Voto Visitatori: | 4,88 / 10 (8 voti) | Grafico | |
Voto Recensore: | 4,50 / 10 | ||
Una ragazza (Émilie Dequenne) mentre fa i conti con dei depravati motociclisti che la pedinano per la strada, incontra un uomo molto promettente (Benjamin Biolay), che la aiuta a salvarsi dal pericolo e la conduce in una desolata locanda gestita da una vecchia e corpulenta donna (Yolande Moreau), chiamata "signora Pack".
Scongiurato il pericolo dei motociclisti, che decidono di darsi alla fuga dopo le minacce ricevute dalla Pack, la protagonista perde di vista il suo compagno e si mette a cercarlo per tutta la notte. Fin quando viene stordita e rinchiusa in una cella, proprio dall'uomo che l'aveva salvata, figlio della barista. I due si riveleranno dei pazzi squilibrati che praticano torture e omicidi, vivendo fuori legge senza possibilità di essere scoperti. Poi però ecco l'aggiunta di altri villains: un'orda numerosa di mostruose creature in cerca di sangue, al servizio delle quali lavorano i due pazzi sopraccitati: una specie di hobbits pelle-ossa con facce deturpate che mutilano con i loro morsi gli arti delle povere vittime catturate dalla signora Pack.
Franck Richard ci mette poco per rivelare la sua passione per il cinema del passato ed infarcisce la sua pellicola di stereotipi ed elementi topici dell'horror, creando una serie di richiami con "The Descent", "Calvaire" e "Frontiers". La nazionalità franco-belga inoltre fornisce ottime aspettative in merito, se pensiamo ad esempio a piccoli gioielli prodotti proprio in questo paese ("Martyrs", "A l'interieur"), che hanno riscosso successo in tutta Europa. Peccato che l'opera del cineasta al suo esordio sia davvero lontana dalla bellezza e dal fascino delle pellicole a cui fa riferimento. C'è poco, se non nulla, da salvare; colpa di una sceneggiatura paragonabile ad un formaggio emmenthal: gustoso sì, ma pieno di buchi. Un paragone per dire che la storia non è costruita con un filo logico, infatti sequenze, fatti, conseguenze si snodano senza una vera e propria ragione. Alleanze, discrepanze, colpi di scena, interventi imprevedibili di personaggi risultano così illogici, poco curati e incomprensibili.
L'unico elemento positivo è la signora Pack, che ricorda molto la madre di Leatherface nel remake del 2003, con il suo modo di fare ambiguo e cinico, con le sue fattezze corpulente e la violenza innata, accompagnata da un sadismo che sembra avere origini nella morte del fratello, al seguito di una frana nella miniera (ma i "risvolti" psicologici sono comunque poco accennati e tutto è lasciato semplicemente intuire). La scena di lei, seduta sotto la pioggia, mentre impugna un fucile, pronta ad uccidere chiunque le si avvicini è efficace, oltre che un esplicito omaggio a Romero e alla "Notte dei morti viventi". Non riescono invece a colmare le lacune di una sceneggiatura fiacca e confusionaria gli altri personaggi (Charlotte e Max), privi di uno spessore psicologico, oltre che pessimi attori. Infine qualche scena gore (molto moderata) e una colonna sonora piacevole non riescono a salvare la pellicola dal finale disastroso: poco chiaro, derivativo (la sequenza onirica è un ennesimo richiamo a Marshall) e poco coinvolgente.
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Recensione a cura di dubitas - aggiornata al 23/07/2013 11.43.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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