non bussare alla mia porta regia di Wim Wenders Germania 2005
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non bussare alla mia porta (2005)

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locandina del film NON BUSSARE ALLA MIA PORTA

Titolo Originale: DON'T COME KNOCKING

RegiaWim Wenders

InterpretiSam Shepard, Jessica Lange, Tim Roth, Gabriel Mann, Sarah Polley, Fairuza Balk, Eva Marie Saint

Durata: h 2.02
NazionalitàGermania 2005
Generedrammatico
Al cinema nel Settembre 2005

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Trama del film Non bussare alla mia porta

Howard Spence una volta era una star del cinema western. Adesso la sua vita è un disastro tra alcool, droga e giovani donne. Quando gli viene in mente che potrebbe avere un figlio da qualche parte, e che quindi la sua vita non è stata vana, si lascia tutto alle spalle e va alla sua ricerca.

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Voto Visitatori:   5,88 / 10 (20 voti)5,88Grafico
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Voti e commenti su Non bussare alla mia porta, 20 opinioni inserite

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NickGatsby  @  21/06/2015 14:45:19
   6 / 10
La storia di base poteva anche essere interessante, perché comunque se sviluppato bene un film introspettivo è sempre coinvolgente. E le premesse c'erano tutte; però alcune scelte di sceneggiatura e di regia mi hanno lasciato un po' perplesso. Ci sta tutta l'idea di far riconciliare il protagonista dopo una vita di abusi e menefreghismo con la propria morale, però questo lato secondo me è stato fatto scivolare via in maniera un pochino superficiale. Finale veloce a mio parere.
BUONO AL 50%.

Invia una mail all'autore del commento diderot  @  13/03/2014 11:30:47
   6 / 10
Un film molto malinconico con un ottima fotografia e degli ottimi paesaggi... forse un po' lento ma con una storia di fondo interessante. Non è nulla di eccezionale.

benzo24  @  27/01/2013 14:24:28
   7½ / 10
Bel film che rispecchia l'america vista con gli occhi disincantati di Shepard

Cianopanza  @  21/09/2012 14:49:36
   7 / 10
Fosse una ragazza si direbbe "è un tipo".
E' un film d'autore che un po' eccede, con scene che si prendono il tempo necessario. Carrelli a girare, movimenti di macchina e zoom.
Una fotografia "on the road", fine '60. C'e' buona musica, una storia umana e semplice, personaggi e attori particolaricolari, che sembrano usciti da Zabriskie Point (la ragazza bionda con l'urna, vestita in salopette, ha un look che piu' vintage non si può... talvolta sembra pure ripresa col filtro duto).
Paesaggi americani bellissimi, periferici, quasi surreali.
Vale la pena vederlo: 7

gantz88  @  18/01/2012 19:59:02
   6 / 10
lento,lento troppo lento!!!

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento pompiere  @  12/07/2010 16:33:18
   7½ / 10
Henry Spence si accorge di avere un compito: mettere insieme i pezzi di una vita dissolta. Il suo lavoro di attore in film western estinti, lo ha allontanato per sempre dagli affetti della madre, della compagna, del figlio, e capisce solo dopo qualche decennio di aver perso tempo, di non riconoscere più la persona che vede allo specchio. Decide così di tornare a bussare ad alcune porte…

Per 30 anni e più non ha mai voluto avere legami, ascoltando solo la voce dell'incoscienza e vivendo il presente di stella del cinema, con lo sguardo rivolto a ciò che sarebbe avvenuto di lì a poco.
Lungimirante e chiaro sembra invece l'atteggiamento e l'intento di Wenders, il quale pensa di abbandonare quel flusso di americanizzazione che ha contraddistinto molte sue pellicole.
Per il momento affida al balenante volto di Shepard, smerigliato dal tempo e dal lavoro, l'archetipo di una storia di amori trascurati. Il cowboy che galoppa smanioso nei deserti epici di John Ford ci induce a credere di poter prendere parte a qualcosa di profondo.

Scritto dal regista tedesco proprio insieme a Shepard, il film descrive i rapporti familiari di un'America country rock, e racconta di strade deserte ai limiti dell'inverosimile, dove puoi buttarci anche tutto l'arredamento di casa, tanto nessuno passa a disturbarti se ti siedi su un divano a riflettere sul senso dei tuoi giorni passati e forse smarriti.
Poetica e ammaliante la scena della notte trascorsa sul sofà: un viaggio "da fermo" che viene esaminato nel modo meno imponente possibile, con la cinepresa che accarezza il sonno di Henry emanando saggezza.

Gruppo COLLABORATORI Terry Malloy  @  28/04/2010 13:30:55
   7 / 10
Media ingiustissima per un film non perfetto e non bellissimo, ma degno di essere firmato: Wenders.
Perchè effettivamente dai gloriosi tempi di "Paris, Texas" si osserva un netto calo di tono, senza tuttavia guastare troppo l'effetto totale.
Un film pervaso da una strana e magica grazia malinconica, come solo il maestro Wim sa fare. I personaggi in bilico tra una calma autodistruttiva e una depressione ricolma di traboccante voglia di vivere sono delicati e per nulla scontati. Essi contengono il male di vivere, ma la speranza di uscirne. il confine tra il pianto e il riso è sottile e sublimato nella straordinaria espressività dei bravissimi Shepard e Marie-Saint (rediviva, ma adorabile). Tanta continuità con il divino Paris,Texas soprattutto per quanto riguarda setting e musiche, tuttavia rimane sempre un bel film, intenso e sognante.

Invia una mail all'autore del commento Clint Eastwood  @  12/04/2009 20:58:36
   6½ / 10
Buon film di Wenders ma scarso nella trama. Vediamo qui un ottimo Sam Shepard nel ruolo dell'attore western con una vita alle spalle piena di eccessi che, ormai in età avanzata, non vedo alcun scopo della sua esistenza, affinchè scopre di aver un figlio ... e dopo tutto diventa piùttosto monotono.
Tutto il cast è stato bravo e il regista anche; per non dimenticare la fotografia - memorabile, ciò che fa disprezzare è la sceneggiatura scarsa e certi dialoghi.

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

antonioba  @  22/04/2008 11:54:58
   7½ / 10
Grande regia una storia semplice ma ben fatta

Jumpy  @  28/04/2007 16:45:40
   6 / 10
Deludente per essere un "film di Wenders" inizia anche bene, bellissime le scenografie ed il delineare dei personaggi, particolarmente riusciti i ruoli di Tim Roth e Sarah Polley, poi il film diventa via via sempre più pesante ed inverosimile fino al finale, a mio parere

Nascondi/Visualizza lo SPOILER SPOILER

Gruppo COLLABORATORI Victor  @  14/08/2006 16:35:02
   6½ / 10
L'idea iniziale è buona e il film gode anche di un cast in ottima fra,Sam Shepard su tutti,ma purtroppo il film scorre lentissimo e riuscire ad arrivare alla fine del film diventa una vera e propria impresa,anche perchè i dialoghi vengono ridotti al minimo indispensabile.Tenerissimo comunque il personaggio di Sarah Polley.

Gruppo REDAZIONE maremare  @  31/01/2006 10:40:05
   8½ / 10
Shepard e Wenders si rispecchiano nella reciproca mancanza di prole e girano un film sul tardivo desiderio di paternità.
"Perchè far passare tanto tempo?"
"Perchè non sapevo che stava passando" .
In quest scambio di battute è racchiuso il senso di questa opera a quattro mani.
La collaborazione col grande autore americano, qui in una interpretazione suberba, ravviva l'estro, oramai spento da tempo, di Wenders. Trattenuto e guidato da una sceneggiatura di ferro, Wim si deve dedicare unicamente a ciò che gli riesce meglio: l'inquadratura degli splendidi scenari e l'uso della luce. Un film che ho amato molto, nonostanti alcune incongruenze, dovute unicamente all'originale teatrale del copione. Una chicca imperdibile l'interpretazione di Tim Roth.

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Ultima risposta 14/08/2006 11.38.12
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zeta  @  25/11/2005 19:03:14
   8 / 10
Un film strano. Ambiguo. Talvolta lento. Ma sono uscito dal cinema di buon umore. Wenders costruisce un film on the road partendo da un labile pretesto narrativo e al centro di esso non c'è la trama, bensì una serie di personaggi incredibili, ecentrici, fobici. Ed è proprio sulla loro introspezione che si sofferma il regista ed è proprio questa che ha attirato la mia attenzione. A molti non sarà piaciuto ma per quanto mi riguarda sono felice diessere andato a vedere questo scorcio di america fuori dal tempo.

Gruppo COLLABORATORI SENIOR Invia una mail all'autore del commento kowalsky  @  14/10/2005 00:59:32
   7 / 10
Prima o poi doveva accadere: le strade tra Wim Wenders e Sam Shepard dovevano ritrovarsi. A distanza di vent'anni e piu', con un'autore tra i piu' lucidi degli States e un regista che fatica a ritrovare lo smalto di un tempo. Shepard è ammirevole per la capacità di addattare liberamente alcuni suoi romanzi al servizio dello script: Spence è lo stesso nome del personaggio di "Da qui a Coarlinga" e il dolcissimo volto di Sarah Polley, insolitamente attaccata alle ceneri della madre, ricorda senz'altro "L'occhio", altro recente racconto dell'antologia "il grande sogno". Il grande Sogno di Wenders si ferma soltanto al servizio di un'opera sconclusionata e grottesca, che è difficile prendere sul serio e altrettanto sottovalutare, e a una serie di esilaranti iconografie, su tutti la pretesa di far ritrovare dopo trent'anni Jessica Lange al suo vecchio amore, che poi nella vita è effettivamente suo marito da - guardacaso - circa trent'anni. Tutto il film è, per inciso, bizzarro e naivete: non ho ancora capito se Wenders sopravvive al suo mito come eccellente documentarista, o teologo new age, grazie a una fotografia ora barocca ora intimista, ora volutamente kitsch (da antologia la sequenza al party delle pedicure) ora statica e suggestiva. Si direbbe che il cinema dei Padri celebra ora quello degli amanti perduti e ritrovati, ma a Ry Cooder succede T-Bone Burnette e gli occhi di Nastassia Kinski sono difficili da sostituire (pure la Polley ha degli occhi bellissimi).
Con "don't come knocking" il cinema attraversa la sua finzione piu' spudorata arrivando a diventare anche patetico quando finisce per concentrarsi sul figlio ritrovato e la sua junk-heroin (un topoi degli anni settanta, mi ricorda la Karen Black di "cinque pezzi facili"). Trovo in effetti piuttosto superficiale e facile l'identificazione del padre col figlio (sbandato).
Raramente sono uscito spiazzato da un cinema come in questi casi: sono costretto a riconoscere la forza del personaggio di Howard Spence, quel suo modo evasivo di condannarsi ("non sono morto, non posso essere già morto") ma anche qui mi resta l'amaro in bocca per cio' che avrebbe potuto essere, ovvero un film crepuscolare sulla fine della mitologia americana come esperienza epica della memoria e del mito (il western). Col senno di poi forse i cowboys gay dell'ultimo Ang Lee inaugureranno un nuovo corso. Nè mi colpisce il personaggio del figlio o l'odioso e cinico personaggio di Roth al quale viene tributata la solita licenza di denuncia sociale un pochettino qualunquista ("il mondo è brutto quindi è meglio non farlo entrare") ma si respira aria di commiato, di resa. A mano a mano Spence perde ogni difesa, si accanisce contro se stesso, e si lascia ferire, anche questo è un tema molto forte nei personaggi di Shepard e a questo punto il dubbio rimane lecito: è un film di Wenders o (soprattutto) di uno Shepard ritrovato?
Se i padri abbandonano i figli, le madri giustificano sempre ogni cosa che fanno, e qui ne troviamo due di splendide, altrettanto iconografiche: la rediviva Eve Marie Saint e la consorte (di Shepard) Lange, ancora affascinante ma già prossima a ruoli over 50 e al bisogno di "madre" che c'è in noi.
Poi tutto cio' che va fuori le righe, che gigioneggia tra il paradosso il realismo e un po' di puro surrealismo visivo coincide con Wenders e il suo cinema delle grandi proporzioni tecniche e del timore fondato di girare un po' a vuoto (diversi piani - sequenza per Spence filmato in divano, le fluorescenze dal giorno alla notte, l'insopportabile apologo di Eileen sulle patatine).
Resta soprattutto uno sguardo ancora "insolito", capace di cogliere qualcosa dove altri tenterebbero una fuga di genere, e (almeno) la penna di un buon scrittore che ancora sa come invadere la storia... Necessariamente utile come un film inutile di Wenders, ovviamente indispensabile per comprendere le ragioni per cui i legami di sangue sono fondamentali per rinascere (cfr. Cruise e il figlio nell'ultimo, controverso ma geniale film di Spielberg). Passi un generoso 7, nella speranza che Wenders ritrovi finalmente una sua coerente linearità Con le sue (e le nostre) paure

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