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Dopo aver incendiato una fattoria, Kristen viene portata in stato confusionale in un istituto psichiatrico. Il lugubre reparto che condivide con altre quattro ragazze comincia ben presto ad essere teatro di strani eventi ed avvistamenti del fantasma sfigurato di una ex paziente, mentre le ragazze cominciano a scomparire una dopo l'altra.
Per non fare la stessa fine, Kristen deve trovare una via di fuga o risolvere il mistero che lega il fantasma al passato dell'istituto.
"The Ward – Il reparto" segna il ritorno di John Carpenter dopo nove anni e lascia più di qualche dubbio: in America il film uscirà direttamente in home video e la qualità complessiva dell'opera non fa certo gridare allo scandalo per questa decisione.
Simile a tantissimi altri film anche recenti, ma girato con pochi mezzi e poca convinzione, "The Ward" è un horror che non spaventa e non stupisce, perdendosi in contraddizioni e in una involontaria indecisione su quale tipo di storia raccontare.
I difetti peggiori sono tutti in una sceneggiatura assolutamente incoerente, che tradisce le più semplici regole del rapporto tra autore e pubblico: se c'è una sorpresa finale (prevedibile o meno, questo dipende da quanto lo spettatore è navigato), se il mistero si risolve in un plot twist che stravolge quanto visto fino a quel punto, è necessario che il pubblico, inconsapevolmente, sia stato sfidato in maniera leale ad arrivarci da solo.
Ci sono, in effetti, alcuni passaggi che portano a concludere che non siamo nella tipica storia di edifici infestati, ma tali passaggi – pochi e molto veloci – sono affiancati a lunghe scene esplicite, in cui il fantasma aggredisce ed uccide le ragazze, assolutamente inspiegabili alla luce della verità finale.
Senza spoilerare, lo stesso punto di vista scelto per narrare la vicenda rende del tutto incoerente il fatto che ci vengano mostrate scene di cui Kristen non sia a conoscenza o peggio ancora, completamente incoerenti: una in particolare è chiaramente una scena sovrannaturale (oggetti che si muovono da soli mentre la protagonista dorme) ma durante lo svelamento finale si vede che le cose non sono andate come sono state mostrate.
"Il sesto senso", "The Others", "Shutter Island": il colpo di scena – seppur prevedibile – non è in contraddizione con il resto del film. "The Ward" nega ripetutamente questa regola. Il mistero del fantasma assassino si risolve in un plot twist neanche banale (per un horror) ma non coerente con molte delle scene del film, a cominciare dalla prima.
Di positivo c'è la prova di Amber Heard, che comunque – nonostante la sceneggiatura – riesce a fornire una prova intensa e sfaccettata. Non la vedremo tra le candidate all'Oscar l'anno prossimo, ma se sceglie oculatamente i film (suggerimento: evitare cose come "The Ward") può avviarsi su una bella carriera.
Per il resto, purtroppo, i personaggi sono stereotipi monodimensionali che si fa fatica a digerire: l'infermiera arcigna, il dottore ambiguo, l'inserviente manesco. Non c'è prova d'attore che tenga, i ruoli sono un collage di già visto e già sentito decine di volte.
Esteticamente, il film soffre drammaticamente di una fotografia piatta, usata solo per illuminare la scena e una regia che definire "classica" sarebbe solo una gentilezza nei confronti della carriera di Carpenter; se poi "The Ward" è un omaggio ad un cinema d'altri tempi, allora si può discutere se sia un omaggio riuscito o meno, considerando il fatto che il mostro scheletrico, che appare in ogni santo specchio da cui si distoglie per un momento lo sguardo, oggi fa più ridere che paura ed un horror che non spaventa è soprattutto un film poco riuscito.
Il make-up del mostro probabilmente risente del basso budget a disposizione, ma si poteva fare qualcosa di meno banale in ogni caso, così come il lavoro sulla colonna sonora è ritagliato sul tipico progressivo innalzamento del volume e del tono in prossimità delle improvvise apparizioni del mostro.
Trucchi d'altri tempi, datati e ormai poco efficaci. Neanche un principiante oggi avrebbe il coraggio di ricorrere a questi espedienti.
L'impressione è che senza il nome di Carpenter, probabilmente anche in altri mercati il film avrebbe avuto la stessa sorte che ha avuto in USA, ma forse la dimensione di questo film è proprio quella del salotto di casa, in mancanza di altro, la domenica pomeriggio, per combattere il calar delle palpebre.
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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 31/03/2011 15.32.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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