Una ragazza polacca, Weronica, e una francese, Vèronique, pur non avendo nessun legame, sono uguali come gocce d'acqua, hanno lo stesso amore per la musica e la stessa malformazione al cuore. Per una misteriosa corrispondenza, la francese farà tesoro della tragica esperienza dell'altra.
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Media merita, fotografia particolarissima segnatamente personale. Krzysztof Kieslowski è un bravo regista, non ci sono dubbi. Provo un calvario di desolazione per aver dato poco più della sufficienza a film bianco e film blu.
La doppia vita di Veronica si sintetizza in questi pochi frame, oppure in quello scatto fotografico ad inizio film..esistono dei mondi paralleli al nostro in grado di influenzarci? e quella strana sensazione che ci pervade ad intermittenza, conosciuta col nome di deja-vù, come si spiega? Kieslowski coniuga, senza filtri di sorta, la classica idea del viaggio nel tempo con il tema del doppio: una, Weronika, alla ricerca del successo, e l'altra, Veronica, desiderosa di innamorarsi..bellissima la fotografia..capolavoro..
Rispetto troppo Kieslowski per dargli un voto minore di questo 5 e mezzo anche se avevo pensato a un 6 politico. Comunque il film non mi è piaciuto,certo tratta tematiche profonde ma l'ho trovato molto noioso e alla fine è un bene che duri "solo" un'ora e mezza. Molto meglio vedersi un episodio a caso del Decalogo. I pregi sono le splendide musiche e l'utilizzo meraviglioso del colore, quasi sempre un ambrato per tutto il film. Forse è un mio limite ma non sono riuscito a capire cosa Kieslowski volesse dire. Probabilmente parla delle infinite possibilità di scelta di una persona e su come questa scelta possa cambiare una vita. Magari ci sono anche rimandi alla reincarnazione ma il film non mi è piaciuto. Ma noto con piacere che sono uno dei pochi (tranne gli ultimi 3 voti),la media non ne risentirà comunque.
Verissimo che ha molto della trilogia ultima di Kieslowski - da me sopravvalutata, non ridarei 9e1/2 a "Film Rosso" manco morto -, fatto sta che "La Doppia Vita di Veronica" non mi ha convinto per nulla. Mediocrissimo formalmente (detesto i viraggi negli anni 90), irritantemente cosparso di incomprensibili simbolismi, è pure normale e niente più, seppur interessante, come film sul doppio; troppo netta la separazione tra le due distinte vite vissute. Ma non è questo il punto, chissefrega. Ho iniziato a storcere il naso già all' inizio, alla poetica pioggia sul viso dell' ukulelica protagonista Veronica. Non ho voglia di rivederlo. Enzo, il regalo te lo faccio lo stesso.
"Inculturazione della fede" significa ritrasmettere il messaggio cristiano con la simbolica aggiornata, modificata in direzione degli usi e costumi attuali. Ne “La doppia vita di Veronica”, Kieślowski coaudiuva ulteriormente l’evangelizzazione cattolica con una catechesi audiovisiva sulla mariologia, ciò che mancava fra il “Decalogo” sui dieci comandamenti e il successivo trittico sul Di0 uno e trino. Online c’è un sito che riporta una simbologia mariana minima(*). Più dell’"omelia", sono interessanti i link presenti all'inizio. Nell’analizzare la filmografia del polacco, bisogna ricordarsi anzitutto ciò che afferma Buttafava citato anche dal Mereghetti: niente caso o destino ma Provvidenza, quella atroce e dispotica di tipo manzoniano, insomma roba da 1800. “Veronica”, ossia la “vera icona”(**) di Cristo, è appunto la Mad0nna, posta a modello esemplare di tutti i credenti e dunque della Chiesa stessa. Il che va poi applicato a una figura femminile che sembri una ragazza dei nostri giorni, così da garantirsi l'immedesimazione degli spettatori: ecco allora che la protagonista fuma, riceve tabacco, si offre per una falsa testimonianza a un processo. Poi, però, la sostanza dogmatica deve restare immutata. Il film è spezzato in due: la prima parte, più breve, descrive il vero compito di Maria, quello SOPRANNATURALE. Ergo: ribaltamento fotografico dei rapporti fra terra e cielo, avvento natalizio, gioia estatica per la benedizione di qualsiasi cosa, pioggia o polvere, cada dall’Alto, morte durante l’incipit del secondo canto del Paradiso, da dove Ella svolge il ruolo di suprema mediatrice, se non di corredentrice, fra noi terreni e Di0. La cardiopatia è solo un riciclaggio della profezia dell’anziano Simeone a Lei durante la visita della Sacra Famiglia al tempio: “E anche a te una spada trafiggerà l’anima” (Luca 2, 35b). La seconda parte del film andrebbe vista in split screen con "Occhi di Serpente" d'Abel Ferrara: il rapporto MONDANO fra la Prescelta e il Burattinaio (in Ferrara: fra Mad0nna e il Regista) è quello dell’Annunciazione (Luca 1, 26-38), perciò Maria prima rimane turbata e poi acconsente con il "Fiat" (“Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”). L'insistenza sul rapporto carnale è dovuta allo specifico della sua missione: dare corpo e sangue, quelli eucaristici, a Uno della Trinità. Ambedue le Veroniche sono orfane di madre: non solo in quanto il loro padre è il Padre, ma anche perché, nel Nuovo Testamento, Maria è presentata senza genitori (Gioacchino e Anna[***] sono personaggi e nomi presi da due apocrifi: il Protovangelo di Giacomo e il Vangelo dello pseudo-Matteo). Mereghetti sconsiglia di soffermarsi sull’ultima immagine cercando d’interpretarla e comprenderla: cosa sarà mai la mano di lei che si ferma a toccare un albero? Meglio lasciarsi andare alla fascinazione criptica, enigmatica, ermetica, vale a dire al Mistero. Invece la protagonista non tocca un “albero” bensì il Legno, quello su cui s’immolerà il Figlio e che s’imporrà come il Segno principale della sua e loro religione. Soggetto e sceneggiatura hanno insomma circa 2000 anni. Ricapitolando: non caso o destino bensì Provvidenza. Oppure peggio: addirittura circostanza deliberatamente voluta. Nel 1985, il papa polacco Giovanni Paolo II proclama il francese Paul Poupard(****) Cardinale e lo designa Presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo con i non Credenti fino al 4 aprile 1993, quando quest’organo ecclesiale viene fuso con il Pontificio Consiglio della Cultura. “La doppia vita di Veronica” è stato girato proprio tra Polonia e Francia, nel ’91. In quell’anno a Cannes ha vinto il premio per la Giuria Ecumenica.
Toccante ed intenso, poesia che emoziona. Eppur lieve. Non produce suggestioni rumorose, bensì, per riuscire ad ascoltare fino in fondo il suo canto, pretende silenzio. Meraviglioso, si imprime nel cuore.
Mi trovo in seria difficoltà a commentare un film come la “Doppia vita di Veronica”, indeciso se considerarlo un’opera riuscita solo in parte perché appesantita da un’eccessiva ricerca estetizzante o un capolavoro assoluto in cui la forma si sposa alla sostanza in una sintesi sublime tra estetica ed etica. Mi trovo altresì in difficoltà nell’affrontare una materia (apparentemente?) complessa, nella quale Kieslowski ha riversato un fiume di significati, simbolismi, metafore e quant’altro, che conducono tutti a un unico tema: il doppio. Al termine del film ho avuto una sensazione di smarrimento dettato, probabilmente, da un lato dalla mia incapacità di penetrare fino in fondo il senso ultimo dell’opera (ma forse ciò deriva dalla percezione del non-senso degli accadimenti della vita che essa stessa, nel suo presunto essere incomunicabile, vuole trasmettere), e dall’altro dalla bellezza delle immagini, a volte quasi esasperata, ma che in taluni punti tocca incommensurabili vette di lirismo (la sequenza dell’amplesso è di una sensualità e al tempo stesso di una levità straordinarie; mentre l’ultima scena, nella sua intensità emotiva, riesce a toccare le corde profonde del cuore). A dir poco avvolgente l’atmosfera che Kieslowski ha saputo riprodurre grazie all’uso sapiente delle luci (si può dire che egli sia un vero e proprio maestro negli effetti cromatici, come peraltro ne è manifesta conferma la “trilogia dei tre colori”) ed alle stupende musiche di Zbigniew Preisner. La “Doppia vita di Veronica” è in definitiva un film che lascia un senso di vuoto e di impotenza di fronte all’imperscrutabilità del Fato (il cui agire incontrollabile e imprevedibile segna l’inizio e l’epilogo del “Decalogo”), ma che nel contempo riesce a infondere una profonda serenità nel mostrare un “duplice” susseguirsi di eventi che, seppur dolorosi o incomprensibili, vengono accettati per quello che sono. Così il “doppio”, tanto enfatizzato e tanto sviscerato, riconduce alla unicità e irripetibilità dell’esistenza del soggetto. Si tratta certamente di una pellicola che merita più di una visione, così come del resto tutte le opere del compianto regista polacco; ma per il momento nel mio dilemma interiore, e in attesa di rivederla un’altra volta, mi mantengo su una votazione positiva ma non esagerata.
"La doppia vita di Veronica": quando parlano le immagini, quando tutto è sublime, quando tutto è poesia. Mi inchino dinanzi a tale magnificenza; non c'è niente di più bello al mondo.
"Per tutta la vita ho avuto la sensazione di essere nello stesso tempo qui e altrove. E' difficile da spiegare; ma io so, io sento sempre quello che debbo fare"
L'aggettivo giusto per descrivere il film "La doppia vita di Veronica" potrebbe essere "labirintico". Eh già, perchè nel cercare di dare un significato a questa pellicola, perdersi non è poi così difficile... Kieslowsk, Idziak e Jacob danno, rispettivamente, lezioni di regia, di fotografia e di recitazione. Insieme a "Vertigo" di Hitchcock e a "Persona" di Bergman, "La doppia vita di Veronica" compone un trittico di film sul tema del doppio assolutamente ineguagliabile.
Quoto il commento precedente. I voti alti sono ingiustificati. Il film è bellissimo dal punto di vista registico, fotografia e regia sono memorabili. Ma Kiesloski abbonda troppo di simbolismi, cerca in tutti modi di fare il film perfetto, puntanto tutto su un'atmsfera rarefatta. Si ha però l'impressione di troppa carne al fuoco e molte porte vengono lasciate aperte. Il film cmq è di indubbio fascino.
mi spiace da morire fare il guasta feste o il rovina media, ma non riesco a dare un voto così pieno a questo film. indubbiamente il film è fatto bene, dalla regia, fotografia, scenografia, e sopratutto recitazione (Irène Jacob è davvero brava) e collona sonora sono ad altissimi livelli. rimane l'amaro in bocca per il modo in cui la storia viene raccontata, che lascia due interpretazioni: una piega per la poesia, l'altra più semplicemente, non da scampo a ottimi(da dieci) giudizi. credo che il film non sia migliore di molti del decalogo e trovo che nel raccontare per immagini la storia delle due veroniche, il regista si sia fatto prendere un po troppo la mano da un astrattismo che a volte riesce a rendere magico un film e a volte (come credo in questo caso) risulti eccessivo vanificando un progetto eccelso. il rapporto interno, personale , intimo delle due veroniche non è mai "spiegato" o quanto meno evidenziato, la figura del marionettista, indubbiamente romantica e simbolica, lascia a desiderare per la banalità degli interventi all'interno della trama. in conclusione, credo che Kieslowski abbia calcato un pò troppo, abbia tralasciato, in nome del raccontare a tutti i costi in maniera originale, parti importanti della sceneggiatura che avrebbo contribuito ad un racconto, se vogliamo, più lineare ma sicuramente non meno poetico o bello. spero di non essere linciato dai tanti amanti di questo film, che cmq rimane un gran bel film da vedere a tutti i costi!