cesare deve morire regia di Vittorio Taviani, Paolo Taviani Italia 2012
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cesare deve morire (2012)

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locandina del film CESARE DEVE MORIRE

Titolo Originale: CESARE DEVE MORIRE

RegiaVittorio Taviani, Paolo Taviani

InterpretiCosimo Rega, Salvatore Striano, Vincenzo Gallo, Giovanni Arcuri, Juan Dario Bonetti, Fabio Rizzuto, Rosario Majorana, Francesco De Masi, Gennaro Solito, Vittorio Parrella, Pasquale Crapetti, Francesco Carusone, Fabio Cavalli, Maurilio Giaffreda

Durata: h 1.16
NazionalitàItalia 2012
Generedocumentario
Al cinema nel Marzo 2012

•  Altri film di Vittorio Taviani
•  Altri film di Paolo Taviani

Trama del film Cesare deve morire

Una docufiction che segue i laboratori teatrali realizzati dentro il Carcere di Rebibbia dal regista Fabio Cavalli, autore di versioni di classici shakespeariani interpretate dai detenuti. Si seguono le loro prove e la messa in scena finale del "Giulio Cesare", ma anche le vite dei detenuti nelle loro celle.

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Voto Visitatori:   7,74 / 10 (42 voti)7,74Grafico
Voto Recensore:   8,00 / 10  8,00
Miglior filmMigliore regia (Vittorio Taviani, Paolo Taviani)Miglior produttoreMiglior montaggioMiglior sonoro
VINCITORE DI 5 PREMI DAVID DI DONATELLO:
Miglior film, Migliore regia (Vittorio Taviani, Paolo Taviani), Miglior produttore, Miglior montaggio, Miglior sonoro
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Voti e commenti su Cesare deve morire, 42 opinioni inserite

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  Pagina di 1  

paride_86  @  27/07/2012 04:47:55
   5½ / 10
Sull'opera di Shakespeare non si può dire nulla di male, e farla recitare ai carcerati è sicuramente un'idea interessante e, in un certo senso, terapeutica.
Tuttavia ha senso considerare cinema la sua illustrazione? Non si tratta, in realtà, di un percorso che inizia e finisce nel carcere di Rebibbia?
"Cesare deve morire" è in realtà un documentario intriso di buonismo che non dimostra nulla, si limita a mostrare come alcuni detenuti - colpevoli di gravissimi crimini - preparano uno spettacolo teatrale.
Non c'è un parallelo con storie e percorsi interiori dei protagonisti, e quando i registi tentano di proporlo suona falso e forzato.
A trionfare è lo zucchero: assassini e criminali che recitano Shakespeare commuovono perché il messaggio che si sottintende è che il profondo valore dell'Arte possa salvare e redimere qualsiasi vita.
Ma per favore! Abitare in Italia, dunque, dovrebbe essere la panacea per ogni tipo di criminalità.

1 risposta al commento
Ultima risposta 23/10/2012 13.15.37
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patt  @  03/04/2012 13:14:18
   9 / 10
E' stato come assistere a un processo simbiotico tra arte e realtà, il teatro come catarsi della vita e per questo di difficile commento, le parole sono quasi superflue davanti a un'opera di tale profondità.
Espressività davvero emozionante.

5 risposte al commento
Ultima risposta 05/04/2012 13.29.53
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Gruppo REDAZIONE Pasionaria  @  02/04/2012 22:14:22
   9 / 10
Lo voglio commentare a caldo, appena tornata a casa dal cinema. Un film bellissimo e commovente, dove la finzione si fonde con la realtà, come il colore sgargiante di scena s' incupisce nel piatto grigiore della vita. E al centro loro, i detenuti di Rebibbia in una tragedia teatrale che si sovrappone al dramma esistenziale delle loro vite lacerate, la forza catartica dell'arte, la scoperta di se stessi, che solo la creatività libera riesce a disvelare. Tutto ciò mi ha commosso profondamente.

I fratelli Taviani ci hanno regalato un'opera cinematografica magnifica , giustamente riconosciuta e premiata a Berlino. Fotografia eccellente in ogni inquadratura.

3 risposte al commento
Ultima risposta 04/04/2012 19.38.26
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Gruppo COLLABORATORI SENIOR The Gaunt  @  06/03/2012 22:17:43
   9 / 10
Non è un film sulla realtà carceraria, il carcere è il palcoscenico allargato del piccolo teatro all'interno di Rebibbia dove si terrà la rappresentazione del Giulio Cesare di Shakespeare, perchè sono i sei mesi di prove il fulcro narrativo di questo film. Ci vengono presentati detenuti, ma i Taviani fanno sconti: sono in carcere per un motivo preciso, hanno sbagliato e stanno pagando per le loro colpe. E' il vissuto tragico di queste persone che emerge e fornisce la spinta per entrare nei personaggi fin quasi a travolgerli, incanalando quel demone interiore e trasfigurandolo nel Giulio Cesare, storia di amicizia, tradimenti, complotti e "uomini d'onore".
Mi ha stupito in maniera profonda questo film dei Taviani, rispettivamente classe '29 e '31, capaci di rimettersi in gioco come due giovani registi in erba, affrontare vantaggi e svantaggi del digitale e fare un film molto moderno, fondendo insieme elementi di documentario, teatro e cinema con un equilibrio sorprendentesenza che nessuna delle tre forme espressive prenda il sopravvento sull'altra.
E' un film sull'arte come arricchimento personale anche e soprattutto per dei reietti, molti dei quali da "fine pena mai", su due mondi (vita reale e carcere) così lontani ma che necessitano di un avvicinamento, perchè il carcere è un luogo di espiazione di colpe questo sì, ma deve essere ricordato anche e soprattutto per il suo potenziale valore rieducativo.
Personalmente è stata visione ricchissima dal punto di vista emotivo, grazie alla capacità dei Taviani nell'immergerti in questa esperienza audiovisiva di volti e dialetti diversi, quest'ultimi in particolare perfettamente funzionali ad una maggiore naturalezza nella recitazione. Spiccano soprattutto uno straordinario Striano nei panni Bruto, il carismatico Arcuri nei panni di Cesare, ma quella frase finale di Cassio/Cosimo Rega (fine pena mai), quando tutto è finito e ognuno torna nella realtà delle celle, ti rimane scolpita e non ti lascia più.
Certamente sono impressioni personali formulate molto a caldo, ma penso e in fondo spero di aver assistito al miglior film italiano dell'anno, fino a questo momento.

9 risposte al commento
Ultima risposta 20/03/2012 11.27.17
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