Recensione ultimatum alla terra (1951) regia di Robert Wise USA 1951
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Recensione ultimatum alla terra (1951)

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locandina del film ULTIMATUM ALLA TERRA (1951)

Immagine tratta dal film ULTIMATUM ALLA TERRA (1951)

Immagine tratta dal film ULTIMATUM ALLA TERRA (1951)

Immagine tratta dal film ULTIMATUM ALLA TERRA (1951)

Immagine tratta dal film ULTIMATUM ALLA TERRA (1951)

Immagine tratta dal film ULTIMATUM ALLA TERRA (1951)
 

Washington 1951. Un oggetto non identificato della velocità di 7000 km all'ora viene seguito via radar dai controllori di volo militari. E' un disco volante che punta sulla capitale, supera il Campidoglio sulla collina di Capitol Hill e atterra in uno dei parchi principali di Washington.

La popolazione, più incuriosita che spaventata, si raduna intorno all'oggetto misterioso trattenuta a stento dalle forze militari.
Dal disco volante esce Klaatu (Michael Rennie), un extraterrestre dalle sembianze umane, che dice di venire in pace ma quando si avvicina ai militari per donare un piccolo strumento in grado di far conoscere ai terrestri le più importanti culture dei pianeti abitati, viene colpito al fianco dall'arma da fuoco di un militare, impaurito da un misterioso scatto proveniente dall'oggetto-regalo.
Subito dopo l'incidente, dal disco volante viene in soccorso di Klaatu un gigantesco robot, Gort (Lock Martin), che per evitare un aggravamento della situazione fonde con il suo raggio laser tutte le armi dei militari situati nei pressi del ferito.

A Klaatu, portato in un ospedale, viene estratta la pallottola dal fianco sinistro. L'extraterrestre guarisce rapidamente grazie a un proprio oggetto medicale che tiene sempre con sé.
In seguito Klaatu riceve la visita dal segretario di Stato americano, un uomo che appare molto preoccupato ma anche particolarmente incuriosito dalla situazione, a cui l'extraterrestre chiede perentoriamente la convocazione di un convegno mondiale delle nazioni per discutere di una proposta assai delicata che ha per oggetto l'adesione della Terra a una Confederazione Interplanetaria addetta alla sorveglianza della pace, per avviare una forzata concordia sia tra pianeti che tra le nazioni che li costituiscono.

Fallita la proposta di Klaatu, per l'impossibilità di mettere d'accordo in tempi ragionevoli le numerose nazioni della Terra, l'extraterrestre diventa una specie di clandestino; lascia di nascosto l'ospedale, trasformandosi in un comune cittadino di nome Carpenter.
Si nasconde in una casa dove una signora gli affitta una camera e lì fa la conoscenza di Helen (Patricia Neal) e di suo figlio Bobby (Billy Gray). Helen è una giovane e bella vedova il cui marito è stato ucciso durante la Seconda guerra mondiale, nelle Filippine.

Il giorno dopo, Klaatu si offre di portare Bobby al cinema per conoscerlo meglio e capire come arrivare ad avere un colloquio con la persona più importante degli Stati Uniti, un uomo che oltre ad essere famoso sia anche moralmente autorevole e che non faccia parte della diplomazia politica americana. Il ragazzo propone il nome dello scienziato professor Barnhardt (Sam Jaffe) un uomo molto colto e per bene.
Dopo varie difficoltà Klaatu riesce a comunicare con l'illustre professore.
L'extraterrestre spiega a Barnhardt che la Terra verrà distrutta se non aderisce alla Confederazione Interplanetaria, che è un ente galattico un po' particolare in grado di garantire la pace grazie ad un esercito di automi programmati come poliziotti killer, robot che agiscono in assoluta autonomia, uccidendo chiunque della popolazione o delle istituzioni dei pianeti abitati decida di scendere in guerra con qualcuno o contro altre nazioni facenti parte anche di altri mondi. I robot pattugliano costantemente tutti i pianeti abitati.

Riuscirà Klaatu a portare in porto la sua missione e a non perdere la propria vita a causa del minaccioso ultimatum, da lui stesso rilasciato, coraggiosamente, ai terrestri?

Film pacifista, di grande impatto etico, storicamente ricco di senso, creato nel bel mezzo della guerra fredda e del maccartismo nella sua fase più cinica e orripilante, due eventi quest'ultimi che hanno avuto grande rilevanza planetaria, rappresentati nel film rispettivamente dalla minaccia di una guerra atomica globale e dall'incubo della infiltrazione aliena comunista negli Stati Uniti attraverso mezzi subdoli, potenti e artificiosi come ad esempio l'astronave di Klaatu che nel film, in prima battuta, l'opinione pubblica pensa possa provenire dall'Unione Sovietica.

Il contenuto del film rilascia un messaggio un po' pessimista perché ruota in buona parte intorno alle grosse difficoltà umane nel mantenere la pace, dando un'interpretazione drammatica sulle effettive possibilità esistenziali e sociali di modificare tale situazione, una condizione in parte congenita all'uomo e in parte di derivazione ideologico-culturale.
Robert Wise fa intendere bene per immagini l'entità del problema della bellicosità dell'uomo, formulandone in modo originale uno scioglimento proveniente dall'esterno, da una via terza di origine galattica, da immaginari abitanti di altri pianeti, più evoluti del nostro che grazie all'invenzione di un robot poliziotto molto sofisticato riescono a mantenere una pace duratura.
Wise dà molto importanza allo sviluppo tecnologico credendo che solo un suo ulteriore accrescimento, capace di arrivare ad istanze programmatiche talmente evolute e perfezionate da affidare a terzi non umani il controllo del comportamento umano più propenso alla bellicosità, può portare a dei grossi cambiamenti etici nell'abituale vita dell'uomo.

La pellicola mostra con enfasi moralistica, ma anche ricchezza ironica, come solo le civiltà più avanzate, quelle appartenenti fantasticamente ad altri mondi e a cui occorre fare riferimento anche se solo nell'immaginario per dare spessore al pensiero, possono ipotizzare qualcosa di più sull'ottenimento di una pace costante.
Una pace ancora problematica perché segnata in qualche modo da un altro problema serio, quello della repressione, cioè del soffocamento di tutta una sfera istintuale e ideologica che caratterizza da sempre l'homo sapiens.

La soluzione ipotizzata è tutta ben presente nel film: forse saremo costretti ad affidare, se non a un robot a forma di macchina a una civiltà di replicanti simili all'uomo, il compito di punire super partes istituzioni e abitanti intenzionati a trasgredire con la violenza i più usuali e tradizionali modi legati alla convivenza civile.
L'extraterrestre Klaatu e il robot programmato Gort diventano allora una sorta di reincarnazione, in ruoli da nuovi protagonisti, di scene già viste o lette presenti in un nuovo testo biblico, di inedita edizione, redatto in versione futurista, legato cioè da una parte al monoteismo più noto e dall'altra a un senso pratico della giustizia umana che sembrerebbe giungere finalmente, dopo millenni di impotenza, a una vittoria importante.

La trascrizione in Gort, computerizzata, di un libro testamento in cui sono codificate le regole etiche essenziali, senza tempo o dimora, che hanno attraversato la storia del mondo civile, lo portano ad essere nello stesso tempo un giudice e un boia, deterministico, giusto, senza possibilità di errore, voluto dagli abitanti degli altri pianeti simili alla Terra anche contro se stessi, a sfavore dei propri istinti, quelli cioè incapaci di sublimazione civile.

La Terra mostra agli extraterrestri gli abissi dei desideri più egoistici degli uomini, quelli che da sempre sfociano nella tragedia bellica. La macchina robotica diventa allora istanza etica superiore: ciò che l'uomo non può avere perché contraddittorio, egoista, malato di una asocialità troppo disinteressata al bene sociale.
Gort è un Altro immaginifico, inconscio, situato in un altrove indiscutibile, certo, frutto di quella istanza paterna che non ha più margine per perdonare, pena la probabile scomparsa del mondo con le armi atomiche.

Robert Wise gira il film in modo disincantato, freddo, senza schierarsi da una parte o dall'altra, portando avanti la sua idea di bene, con coraggio, fino al punto di radicalizzarla facendone una sorta di mito superiore vicino all'utopia, frutto di un esame molto profondo che diviene puro sogno, visione poetica senza limiti dettati dalla realtà o dalle circostanze negative più note che rimangono essenzialmente cornice dei contenuti più importanti, accentuandone però nelle radici della visione il carattere più antropomorfo che sembra spiegare si il senso dei delitti umani, istituzionali, e la stupidità delle guerre ma anche fermarsi improvvisamente, impotente, di fronte al baratro dell'ignoto e del mistero uomo.

Splendida la fotografia in bianco e nero, con riprese semplici ma accurate che nulla trascurano per dare un'idea di familiarità alle scene, accentuando l'aspetto realistico della quotidianità della vita americana negli anni ‘50.

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Recensione a cura di Giordano Biagio - aggiornata al 10/01/2011 12.05.00

Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it

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