Dopo il furto della propria bicicletta, mezzo che gli permetteva di lavorare, un uomo vaga per la città con tutta la famiglia sperando di poterla ritrovare. Preso dalla disperazione non gli resta che rubarne una a sua volta ma viene bloccato dalla polizia...
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Questo non è solo un film neorealista, è un film reale. E’ qualcosa di più di un semplice documento stilistico; è un film universale che dopo 60 anni conserva ancora tutta la sua forza emotiva. Io personalmente mi sono sentito partecipe delle vicissitudini del protagonista, le ho quasi vissute insieme a lui e alla fine ho capito benissimo il suo stato d’animo e mi ha dato molto da pensare. E’ questa la forza del film: al di là della testimonianza storica e sociale, ritrae con grande verità la categoria umana delle “piccole” persone che si trovano a vivere in una società competitiva, senza pietà, destinati quasi a soccombere se non trovassero il sostegno dell’affetto e della solidarietà di chi veramente conta. Una flebile consolazione che lascia però intatti tutti i problemi materiali. Questo è valido nel 1946 come nel 2006 e forse anche nel 2066. De Sica è riuscito a creare un capolavoro utilizzando il contrasto fra la serietà del trattamento stilistico (sembra quasi una tragedia) e la modestia del soggetto e delle persone coinvolte. Si vuole mostrare che quello che potrebbe sembrare insignificante o prosaico (un banalissimo furto di bicicletta) in realtà rappresenta la sopravvivenza per tante singole persone. Non a caso il protagonista passa attraverso la deludente esperienza del potere civile (l’inutile e sorda burocrazia) e di quello religioso (un atteggiamento interessato e generalistico) entrambi indifferenti alle sorti di quello che per loro è solo uno su milioni. Stupenda l’interpretazione di Bruno, il bambino, che spesso si dimostra più in gamba e maturo del padre (questo il padre lo sa e ne soffre, uno smacco che si aggiunge agli altri). Rassegnarsi a essere quello che si è, cercare di sopravvivere comunque, non percorrere la strada dei “furbi” – questo è forse il messaggio della stretta di mano così intensa fra Bruno e suo padre.