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Voleva essere definitivo e solenne forse Moretti con quest'ultima opera, ne esce invece un lavoro interessante per certi versi, sicuramente sofferto ma anche frammentario e dispersivo a tratti. Tre film in uno in pratica, amalgamati con scarsa efficacia causa anche la disparità dei temi. Una sottotraccia familiare abbastanza insignificante, difficilmente utilizzabile in parallelo al ben più significativo tema sociopolitico, affogata in uno psicodramma divorzista all'italiana con l'attrice che ne è la quintessenza; lunghe e poco significative alcune sequenze (su tutte quella del coro) e siparietti familiari, salverei di tutto questo solo la scena del maglione, molto intensa. Accanto a questa un interessante spaccato dell'attuale situazione del cinema italiano, tra difficoltà di produzione, omaggi all'artigianato e al cinema di genere, varie umanità di coraggio, viltà, idee e pochezze. Infine la parte più importante e attesa, in parte strozzata da cesure ed eccessive elucubrazioni, ma in grado comunque di colpire. Volutamente meno ironico e scanzonato di Aprile, meno ombelicale anche se non riesce a fare a meno di cantare in macchina, Moretti affronta il caimano di petto, giocando sull'insofferenza più che sulla macchietta (gioco che non funziona più), sull'evidenza dello sfacelo e sull'imbarazzo generato dalle sequenze reali cucite in maniera efficace (strepitoso il dettagliato passaggio sui gioielli). Perfetto il finale, in definitiva l'unico colpo di genio del film, figlio della frase cardine del film: 'ha comunque vinto'. Tecnicamente e registicamente il film è abbastanza incolore ma è da sottolineare la buona prestazione corale degli attori e su tutti un clamoroso Silvio Orlando, sempre più bravo. Non sposterà voti questo film o al massimo ne farà perdere qualcuno alla sinistra perché presta il fianco ad un facile vittimismo. Non è Michael Moore Moretti e forse non vuole neanche esserlo, ma non è neanche Petri, nè Rosi o Bertolucci, ha provato ad affondare il colpo ma ci è riuscito solo in parte; è comunque, insieme al poco scaramantico passato remoto di Deaglio e ad altri, un tassello, un pezzettino di Lego di una costruzione di cui difficilmente si intravede la forma e che forse va a nascere sulle ceneri di una ventennale italietta.