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I temi di "Heroic Purgatory" sono i soliti del cinema giapponese del periodo '68-primi '70: sesso libero, apologia del potere, incapacità di stare al mondo dei giovani, ignoranza politica, fallimento distopico della rivoluzione...
Eppure Yoshida si distacca da tutti gli altri. I suoi film di quel periodo (questo e "Eros + Massacre" in particolare) sono tra i pochi esempi filmici iperestetici (dove la forma supera il contenuto) dove la regia è lo stesso film. La trama è il contorno, tutto il film (e il suo stesso significato) emerge dall'estetica ostentata, violenta, destabilizzante, patinata.
Yoshida è terribilmente geometrico, architettonico, perfezionista fino al fanatismo. Ogni ombra, ogni luce e ogni ambiente sono diretti fino allo stremo come se fossero gli attori principali del film. Eppure Yoshida, nel suo fanatismo compositivo, nella scelta delle inquadrature (teste tagliate, totali con il soggetto totalmente sulla destra o sulla sinistra ecc.) lascia emergere l'isteria che si scatena sotto il perfezionismo. Come i personaggi stessi del film, che si trascinano nella follia e nella morte.
Ad un passo dal capolavoro, un film che tutti i fotografi dovrebbero vedere.