Recensione truman capote: a sangue freddo regia di Bennett Miller USA 2005
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Recensione truman capote: a sangue freddo (2005)

Voto Visitatori:   6,63 / 10 (81 voti)6,63Grafico
Miglior attore protagonista  (Philip Seymour Hoffman)
VINCITORE DI 1 PREMIO OSCAR:
Miglior attore protagonista (Philip Seymour Hoffman)
Miglior attore in un film drammatico (Philip Seymour Hoffman)
VINCITORE DI 1 PREMIO GOLDEN GLOBE:
Miglior attore in un film drammatico (Philip Seymour Hoffman)
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locandina del film TRUMAN CAPOTE: A SANGUE FREDDO

Immagine tratta dal film TRUMAN CAPOTE: A SANGUE FREDDO

Immagine tratta dal film TRUMAN CAPOTE: A SANGUE FREDDO

Immagine tratta dal film TRUMAN CAPOTE: A SANGUE FREDDO

Immagine tratta dal film TRUMAN CAPOTE: A SANGUE FREDDO

Immagine tratta dal film TRUMAN CAPOTE: A SANGUE FREDDO
 

Per la sobria regia di Bennett Miller e con la "mostruosa" interpretazione di Philip Seymour Hoffman (indebolita per l'Italia da un doppiaggio troppo caricaturale rispetto alla voce originale), "Truman Capote: a sangue freddo" appare essere un'operazione interessante.
Tratto dalla biografia di Gerald Clark (già alla prova con la vita di Mae West, Elizabeth Taylor e Joseph Campbell), il regista ambisce ad imitare lo stile del romanziere, creando un film-documento sulla nascita di un libro che fonderà un genere (il romanzo-documento) e rivoluzionerà il mondo della letteratura.

Truman Capote, penna raffinata della rivista The New Yorker, vuole mettere in atto una sua vecchia teoria: in mano a un bravo scrittore qualsiasi fatto di cronaca può diventare un grande romanzo. L'occasione arriva quando legge dell'eccidio di una famiglia in una fattoria del Kansas.
Per sei anni Capote segue il fatto di cronaca nera, prima recandosi a Holcomb con l'amica Nelle Harper Lee (che di lì a poco vincerà il Pulitzer con "Il buio oltre la siepe"), poi andando a trovare gli assassini in penitenziario, per raccogliere le loro confidenze, infine assistendo alla loro esecuzione.
Un film dallo stile rigoroso quello del debuttante Miller, documentarista e regista pubblicitario al suo esordio nel lungometraggio, che privilegia i lunghi dialoghi e tratteggia con sobrietà uomini e ambienti.

Il delitto è in fondo solo uno spunto: i riflettori sono sullo scrittore, sulla sua "presunzione" di rendere affascinante qualsiasi argomento con le proprie doti di narratore e - quando i contorni della vicenda si definiscono e con essi le psicologie dei personaggi che la animano - sulla sua abilità di manovrare gli uomini come pedine, siano essi criminali solitari con un disperato bisogno di amicizia o austeri tutori dell'ordine ammaliati dall'eccentricità e dai vezzi dello scrittore.
Miller descrive però anche il prezzo emotivo del coinvolgimento di Capote nella vicenda: la sfibrante attesa della fine, il suo negarsi a richieste di aiuto da parte dei due condannati, fino all'aberrante ansia di vedere esaudito il desiderio più profondo e inconfessabile: l'esecuzione della condanna, traguardo indispensabile per la pubblicazione del libro.
Una storia fatta di ombre, nella quale i "cattivi" sono disgraziati segnati dal destino e i "buoni" hanno le fattezze di un ometto saccente che non ammette limiti alla sua opera.

Dice il regista, che con lo sceneggiatore ha svolto un minuzioso lavoro di ricostruzione: «Il film ripropone un'intera epoca e il come e il perché Capote decise di indagare sul crimine dei coniugi Clutter e dei loro due figli, lasciando la mondanità, che faceva parte della sua doppia natura di ragazzo abbandonato dalla madre, intimo della New York che contava e dei divi del cinema, da Marlon Brando a Marilyn Monroe, deciso a rivaleggiare nei riconoscimenti letterari con il suo grande amico Tennessee Williams, a essere coccolato dai produttori dopo il successo di Colazione da Tiffany.
Il libro fu al centro di polemiche letterarie e anche di attacchi etico-sociali per il suo voyeurismo cinico e speculativo. "A sangue freddo" fu scritto prima del Vietnam, l'epoca d'oro di Capote precede l'uccisione di J. F. Kennedy e il libro, quando fu pubblicato, segnò la fine di una certa innocenza americana. Per trentasette settimane, il romanzo restò al primo posto dei best seller».

Curiosamente il film di Bennett Miller si trova in lizza per gli Oscar insieme ad un altro film denuncia, con cui ha parecchie similitudini: il "Good night, and good luck" di George Clooney.
In entrambi si usano pagine di cronaca dell' America di ieri per raccontare quella di oggi. Nel film di Clooney l'intera redazione del network televisivo diventa protagonista; così accade ai personaggi che animano "Truman Capote: a sangue freddo", l'agente preposto alle indagini (il grande Chris Cooper), la scrittrice Nelle Harper Lee (Catherine Keener) e i due assassini della famigliola di un paese sperduto del Kansas.
Se il film di Clooney punta il dito contro il maccartismo, il film di Miller scava dietro la superficie apparentemente linda dell' America perbenista.

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Recensione a cura di maremare - aggiornata al 23/02/2006

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