Sei un blogger e vuoi inserire un riferimento a questo film nel tuo blog? Ti basta fare un copia/incolla del codice che trovi nel campo Codice per inserire il box che vedi qui sotto ;-)
A parte uno scivolamento retorico nei momenti finali, il documentario è molto bello perché stimola tante di quelle riflessioni che vanno ben oltre la vicenda Assange. Chiunque di noi potrebbe essere un giornalista. Una fonte interna vuole condividere delle informazioni esplosive affinché diventino di dominio pubblico. Il dovere di un giornalista è di verificare sia la fonte che le informazioni ed al netto dei dati sensibili, decidere se queste siano di interesse pubblico o meno, prima di pubblicarle. Il paradosso della vicenda Assange è che l'accusa principale è quella, nella sostanza, di aver fatto il mestiere del giornalista. La campagna contro Assange non è stata sulle informazioni pubblicate, mai smentite, ma sulla persona del giornalista. Un attacco alla persona e non sul contenuto pubblicato. Il paragone con i Pentagon Papers è indovinato perché Ellsberg era un informatore, mentre in questo caso oltre all'informatore (Manning, per esempio) è stato accusato l'editore (Assange e Wikileaks). Perché 50 anni fa non hanno accusato oltre ad Ellsberg anche il New York Times ed il Washington Post che hanno pubblicato i Pentagon Papers? Gli Stati Uniti e tutti i paesi occidentali spargono ai quattro venti la loro superiorità e poi dobbiamo vedere la vicenda Assange? Gli Stati Uniti sono da decenni il bullo di periferia ed in questo caso, paesi come Regno Unito ed Australia hanno perso quella poca credibilità che avevano. Il documentario pone una questione da bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto, tra le tante che mette sul tavolo. Bicchiere mezzo pieno: le rivelazioni di Wikileaks hanno generato uno s*******mento globali di proporzioni bibliche e gli Stati Uniti vanno ben oltre la figura escrementizia. Questo deve essere il ruolo della stampa: mostrare quando il potere va oltre i propri limiti e denunciarlo, non riducendosi alla servitù che è diventato. Bicchiere mezzo vuoto: in considerazione di tutto il calvario che ha passato Assange (stendiamo un velo pietoso anche sulle presunte accuse di stupro), tra domiciliari, segretato in un'ambasciata, in galera e prigioniero di tutti procedimenti a suo carico che sono stati sostanzialmente una prigione aggiuntiva, se un giornalista ha del materiale che scotta, che potrebbe pubblicare, lo farà tenendo di tutto quello che è successo al collega? Personalmente vedo il futuro molto fosco da questo punto di vista.