Voto Visitatori: | 7,71 / 10 (182 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 9,00 / 10 | ||
La vita di tre donne in tre epoche diverse si incrocia, accomunata dalle vicende narrate nel romanzo "Mrs Dalloway". Loro sono: Virginia Woolf, che nel 1923 comincia a scrivere il romanzo in preda alla depressione e all'esaurimento; Laura Brown, casalinga degli anni '50 insoddisfatta della propria vita e decisa a darle una svolta in seguito alla lettura del romanzo; Clarissa Vaughan, che ai giorni nostri vive di persona le vicende del romanzo e si prende cura del suo ex ora malato di aids, per cui sta organizzando una festa perfetta.
"The hours" è principalmente un film sconvolgente e travolgente, che scombussola le viscere e rimane impresso a lungo. La drammaticità degli episodi narrati non rasenta neanche lontanamente il patetismo, ma riesce a rimanere sull'equilibrio dell'eleganza e dello stile, affascinando lo spettatore grazie all'altissima qualità tecnica della pellicola, accompagnata dalle straordinarie note di Philip Glass che incorniciano alla perfezione tutte e tre le epoche differenti, tutte e tre le donne, tutte e tre le loro storie di piccoli o grandi patimenti, di insoddisfazioni e delusioni. Più che le parole, che comunque si imprimono come un marchio a fuoco nelle nostre menti, ad avere importanza capitale sono gli sguardi intensissimi delle tre superlative protagoniste e i gesti più semplici che assumono però, in determinati contesti, significati enormi e quasi imperscrutabili. Ed è così che il semplice fatto di rompere delle uova o di cucinare una torta, si trasforma in una mancata esplosione di emozioni e di sensazioni represse e trattenute. Ed è così che l'affacciarsi ad una finestra, l'uscire da una stanza o il chiudere un porta, ci trasmettono tutti i sussulti interiori delle tre donne lontane nel tempo e nello spazio, ma vicinissime nella loro esperienza di vita, nello scorrere delle ore (da qui il titolo della pellicola) che si susseguono durante una giornata decisiva per le sorti di ognuna di loro.
Virginia Woolf (interpretata da una Nicole Kidman che si è totalmente annullata per entrare a viva forza nel suo personaggio), affiancata da un marito presente e partecipe dei suoi dolori, è stanca di vivere ritirata a Richmond, solo perché dei dottori le hanno prescritto un periodo di ritiro per riprendersi dai suoi problemi psichici. L'unica cosa che riesce a tenerla ancora in vita è la stesura del suo nuovo romanzo, "Mrs Dalloway", nel quale una signora sta organizzando una festa per un suo caro amico poeta. Continua a ripetere che qualcuno, nel suo romanzo, deve morire proprio per far sì che tutti coloro che rimangono in vita, possano apprezzare ulteriormente questo dono. Virginia non riesce ad uscire dalla sua depressione e dalla sua stanchezza di vivere e nemmeno la visita di una sorella amatissima, che però apparentemente non comprende i suoi dolori, riuscirà a risucchiarla fuori dal tunnel nel quale è rimasta impelagata.
Laura Brown (un'intensissima e comunicativa Julianne Moore), è una casalinga sposata con un uomo gentilissimo e amabilissimo e in attesa del suo secondo figlio. La donna sta preparando una festa per il compleanno di suo marito, proprio come fa Mrs Dalloway nel romanzo che lei sta leggendo, ma qualcosa la turba profondamente. All'incapacità di essere felice in una vita che non fa per lei, che non riesce a vivere perché non vuole viverla, che non riesce ad accettare perché non sopporta, si aggiunge la scoperta di una vena omosessuale (altro elemento che accomuna le tre protagoniste di questa pellicola), che la condurrà a prendere la decisione più difficile che le sia mai capitato di prendere.
Clarissa Vaughan (la strepitosa e immensa Meryl Streep), da dieci anni convive con la sua compagna, ma da molti più anni si prende cura di un suo ex-amante, un poeta malato di AIDS (il mostruoso, in tutti i sensi, Ed Harris), per il quale sta preparando una festa a seguito della premiazione ottenuta per il romanzo da lui scritto. La donna, soprannominata dall'amico "Mrs Dalloway" proprio perché sempre intenta a preparare feste ed eventi mondani, sotto una patina di sicurezza e di padronanza della propria vita e delle proprie azioni, nasconde un'immensa paura e una sorta di instabilità emotiva che trova il suo preludio nello scoppio di un pianto isterico alla presenza di un vecchio amico perduto e poi ritrovato.
Difficile riuscire a decidere quale sia l'interpretazione migliore, visto che le tre grandissimi attrici riescono a trasmettere tutte le emozioni possibili ed inimmaginabili e ad immedesimarsi totalmente e camaleonticamente nei loro profondissimi personaggi. Non sono da meno nemmeno tutti i comprimari (John C. Reilly, Toni Colette, Claire Danes, Jeff Daniels, Stephen Dillane), nel ruolo di personaggi che devono "sopportare" la vicinanza di queste tre donne difficili e quasi ingestibili. Ad accomunarle, al di là del romanzo e delle vicende narratevi e dei ai temi dell'omosessualità e del femminismo, c'è proprio l'insoddisfazione della propria vita e l'insopportabilità del peso di viverla, nonché la voglia di porre fine, in un modo o nell'altro (il suicidio è l'altro elemento che direttamente o indirettamente le accomuna) alle proprie sofferenze o ai propri problemi. Il pesante filo che le unisce è reso visivamente grazie ad una regia molto pulita (se si escludono alcuni momenti di poetica e intensa visionarietà, come la scena di Julianne Moore nella stanza d'albergo) che si avvale di primi piani che restituiscono allo spettatore tutta la forza emotiva delle tre donne e da un magistrale montaggio che non rende confusionario lo spostamento nelle tre epoche diverse (contraddistinte da un differente uso della fotografia) e che, invece, è funzionale al racconto e alla comprensione delle vicende (indicativa al riguardo la sequenza iniziale nella quale ci vengono mostrate alternativamente le tre donne nel mentre compiono gli stessi gesti).
Altro fattore di capitale importanza è la sceneggiatura che, ispirata alla vita di Virginia Woolf, oltre che al suo romanzo "Mrs Dalloway" e a quello di Michael Cunningham "The hours", molto probabilmente è il piatto forte di questa pellicola, soprattutto perché riesce nell'intento di non essere altamente confusionaria e retorica, ma decisamente perfetta anche nei dialoghi e soprattutto nella caratterizzazione di ciascun personaggio. Il cerchio si chiude proprio da dove tutto ha avuto inizio, il suicidio di Virginia Woolf che si immerge nel lago con le tasche della vestaglia piene di pietre e che trova nella morte la liberazione dai suoi demoni e dalle sue pene.
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Recensione a cura di A. Cavisi - aggiornata al 03/04/2009
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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