l'impero della passione regia di Nagisa Oshima Giappone 1978
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l'impero della passione (1978)

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locandina del film L'IMPERO DELLA PASSIONE

Titolo Originale: AI NO BOREI

RegiaNagisa Oshima

InterpretiTakahiro Tamura, Kazuko Yoshiyuki, Tatsuya Fuji, Takuzō Kawatani, Akiko Koyama, Taiji Tonoyama, Kenzō Kawarasaki, Sumie Sasaki, Eizô Kitamura, Takaaki Sugiura, Akiyoshi Fujiwara, Masami Hasegawa, Tatsuya Kimura, Osugi

Durata: h 1.50
NazionalitàGiappone 1978
Generedrammatico
Al cinema nel Novembre 1978

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Trama del film L'impero della passione

Siamo nel 1896, nel Giappone in piena trasformazione industriale. In una zona interna, apparentemente ancora legata a ritmi e consuetudini rurali, la giovane Seki, sposata con un contadino, donna ancora bella e ambiziosa, conosce e si innamora di Tokoji, un ex soldato. Isieme progettano e mettono in atto l'assassinio del marito di lei e nascondono poi il cadavere in un pozzo abbandonato. Il delitto resta impunito per anni finché al villaggio appare il fantasma del morto. I due assassini, perseguitati dallo spettro, cominciano a comportarsi in modo sospetto e così la polizia...

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Voto Visitatori:   6,70 / 10 (5 voti)6,70Grafico
Miglior regia (Nagisa Oshima)
VINCITORE DI 1 PREMIO AL FESTIVAL DI CANNES:
Miglior regia (Nagisa Oshima)
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Voti e commenti su L'impero della passione, 5 opinioni inserite

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Boromir  @  04/03/2024 14:58:30
   7½ / 10
Tradizionale storia di amanti condannati che si intreccia alle peculiarità del racconto di fantasmi. Empire of Passion è l'unico controcampo possibile a In the Realm of the Senses, in quanto il melodramma del sentimento amoroso si consuma in uno scenario rurale, mentre l'estetizzazione del feticismo e della sessualità più viscerali lasciano spazio a una rappresentazione spiritistica e quasi romantica della natura: non a caso le scene di sesso, qui, non hanno la schiettezza tendente all'hard dell'illustre predecessore, preferendo angoli di ripresa più pudichi, simili allo sguardo di un voyeur che stimola profondamente l'immaginazione. Le invettive di Ōshima contro le istituzioni nipponiche sono meno radicali che in precedenza, poiché il regista è interessato più all'esternazione del senso di colpa e della malalingua a suon di scene oniriche e sinistre evocazioni ectoplasmatiche.

Gruppo REDAZIONE amterme63  @  15/05/2014 22:02:38
   7 / 10
Oshima non si trova a suo agio con i film di impianto classico, o almeno non ha niente che lo possa far risaltare rispetto ad un normale regista.
Certamente "L'impero della passione" ha pochissimo a che vedere con la prima produzione politico-sperimentale-anticonvenzionale, povera e in bianco e nero, di Oshima. E' anche molto diverso rispetto a "L'impero dei sensi", visto che non ci sono più proprio le particolarità stilistiche che facevano unico il film-scandalo, ripiegando su modalità convenzionali nell'esposizione visiva delle vicende "scabrose".
Anche il tema trattato è quello classico del genere noir, con la moglie e relativo amante che uccidono il marito ma che soccombono al rimorso e alle difficoltà derivanti dall'atto criminale ("Il postino suona sempre due volte" è l'archetipo di questo genere).
"L'impero della passione" non è altro che una elegante trasposizione del genere noir nell'Ottocento giapponese. Il film è ben fatto, ben girato ed espressivo. Si nota però come una specie di mancanza di scioltezza, un po' di legnosità nel montaggio. Tende a volte ad avere dei momenti di stanca. C'è di meglio, insomma.
C'è qualcosa però che differenzia questo film dagli altri del genere. Qui si nota come una sottile preferenza del regista per i due amanti assassini. E' come se Oshima parteggiasse per loro. Prima di tutto sono gli unici personaggi trattati in maniera approfondita e drammatica. Gli altri sono tutti di contorno e resi in maniera quasi convenzionale, grottesca o comica (come il poliziotto). Sul banco degli imputati alla fine non ci sono gli amanti, ma i pettegoli del paese, gli impiccioni, i bacchettoni e gli ipocriti. La cattiva coscenza stessa (rappresentata dal fantasma) non è prodotta tanto dal rimorso, quanto dalla rappresentazione ideale dei divieti introiettati.
Alla fine la lotta degli amanti diventa quella dell'affermazione dell'amore in faccia alla miseria, ai pregiudizi e alla legge. I personaggi sono come nobilitati da questa lotta. Simbolica è la scena dell'arresto, in cui vengono inquadrati controluce, abbracciati e nudi, come dei martiri.

Crimson  @  19/03/2013 22:18:23
   7 / 10
La passione evocata fin dal titolo trasuda attraverso la congiunzione dei corpi e si concretizza nella rasatura del sesso femminile che assume nuova forma rispetto a quella assunta nell'ambito della relazione coniugale. Oshima maschera da ghost-story i suoi soliti temi: la sopraffazione, la vendetta, i sensi di colpa, la passione, il tentativo di evasione da una realtà che si complica dopo un omicidio efferato (una sequenza straordinariamente agghiacciante) e che invece si trasforma nel contrario di ciò che la coppia aveva farneticato. "Volevo vivere come una coppia" esclama un'affranta Seki mentre Tokoji cerca inutilmente di ricreare le medesime situazioni che hanno preceduto la loro relazione.
Spesso conteso tra sogno e realtà, il film ha invero come protagonista il kwaidan vendicativo e assillante.
Assieme al direttore della fotografia Yoshio Miyajima il regista con il suo mestiere alterna cambi di prospettive e giochi di luce filtrante nelle baracche nella realtà diurna ad angoscianti, plumbee sequenze oniriche o simil-tali, tra cui colpiscono soprattutto il viaggio sul risciò nella nebbia e l'accecamento nel pozzo. Non è un caso che Oshima abbia chiesto la collaborazione di questo straordinario artista come Miyajima che ha precedentemente diretto, clamorosamente, la fotografia proprio in Kwaidan di Kobayashi.
Nel tempo ho imparato a diffidare della nomea raccolta dai film di Oshima. 'L'impero della passione' non fa eccezione alla categorizzazione superficiale e di maniera di certa parte della critica, e dopo il successo di un già abbondantemente distorto 'L'impero dei sensi' è bastata appena una manciata di scene di sesso per indurre ad alludere a "film erotico" o a una "sorta di sequel" dell'opera precedente, che al di là della partecipazione di Tatsuya Fuji non ha poi molto in comune.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR elio91  @  06/12/2012 19:06:19
   7 / 10
Visivamente è (con poche riserve) il miglior film di Oshima: non sorprende il premio della regia preso a Cannes perché tecnicamente L'impero della Passione non è ben fatto, di più. E qui casca l'asino, perché purtroppo sembra di avere a che fare con un lavoro fin troppo didascalico, perfetto e pieni di riempitivi svogliati.
Sia chiaro che Oshima è un autore gigantesco, lo dimostra anche in questo caso però solo a sprazzi: sembra quasi un riciclo del suo stile ad uso e consumo del vasto pubblico. Certo vi è un perché dell'assenza del linguaggio visivo radicale del precedente Impero dei Sensi, ed effettivamente nel caso specifico non pare esserci bisogno di tanto sesso esplicito. Ma la vicenda di due amanti legati dalla morte fino alla morte stavolta non prende del tutto, ci sono punti oscuro che non vengono del tutto chiariti.
Al contrario, pregevole non è solo la messa in scena che nelle sequenze oniriche raggiunge il massimo vertice espressivo, al contrario di altre scene inutilmente allungate e annacquate: è particolare lo scavo psicologico all'interno del senso di colpa dei due amanti, la ricostruzione storica di un paese arretrato nell'epoca di poco precedente al '900, nonché le interpretazioni degli attori.
Insomma, forse non era nato per cavalcare l'onda del successo e dello scandalo ma inconsciamente Oshima pare farlo. Con tanta classe, e per questo vale senza dubbio la visione.

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