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In seguito alla tragica morte di Jean Grey (Famke Janssen), Logan (Hugh Jackman) ha abbandonato l'identità di Wolverine e vive isolato dal mondo, tormentato dagli incubi e dal rimorso. Yashida (Hal Yamanouchi), un ex ufficiale giapponese ormai in punto di morte, che Logan aveva salvato dal disastro nucleare di Nagasaki, invita Logan a Tokyo per un estremo saluto. Giunto al capezzale del vecchio amico, Logan scopre che Yashida vuole anche ripagare il suo debito: le tecnologie messe a punto dalle sue industrie possono privare Wolverine del fattore rigenerante e regalargli una vita normale, la vecchiaia e la morte. Logan rifiuta e nella notte Yashida muore. Al funerale la Yakuza tenta di rapire Mariko (Tao Okamoto), la giovane nipote di Yashida. L'intervento di Wolverine è risolutivo, ma le ferite riportate non guariscono più come prima...
I continui riferimenti agli eventi di "The Last Stand", la presenza di Jean Grey e la collocazione temporale delle vicende fanno di "Wolverine - L'immortale" il sequel diretto del film di Brett Ratner, proprio come "Iron Man 3" è a tutti gli effetti più il sequel di "Avengers" che quello di "Iron Man 2". E' un concetto che può destare qualche perplessità se non si ha confidenza con le logiche dei fumetti Marvel, ma è fondamentale per giudicare obiettivamente il film. La lunga scena contenuta nei titoli di coda consolida tale tesi: a tutti gli effetti, essa è un teaser trailer per il capitolo successivo, ovvero "Days of Future Past", il film del 2014 che farà convergere le timeline dei primi tre X-Men e di "X-Men: L'Inizio" (alla faccia delle palesi incongruenze tra le due).
L'impressione che si ha ormai guardando questi film è ormai quella di vedere un serial ad alto budget, di cui ogni film costituisce un episodio. Non c'è nulla dell'esperienza cinematografica, perché prevalgono il deja-vu e la sensazione di incompiutezza propri di una narrazione seriale, e sarebbe forse fuorviante cercare di adottare un'analisi tradizionale. Se "Wolverine - L'immortale" è il sesto episodio di una saga iniziata con X-Men di Bryan Singer, non ci si deve porre il problema della sua autoconsistenza. Il film è godibile, visto in quest'ottica, nonostante sia piuttosto sconclusionato nelle premesse e nello svolgimento.
La tematica centrale del film è l'elemento che differenzia, in senso positivo, questo secondo "a solo" di Wolverine dal precedente, conferendogli una certa dignità e spessore. Wolverine è condannato dal suo potere a invecchiare molto lentamente, ma ormai la sua vita è soltanto sofferenza e rimorso a causa di quanto successo con Jean Grey. Ripudiati i panni dell'eroe ed il suo ruolo nel mondo, Logan scopre però che il fattore rigenerante non è qualcosa di cui poter fare a meno a cuor leggero proprio nel momento in cui trova in Mariko una nuova ragione per vivere e combattere. Se il flop del film di Gavin Hood ha insegnato qualcosa, è che avere un protagonista che non può morire (per ragioni di marketing) che è anche invulnerabile è un problema enorme, anche se il protagonista è Wolverine. Privare Logan del fattore rigenerante ha un effetto... rigenerante sulla tensione narrativa e certamente ha valore a livello simbolico, ma le modalità e le implicazioni della perdita dei poteri sono gestite in modo talmente superficiale e incoerente, anche rispetto a quanto già stabilito negli episodi precedenti, da lasciare sconcertati. Abilità, motivazioni e caratteristiche dei personaggi, così come gli elementi della trama, si piegano alla coreografia della singola scena, senza alcun riguardo per la logica interna del film.
La scelta dei personaggi secondari (Viper, Yukio, Silver Samurai) è ai limiti del grottesco; delle versioni a fumetti non restano che i nomi, ma la caratterizzazione è assolutamente mediocre, in particolare per il personaggio di Viper (che nella versione italiana è anche doppiata in maniera inaccettabile). Non c'è sotto-universo Marvel più popolato e ricco di quello dei mutanti, le alternative non mancano di certo e si poteva costituire un ensemble di personaggi più incisivo. E' evidente che un film su Wolverine finisca con l'essere un "one-man show" di Hugh Jackman, ma qualche presenza di uguale carisma (viene quasi da rimpiangere il "Sabretooth" di Liev Schrieber) non avrebbe certo guastato.
Se una colpa si può imputare direttamente a James Mangold è quella di non aver trovato il giusto equilibrio tra le scene d'azione e quelle di sviluppo della narrazione, che si alternano in maniera meccanica: a parte la sequenza sul treno e la scena iniziale a Nagasaki, di fatto l'unica cosa che resta impressa del film è la sequenza nei titoli di coda per la sua importanza (non certo per la spettacolarità). Nel resto del film Wolverine dorme molto, così da poter sognare Jean Grey e mostrarci l'avanzamento graduale nel suo processo di elaborazione del lutto, e si barcamena con la cultura giapponese e la sua nuova storia d'amore.
"Wolverine - L'immortale" è un deciso passo avanti rispetto al precedente, pessimo, episodio, ma risente di tutti i difetti dei blockbuster dell'ultimo periodo: trama sconclusionata, dialoghi sciatti, colpi di scena prevedibili, effetti speciali ingombranti e inutili (il 3D poi è completamente superfluo), colonna sonora completamente anonima, regia scolastica (e chissà se Darren Aronofsky, prima scelta per la regia, avrebbe fatto meglio). Hugh Jackman è il miglior casting di sempre per un personaggio Marvel e lo dimostra nonostante tutti i problemi del film, che è un passaggio indispensabile per i fan della storia cinematografica degli X-Men, ma di certo non per chi cerca semplicemente un film d'evasione intelligente o qualcosa di veramente memorabile.
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Recensione a cura di JackR - aggiornata al 25/07/2013 09.52.00
Il contenuto di questo scritto esprime il pensiero dell'autore e non necessariamente rappresenta Filmscoop.it
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