A Glasgow, il 24enne Robbie, da poco diventato padre, trova nella visita ad una distilleria di whisky l'idea per una nuova carriera lontano dal crimine e una via poco ortodossa per una fuga dalla povertà.
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Redimersi dal crimine attraverso esso è possibile, così la pensa Ken Loach raccontando la storia del teppistello Robbie. Frutto corrotto dei sobborghi di Glasgow il ragazzo vanta un passato da perfetto balordo, eppure con pargolo in arrivo comincia ad avvertire il peso delle responsabilità e la smania di rigare dritto. Mica facile quando vieni da certi posti, ma non impossibile, soprattutto se ai tuoi casini si affeziona un gioviale operatore dei servizi sociali e una congrega di gioventù abbastanza bruciata da approvare idee a dir poco balzane. Ed ecco anche l'alcol, solitamente imprescindibile ingrediente della caduta verso il basso, diventare alleato di un riscatto fissato da gesti alla Robin Hood dei tempi moderni. Loach è brillante nel dimostrare come il diavolo non sia poi così brutto, propone cambi di registro con una scioltezza narrativa comune a pochi in cui il bere e il sottrarre (a ricchi sfondati) non è affatto deplorevole. Si parte con le tormentate vicissitudini di ragazzi che portano sulla pelle i segni di vite al limite, poi dolcemente si scivola in toni più leggeri, educativi senza suonare pedanti e intrisi di un' abbondante dose di humor britannico. Sicuramente è un Loach meno arrabbiato ma sempre lucido nel tratteggiare questa storia che assume toni da heist-movie favolistico pur tenendo l'occhio fisso su realtà difficili con il violento flashback a fungere da eloquente promemoria. La parte degli angeli (la cosiddetta minima quantità di liquore che scompare nel nulla evaporando nel corso degli anni) è piacevole figurazione del concetto sociale dell'autore, il quale con un' irrisoria concessione dona una possibilità a tutti quanti, anche a chi, fin dalla nascita, sembra avere il destino segnato.