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Lo vidi in concorso alla mostra di Venezia, dove venne accolto nel disinteresse generale. A me parve uno dei più bei ritratti femminili del cinema degli ultimi anni, con una meravigliosa interpretazione di Virginie Efira. Un film di raro pudore e di grande sensibilità, equilibrato tra sentimento e realismo senza mai sembrare calcolato. Il finale gronda emozione perché non si può non rimanere coinvolti dalla genesi affettiva della protagonista. Ne rimasi profondamente colpito, peccato che sia passato inosservato.
L'età del concepimento aumenta progressivamente. Di fronte a tale inesorabilità la professoressa Rachel sente impellente perché "non ho più tempo" la volontà di avere un bambino. Ma le coppie della contemporaneità sono spesso quelle di divorziati, con figli di mezzo e quindi è tutto più complicato. Nel conoscere la piccola Leila (e nel volergli bene come fosse sua figlia) c'è però l'esemplificazione di una mancanza, di un desiderio che il tempo rende sempre meno possibile.
Amori e dolori del mondo di oggi in un dramma che affronta con leggerezza temi tipici della nostra contemporaneità urbana. È proprio questo tono della pellicola, quasi da commedia in alcuni frangenti, che riesce a stemperare quelle che sono tematiche potenzialmente molto "pesanti" ma senza svilirle. certo alcune scelte narrative sul finali e alcune enfatizzazioni musicali francamente inutili si potevano evitare.
Il tema delle nuove famiglie, riassortite, allargate, estese, e quello del desiderio di maternità surrogato dall'insegnamento sono di retroguardia rispetto alla nuova realtà sociale emergente: "I figli che non voglio" di Simonetta Sciandivasci (https://www.agi.it/cultura/news/2022-12-02/libri-sciandivasci-figli-19044359/#:~:text=La+giornalista+mette+nero+su,si+possono+%27convincere%27; https://books.google.it/books?id=NMyZEAAAQBAJ).
A volte le soddisfazioni professionali non coincidono con un privato pieno e felice, ma è la vita: l'importante è che quando un capitolo si chiude ce n'è sempre un altro da aprire e completare. I FIGLI DEGLI ALTRI è una dramedy sentimentale garbata, non eccede in retorica, non risulta troppo banale e stereotipata ma non ha quel guizzo giusto che riesca a elevarla quel tanto che basta per distinguersi da altre pellicole con lo stesso tema trattato. Il cast non è male e la regia non mostra sbavature evidenti.
I figli degli altri offre uno spunto interessante sulla maternità, o perlomeno su un certo tipo di maternità che non significa quello di concepire per forza dei figli propri, ma essere un punto riferimento per gli altri. La sua protagonista in questo senso è un personaggio che vive questo tipo di maternità a livello personale cme matrigna della bambina del suo compagno e come insegnante al liceo. Peccato che la regia della Zlotoski sia caratterizzata da una generale piattezza e fondamentalmente distaccata se non fosse per l'interpretazione della Efra, molto sentita e capace di suscitare empatia con lo spettatore. Quindi pur aprezzando l'impegno dell'attrice e ciò che ruota intorno a lei che rimane sostanzialmente anonimo per lasciare una traccia profonda.