Nel 1913, per la prima volta nella storia della boxe, un negro, Jack Jefferson conquista il titolo di campione dei pesi massimi. L'attesissimo incontro per il titolo e la sua perentoria conclusione, mentre esalta le giuste aspirazioni dei negri d'America, urta l'opinione pubblica dei bianchi che ne percepiscono il significato d'un prossimo tramonto della loro indiscussa superiorità. Non esistendo un avversario bianco in grado di battere il neo-campione, gli oppositori si attaccano a cavilli giuridici per il fatto che Jack, nel corso di un viaggio in Australia, si è legato sentimentalmente a una vedova, Ellie Bachman, una donna bianca, e convive sfacciatamente con essa. Arrestato e condannato per tale concubinato, Jack, ottenuta una momentanea liberazione su cauzione, fugge all'estero insieme all'amante, convinto di trovarvi un clima di maggiore libertà. Ma l'Inghilterra, la Francia e la Germania, pur non negandogli le libertà civiche, lo boicottano professionalmente riducendolo ben presto alla miseria. Il pugile si trasferisce allora a Juarez, ai confini del Messico, e rifiuta il compenso di centomila dollari e la promessa del condono alla condizione di prestarsi a un incontro truccato che restituisca il titolo ai bianchi...
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