Recensione toto' contro maciste regia di Fernando Cerchio Italia 1962
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Recensione toto' contro maciste (1962)

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locandina del film TOTO' CONTRO MACISTE

Immagine tratta dal film TOTO' CONTRO MACISTE

Immagine tratta dal film TOTO' CONTRO MACISTE

Immagine tratta dal film TOTO' CONTRO MACISTE
 

Totò nei suoi ultimi anni di vita (morì il 15 Aprile del 1967) teneva in cantiere numerosi progetti cinematografici di un certo impegno; erano idee filmiche di buon valore che non riusciva a realizzare per ragioni di salute (problemi alla vista, sessanta sigarette al giorno, etc.) e d'incomprensione con i produttori. Questi film non erano solo comici.
Nella storia cinematografica delle opere di Totò manca quindi una importante serie di film, legata a idee più mature, opere incompiute che avrebbero arricchito ulteriormente la sua già brillante immagine professionale.

Federico Fellini lo voleva per il film "Il Viaggio di G. Mastorna", interrotto per la seria malattia del regista riminese; Alberto Lattuada gli aveva proposto un film tratto da una novella di Pirandello dal titolo "La cattura" e lo stesso Totò contava di realizzare la trasposizione sullo schermo di un "Don Chisciotte della Mancia" e un altro film da realizzare con le vecchie tecniche del muto.

Se solo fosse riuscito a compiere gli ultimi lavori ideati e messi in programma l'attore napoletano avrebbe dato un quadro di sé molto più completo e vero.

Gli unici cinque film che ci dimostrano in modo plausibile quanto Totò potesse esprimersi su diversi livelli professionali, non necessariamente comici, sono stati "Uccellacci e uccellini " (1966), "La terra vista dalla luna" (1966), "Che cosa sono le nuvole" (1967) di Pier Paolo Pasolini, "Il comandante" (1963) di Heusch e La Mandragola (1965) di Alberto Lattuada, tratto da un grande testo teatrale di Nicolò Machiavelli, in cui Totò interpreta il ruolo di frate Timoteo.

Nel 1966 Totò vinse una Palma d'Oro speciale al Festival di Cannes, e un nastro d'Argento come migliore attore di quell'anno.

In quei film egli ha dimostrato tutte le sue capacità di attore drammatico-poetico. Opere realizzate grazie al fertile rapporto artistico avuto in quel momento da Totò con diversi registi, autori di fama.
I produttori più industriali dei film di Totò volevano però andare sempre sul sicuro investendo solo sulla parte più commerciabile del suo talento.
Nonostante ciò il comico napoletano dimostrerà in ogni film la sua grandezza comica e parodistica, andando inoltre sempre al di là della semplice applicazione della sceneggiatura. Il suo genio espressivo lo porterà, infatti, a inventare dal momento del ciak in poi numerose battute, tutte di graffiante satira o parodia o d'indecifrabilità sintattica ma di buon effetto umoristico.

Ed ecco quindi nel 1962 il film parodistico, girato in Egitto, "Totò contro Maciste" del regista Fernando Cerchio, autore tra l'altro di "Lulù", "Segretissimo", "Per un dollaro di gloria" ed "I misteri di Parigi".
E' un'opera quella di Cerchio in cui s'impone per bravura il duetto Totò-Taranto che nella pellicola desta sempre un notevole interesse evitando cadute di attenzione verso la noia.
I due attori dimostrano un affiatamento fuori dal comune, ciò risulterà molto importante nel favorire, senza pause, una tensione comica per tutta la durata del film.
Famosa e irresistibile la frase pronunciata da Totò alla guida dell'esercito egiziano prima dello scontro contro Maciste, che dà l'idea di come l'attore napoletano trovasse con estrema facilità modi surreali di esprimersi: "Egizi, noi abbiamo lance, spade, mortaretti, tricche tracchi e castagnole. E con queste armi potentissime spezzeremo le reni... a chi..? A Maciste e i suoi compagni, a Rocco e ai suoi fratelli... Armatevi e partite!".

Il film, parodia del genere muscoloso, è girato in pieno fiorire del genere "storico-mitologico" chiamato dai francesi peplum, di cui Cerchio è stato uno dei massimi autori.
Il film analizzato con parametri critici classici o moderni non avrebbe niente di razionalmente apprezzabile, se non l'evidente presenza di un codice cinematografico sicuro ed efficace, perché già collaudato in altri film dello stesso genere.
La parodia è fragile, troppo grossolana, insignificante e imprecisa rispetto alla realtà che vuole in qualche modo rappresentare, anche se la sceneggiatura non è da considerare insufficiente; manca un rapporto vero con la vita storica, anche mitologica, cioè con ciò che si vuol distorcere a fini comici, per cui non si entra mai in modo preciso nei paradossi dei personaggi reali presi in questione.

Lo studio di questi ultimi presupporrebbe un impegno analitico diverso, profondo e faticoso per via delle contraddizioni e dei limiti che animavano i protagonisti di allora.
Il contesto storico in cui si muovevano i personaggi del film andava studiato con molto più impegno, soprattutto per quanto riguarda la ricerca dei fatti e dei costumi che lo caratterizzavano.
Eppure Totò stravince di nuovo, facendosi beffa di tutto il già conosciuto cinematografico. Un successo ottenuto grazie ai misteri del suo carisma espressivo, e in virtù di uno sguardo assurdo e surreale, mimico per natura, animato da un oggetto invisibile che si muove solo nell'oscurità della sua mente.
Il racconto attrae in modo irresistibile senza che nessun critico sappia dire perché; Totò è ancora vivo, con tutti i suoi misteri artistici, e forse lo sarà per sempre.
Totò obbliga a ripensare sui concetti di bravo e dotato riferiti a un attore, riapre le porte all'indefinibilità dei rapporti umani e artistici, quindi ai misteri dell'infinito... Cinematografico.

Il film rispecchia un po' quella che è considerata la parte caratteriale più criticabile dell'italiano medio di tipo mediterraneo, cioè la pigrizia congenita, la vigliaccheria sostituita dall'astuzia geniale, la passionalità frenata a stento dalla paura di apparire comici.
Totokamen cerca di evitare il nemico in uno scontro troppo diretto, dove avverrebbe per lui un orribile massacro, e lo fa con tutta una serie di trovate estremamente comiche; alla fine avrà la meglio sul muscoloso Maciste grazie all'astuzia.

Il film vuol prendere in giro la muscolosità esibita, allora molto in voga, sottolineando il valore dell'intelligenza e delle buone maniere.
Un riferimento mitologico parallelo al film potrebbe essere anche quello tra il Ciclope ed Ulisse, nell'Odissea di Omero.
Lo scontro tra la forza del Ciclope e l'astuzia di Ulisse, che per fuggire al mostro si fa chiamare Nessuno, è emblematico. Ulisse riuscirà a fuggire dal Ciclope ingannandolo con la parola e seducendo i sui desideri infantili di onnipotenza con promesse che nascondevano in realtà tranelli ben mimetizzati.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 10/09/2007

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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