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Archetipi narrativi e ritmo lento. Un gotico dallo sviluppo classico che più classico non si può, interpretato magistralmente e che beneficia della bellezza insormontabile di barbara steele
I lunghi capelli della morte è un horror gotico diretto da Margheriti nel 1964. Questo prodotto pur conservando la solita ottima atmosfera gotica (il regista in questo è un riconosciuto esperto) non mi ha convinto come altri film di Margheriti , visto che l'ho trovato troppo lento e pesante nonché melodrammatico. La presenza della grande Barbara Steele non riesce a risollevare le sorti di una trama impantanata e prevedibile. Buono il finale , ad effetto malgrado sia pronosticabile. Nella norma le varie componenti ad esclusione delle pregevoli scenografie. Dunque un gotico per appassionati , forse eccessivamente piatto e sterile.
mi ha convinto poco questo film, un inizio veramente niente male la scena dell esecuzione veramente fantastica ma poi il ritmo rallenta parecchio diventando quasi una telenovela medievale piu che un horror gotico... io l ho visto dopo una giornata di lavoro e mi sono addormentato che mancava mezz ora (in seguito l ho rivisto completamente)... la recitazione non è malvagia e le musiche non sono niente di che.... soporifero
Reperibile in oscuri archivi del Cinema "I lunghi capelli della morte" è un po' il sinonimo, o meglio, la sintesi perfetta, di un qualcosa che è stato sorpassato. Il film è del 1965 ha dunque sul groppone i suoi anni ma, concretamente, non è questo il fatal problema. Con la produzione di Margheriti (nome d'arte Anthony M. Dawson) si ha la netta impressione di partecipare ad un banchetto ove la scarsissima confezione della fotografia e le crepe narrative comandano la situazione.
"I lunghi capelli della morte" attrae, fino ad un certo punto, per il titolo e un po'per il plot narrativo che è impregnato in un alone horror medioevale. Proprio da questo fatidico plot, però, non viene fuori nulla di buono. Regia svogliata e poco pragmatica. La storia insomma è fin troppo statica e piatta, appena si cerca il colpo di scena sale in cattedra una confusione e una forzatura davvero imperdonabile. Il ritmo, elemento chiave, è lentissimo, le situazioni nascono e muoiono in una stasi fenomenale. Le uniche note positive abbracciano il cast e le scenografie accattivanti e di altri tempi. Per il resto diventa arduo dare giudizi lieti, qui siamo in un tunnel buio che non offre, nel senso più assoluto, una via di salvezza.