dahlia, vecchio caso tutt'ora irrisolto che ha ossessionato lo scrittore per oltre quarant'anni. Ellroy vedeva analogie nel caso dell'attricetta brutalmente uccisa nella Los Angeles degli anni quaranta, con quello di sua madre, anch'essa assassinata.
Proprio qui entra in scena l'impianto filmico, De Palma ci trascina in un mondo di perdizione e ormai antichi valori, quella Hollywoodland, così cambiata nei decenni, ma rimasta la stessa nel profondo dell'anima.
Le atmosfere torbide che accompagnano la voce off del detective Bleichert, raccontano in immagini una città nella quale si consumano crimini efferati e violenze d'ogni sorta, richiamo alla nascita di una metropoli degna di Howard Hawks che si sente al centro del mondo e attorno a cui tutto ruota in modo disincantato.
"The Black Dalia" è un intreccio esaustivo e ben costruito, un noir a cui però manca la sua vena più dark nell'esprimere un intrigo che paradossalmente affascina meno della retorica stessa che vorrebbe narrare. La storia si perde nel momento in cui non riesce a dare sostanza al ritmo del racconto, creando quel senso di mancanza, grave per un plot di questo livello.
A sostegno di tale tesi sono le interpretazioni degli attori (tra i quali si salva la sempre brava e qui affascinante Hilary Swank), piuttosto superficiali per l'intera pellicola o addirittura sopra le righe.
Se calcoliamo che, di fronte ad un plot letterario colmo di percorsi secondari, depistaggi, ambiguità traducibili solo grazie al potere immaginifico della parola scritta, David Fincher era già stato costretto alla resa, ci facciamo un'idea di come ci si possa perdere tra le pagine del romanzo.
Nonostante questo, il De Palma regista si fa ammirare in tutta la sua maestria, con piani sequenza e scene d'antologia, adducendo al film il suo tocco sublime da navigato mestierante e fuoriclasse della macchina da presa, che però gira a vuoto all'interno di un copione davvero di difficile interpretazione.
Se De Palma ricalca esaustivamente il patinato universo hollywoodiano, diviso equamente tra starlette, investigatori e giornalisti, minore è il suo apporto nello sbrogliare i nodi del racconto, a partire dalla vicenda di Mr. Fuoco (Aaron Eckhart) e Mr. Ghiaccio (il protagonista, Josh Hartnett), due agenti di polizia ed ex-pugili uniti da una forte amicizia e dall'amore per l'attraente Kay Lake (Scarlett Johansson).
I detective, che vivono e respirano nel sottobosco della L.A. anni '40, rimangono ossessionati dal ritrovamento del cadavere della Dalia Nera, aspirante attricetta e prostituta occasionale, orrendamente mutilato e abbandonato in un campo.
Le cose si complicano quando Bucky, nel corso delle indagini, si imbatte nella misteriosa Madeleine Linscott, ambigua dark lady curiosamente somigliante alla Dalia, con la quale intreccerà una torbida relazione che avrà ripercussioni sull'intera vicenda.
La ricostruzione puntuale della Hollywoodland scintillante e grondante di promesse disattese, opera del nostro premio Oscar Dante Ferretti, e le cupe ambientazioni che dominano la maggior parte delle scene, rappresentano le componenti più suggestive di un film complesso da definire che non soddisfa sino in fondo, nonostante il tentativo del regista di citare il suo cinema più grande, accompagnando visivamente quel dramma di vite spezzate dagli interessi dell'egoismo umano.
Mescolando tutti gli ingredienti in un maestoso calderone di sequenze e dialoghi impegnati, "The Black Dalia" alla fine appare come un'opera estremamente ben confezionata a cui però manca il lato più suggestivo, una sorta di linearità che si perde nella confusione dei moventi gettati in pasto allo spettatore.
Come se all'insieme del film mancasse una parte della pellicola, come se avessimo uno spezzone incompleto dai cui fotogrammi ci apparisse nuovamente il volto seducente di Elizabeth Short, per trasmetterci il suo senso di inquietudine. Una sensazione così struggente, beffarda e infinitamente degna della Dalia Nera.
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Recensione a cura di Simone Bracci - aggiornata al 13/10/2006
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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