i sovversivi regia di Paolo Taviani, Vittorio Taviani Italia 1967
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i sovversivi (1967)

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locandina del film I SOVVERSIVI

Titolo Originale: I SOVVERSIVI

RegiaPaolo Taviani, Vittorio Taviani

InterpretiGiulio Brogi, Lucio Dalla, Ferruccio De Ceresa

Durata: h 1.50
NazionalitàItalia 1967
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1967

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Trama del film I sovversivi

Sullo sfondo dei funerali di Togliatti quattro storie di militanza comunista: un regista lascia il cinema per andare in giro per il mondo in cerca di contatti più diretti con la realtà e con gli uomini; un esule venezuelano torna al suo paese per prendere il posto di un compagno ucciso dai governativi; un funzionario del Pci entra in crisi con la moglie; un filosofo si dà alla fotografia e si rivela anticonformista e individualista.

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Voto Visitatori:   6,50 / 10 (3 voti)6,50Grafico
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Voti e commenti su I sovversivi, 3 opinioni inserite

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Invia una mail all'autore del commento anthonyf  @  05/10/2012 18:23:58
   7 / 10
Premetto che il mio è un parere soggettivo, null'altro.
"Sovversivi" (noto anche come "I sovversivi") è un film diretto dai fratelli Taviani, strutturato come film a episodi, in cui si intrecciano parallelamente ai funerali di Palmiro Togliatti le quattro vicende dei personaggi. C'è da un lato la storia di Muzio e soprattutto del suo fedele amico Ermanno (interpretati rispettivamente da Pier Paolo Capponi e Lucio Dalla!), che cercano anche se con modi e atteggiamenti diversi di fare un reportage fotografico sui funerali di Togliatti: un episodio lineare, abbastanza fluido e sobrio, a tratti grottesco e paradossale, ma abbastanza gradevole, se non fosse per un poco approfondimento sul personaggio di Capponi, che nonostante il talento dell'attore, viene sminuito di fronte a Dalla (colpa della sceneggiatura). C'è poi un altro episodio sullo stesso piano stilistico e scritturistico, episodio interpretato dal grande Giulio Brogi, giovanissimo e affascinante rivoluzionario venezuelano, intento a ritornare nel suo paese natale, ma innamorato di una ragazza italiana; c'è un terzo episodio altrettanto gradevole, che narra di un regista in preda al panico e alla malattia, che sta dirigendo un film su Leonardo Da Vinci e che ha continui problemi sul set, causati dalla sua salute fragile e da altre vicende (quando decide di cambiare la sceneggiatura scrivendo la parola "ARMADIO" sul copione è spettacolare); ed infine c'è un ultimo episodio con una coppia che è venuta a Roma per assistere ai funerale di Togliatti, coppia che purtroppo avrà problemi, in quanto la donna scoprirà di essere lesbica e il marito ci rimarrà di stucco.
Insomma... un bel po' di storie che ruotano tutte attorno ad un funerale. Di sicuro non manca l'originalità. C'è una regia dei fratelli Taviani accurata e precisa che sa di sobrio e di essenziale: una regia avanti negli anni, che però risulta nel complesso un po' pesante, per via di una sceneggiatura non molto movimentata. Le vicende, sì, ci sono, ma il tutto è lento e ripetitivo. C'è senza dubbio un ottimo uso dei primi piani, dei silenzi, dei paesaggi. Cè un alternarsi interessante del grottesco (come la scelta di inquadrare Dalla semi-nudo) e un diffondersi del realismo e del politico (come la lunga sequenza dei funerali). Il problema del film secondo me sta nella lentezza e nel fatto che non ci sia un genere che lo possa classificare: potrebbe essere una black-comedy politica con un che di pasoliniano, potrebbe essere un "film nel film" in stile "Effetto Notte" se consideriamo l'episodio del regista che fa il film su Leonardo Da Vinci; potrebbe essere un film storico-sociale, ma così proprio non è. Biografico, assolutamente no. Noir? No, di certo. C'è solo l'analisi sociale e nient'altro. E' un film che vuole analizzare la morte di un importante personalità e ciò che da essa può scaturire. Sembrerebbe quasi un'allegoria... un'allegoria che però sa di inconcluso.
7- è il mio voto finale. Lodo cmq le interpretazioni e la regia.

Invia una mail all'autore del commento eugenio45  @  05/10/2008 09:52:37
   6½ / 10
Un discreto film che ben dicumenta un periodo della nostra storia

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  21/02/2008 22:22:54
   6 / 10
Secondo me non è un film ben riuscito. Può ancora interessare come testimonianza di ideali politici e etici di un dato periodo, ma non molto di più. Si utilizza uno stile particolare che però non si fonde con il contenuto e quindi l’impressione che si ha guardando il film è di smarrimento, quasi di confusione. I personaggi e le storie hanno l’aspetto di essere “fittizi”, cioè creati appositamente per sostenere tesi o rappresentare posizioni; non sembra di avere a che fare con persone vere, vive o convincenti.
Non bisogna farsi ingannare dal titolo, i personaggi non sono certo sovversivi, o meglio lo sono solo di fronte all’ortodossia “comunista” del PCI dei primi anni ’60. Ecco allora tante figure non legate fra di loro, con le lore storie che si incrociano ma non s’incontrano mai. Seguendo un po’ la moda inaugurata dalla Nouvelle Vague, ai registi non interessa imbastire una storia, ma rappresentare la psiche, l’animo dei personaggi tramite scene anche banali, senza nessun nesso logico fra di loro che non sia l’esplicazione psicologica. L’unico leit-motiv comune alla varie storie è il funerale di Togliatti, che di per sé serve a creare simbolicamente lo sfondo ideale del film (la fine di un epoca nel PCI).
Tutte le figure implicate “sovvertono” un’idea base del partito. La moglie di un dirigente finalmente riesce ad accettare il suo essere lesbica, sfidando i pregiudizi e le rigidità morali che allora affliggevano anche il più grande partito della sinistra. Questa storia così scottante è però tirata via, trattata un po’ superficialmente. Risulta però l’”episodio” più interessante e “universale” del film.
C’è poi un militante venezuelano interpretato magnificamente da Giulio Brogi. E’ il personaggio più complesso del film. Lui vuole sovvertire la tendenza del partito ad adagiarsi nella routine politica, dimenticando la sua missione. Vuole perciò tornare in Venezuela per imprimere una svolta movimentista e rivoluzionaria al movimento. Allo stesso tempo, accanto a queste velleità più volute che sentite, c’è la sua tendenza a lasciarsi andare alla vita pacifica con gli amici e l’amata. Ne risulta un carattere contraddittorio, vivace, combattuto. Peccato che anche lui non venga approfondito adeguatamente. Resta comunque la recitazione partecipata e convinta di Brogi.
C’è poi un regista in preda a crisi di carattere esistenziale e esistenzialista, sia nella vita privata che nel suo lavoro artistico. Qui i Taviani vogliono far vedere che l’arte ormai ha preso la strada della descrizione dei problemi universali del singolo individuo, abbandonando l’idea del personaggio come rappresentante collettivo di una classe o di una categoria.
Infine c’è Ermanno interpretato da Lucio Dalla. Il personaggio dovrebbe rappresentare i “giovani”, con la loro fantasia, le loro incertezze, la loro voglia di nuovo “a prescindere”, il loro voler emanciparsi dalle istituzioni (la famiglia, le discipline di partito) dipendendo però materialmente e idealmente ancora da esse. Dalla, istrionico com’è, ci mette di suo e recita più se stesso che Ermanno, venendo fuori uno strano miscuglio poco comprensibile. Ne viene fuori soprattutto il suo sentirsi “bravo” e “bello”. Fa molta impressione vedere una specie di scimmione che si rimira allo specchio e che viene accarezzato dalla moglie vogliosamente. Forse fa parte del gioco. Dalla sovvertisce l’idea di bellezza. La bravura per fortuna l’ha dimostrata nella musica, perché al cinema veramente non aveva grandi chances.
Tutto sommato un film troppo spezzettato, poco approfondito e con interesse limitato.

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