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Storia abbastanza semplice e gradevole da seguire se non fosse per i dialoghi che sembrano troppo artefatti per una ragazzina tredicenne, in un mix di femminismo tossico, ideologia woke, paraculaggine, retorica, luoghi comuni e un po' di melassa. Nulla di complicato ma la sceneggiatura non convince pienamente, non solo per i dialoghi, ma si lascia guardare senza troppe incertezze. Cast e regia nella norma.
A Portland, una coppia divorzia e i due figli adolescenti convertono "il momento di sconvolgimento emotivo" in una crisi esistenziale traumaticamente paragonabile a quella d'un reduce dal Vietnam con tumore ai polmoni. Nel mezzo d'un poster di "Ghost in the Shell" (Oshii 1995), "Spellbound" (Siouxsie and the Banshees 1981: https://www.youtube.com/watch?v=n_bXdEA6nSM), estetica dark e ideazioni suicidarie, a cominciare dalla tredicenne (uragano) Kaitlyn tutti i protagonisti trovano il senso della vita: è "dolce" (sic). Strappalacrime banalizzante, Bonolis ed Esselunga.